Imparare gli errori
In passato, su queste stesse pagine, abbiamo sostenuto una tendenza che si è stagliata, specialmente nell’ultimo anno, nel mercato italiano della sicurezza: l’organizzazione di happening di matrice locale da parte di vari soggetti del comparto.
Un’idea a nostro avviso corretta, potenzialmente in grado di supplire alle distanze geografiche, spesso importanti, rispetto alla fiera nazionale di settore.
E soprattutto una possibilità per coprire, con un’offerta espositiva e convegnistica locale ma comunque di qualità, l’anno di pausa della manifestazione SICUREZZA, che ha cadenza biennale.
E tuttavia l’organizzazione di eventi non è un’attività banale.
La calendarizzazione, prima di tutto, andrebbe coordinata per evitare sovrapposizioni o sovraesposizioni.
E poi occorre fare una scelta di campo: o si è fiera, o si propone un evento (anche o solo) culturale.
Forse, ma questo è un pensiero nostro, sarebbe utile lasciare ai produttori due anni di ossigeno - non solo in termini di capacità di innovazione, ma anche di capacità di spesa in attività promozionali – e occuparsi solo di cultura negli anni pari.
Tuttavia, se si sceglie di fare cultura occorre una promozione specifica, servono investimenti e soprattutto indipendenza e neutralità rispetto ai soli temi portati dai brand.
Ma questi sono peccati veniali.
Ciò che non va è la completa assenza di controllo sui numeri. Eppure sui numeri non si può bluffare: i numeri si vedono nelle sale vuote, si sentono nella eco dei corridoi, si avvertono nel malumore degli sponsor.
In sintesi: buona l’idea, ma va rivista la messa in pratica, soprattutto per calendario e contenuti.