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Fondazione Hruby: la protezione dei beni culturali in un volume

04/12/2012

MILANO - Non gli bastava aver nominato senatore il proprio cavallo: voleva anche farsi adorare come un Dio. E' il sanguinario imperatore Caligola, recuperato alle pagine della storia dopo un tentativo di trafugazione nel 2011 e dopo la damnatio memoriae operata dai cronisti contemporanei. Caligola è tornato tra noi (a pezzi) grazie allo straordinario recupero dei finanzieri del Gruppo tutela patrimonio archeologico. Questo nucleo delle Fiamme Gialle, assieme al Comando Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, sono stati raccontati e valorizzati dalla Fondazione Hruby come soggetti da sensibilizzare sul tema della sicurezza e delle tecnologie ad essa preposte.  L'ultima iniziativa editoriale della Fondazione vede oltre 300 pagine proprio dedicate alla valorizzazione – oltre che alla conservazione – del ricchissimo patrimonio culturale italiano, che vanta, tra i tanti primati, anche il maggior numero mondiale di beni patrimonio dell'umanità UNESCO. Un patrimonio tanto vasto che si rende già difficile da classificare, figuriamoci da proteggere. Fondazione Hruby, che ha promosso l'iniziativa, con questo volume ha risposto ad una prima e basilare esigenza: far conoscere ciò che si intende proteggere. Ed ovviamente portare delle soluzioni, delle idee e delle proposte tecnologiche per prevenire la dispersione di valori inestimabili.

La presentazione del volume “Uomini e tecnologie per la protezione dei beni culturali”, realizzato da Paola Guidie con la collaborazione del Comando Carabinieri Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e del Nucleo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza, è stata arricchita dal racconto del Maggiore Massimo Rossi, comandante del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza e protagonista del recupero della colossale statua di Caligola. Il comandante Rossi ha raccontato di recuperi rocamboleschi che avvengono nella più completa ombra mediatica: “ogni anno migliaia di opere vengono trafugate; viaggiano nelle borse diplomatiche per impreziosire le collezioni dei nuovi ricchi, talvolta coinvolgendo anche insospettabili case d'asta e musei”. Da qui l'appello: tutto ciò che può venire dalla tecnologia e dal privato è un prezioso aiuto per chi lotta per restituire all'Italia pagine rubate della propria storia.

E che la tecnologia sia preziosa lo dimostra l'intervento di chi la tecnologia ha già implementato, e non senza una certa iniziale diffidenza: “il mio timore - dichiara Giacomo Gagliardini, Presidente del Sacro Monte di Varallo, messo in sicurezza pro bono con un intervento della Fondazione Hruby – era che mettere in sicurezza un sito significasse blindare il patrimonio culturale. Invece ho sperimentato il contrario: assicurare un sito di grande pregio significa renderlo maggiormente fruibile al pubblico”.

Un'ulteriore testimonianza dell'attività della Fondazione Hruby per la salvaguardia dei beni culturale è il “salvataggio” (come l'ha definito Antonio Dalla Pozza, Assessore alla sicurezza del Comune di Vicenza) della Basilica Palladiana, che ha visto nella Fondazione un interlocutore essenziale per procedere nei lavori di restauro. La Fondazione si è infatti fatta carico degli oneri per la realizzazione del sistema di videosorveglianza della Basilica Palladiana di Vicenza e delle tre piazze (Piazza dei Signori, Piazza delle Erbe e Piazza delle Biade) su cui essa si affaccia.
Un importante esempio di collaborazione tra pubblico e privato - raro soprattutto di questi tempi - e, ancor prima, un atto di profonda e genuina sensibilità verso un paese ricco di bellezze e funestato da criminalità, truffe e atti di danneggiamento e vandalismo. Questa pubblicazione – nelle parole diCarlo Hruby, Vice Presidente della Fondazione, “vuole essere una sintesi della storia della sicurezza dei beni culturali con una panoramica sulle nuove tecnologie, specialmente nel campo della videosorveglianza. E' un contributo per una maggiore sensibilità degli operatori dei beni culturali verso il tema della sicurezza, ma soprattutto è uno strumento per comprendere le opportunità che il nostro immenso patrimonio storico artistico può offrire agli operatori della sicurezza”.



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