Storicamente il progresso tecnologico ha influito sui lavori svolti, così come dimostra un’analisi condotta dalla Information Technology & Innovation Foundation sui dati dei censimenti per quantificare il tasso di distruzione e creazione dei lavori per ogni decennio a partire dal 1850, la quale ha riscontrato che ben il 57% dei lavori svolti nel 1960 non esiste più.
Ovviamente, questo non significa che il futuro sia roseo per tutti i lavoratori. Sappiamo che l’intelligenza artificiale e, in particolare, le Gai sono imbattibili nello svolgere compiti specifici in ambienti stabili. Ciò significa che i lavori più a rischio in futuro sono proprio quelli che prevedono una serie ben definita di compiti specifici e il più delle volte ripetitivi. Di contro non verranno automatizzati tutti quei lavori che necessitano di una interazione empatica o che richiedono la capacità di capire emotivamente un’altra persona (es. consulenti e advisor di ogni sorta). Lo stesso varrà per quei mestieri connotati da estro e creatività (musicisti, atleti, ecc.).
Le Gai faranno sorgere nuovi lavori: Oltre ai “software engineer” che si specializzeranno nello sviluppo di Gai specifiche, si pensi al “prompt engineering” consistente nella capacità di ottenere da una Gai l’output desiderato. Infatti, quando le nostre richieste non sono abbastanza specifiche, non otteniamo dalla Gai quello che vogliamo. Capita spesso di dover risolvere un problema complesso e articolato dove la Gai può confondersi ma, se addestrata o sollecitata in modo adeguato, riuscirà a superare l’ostacolo.
Allevatori di dati
Si pensi ancora al “Data wrangler” (“allevatori di dati” così chiamati da parte della dottrina) e cioè a persone che si occuperanno della raccolta dei c.d. training data soprattutto per le applicazioni più specialistiche. In futuro, cresceranno anche nuove attività consistenti nel testare e monitorare le Gai (con specifiche certificazioni). Sul tema sono in crescita molti benchmark tecnici per testare e confrontare le Gai e, probabilmente, la creazione dei test standardizzati diventerà una specifica professione.
Infine, cresceranno specifici lavori di controllo e monitoraggio dei rischi e minacce legati alle Gai, così come oggi avviene con le minacce cyber.
Tutto questo è affascinante, ma non dobbiamo dimenticare che serviranno competenze specifiche, e questo vale anche per chi aspira a diventare un professionista della privacy. La c.d. “disoccupazione strutturale o tecnologica” – ossia la discrepanza tra le esigenze del mercato del lavoro e le competenze della forza lavoro – potrà essere arginata e contenuta attraverso l’aggiornamento e la formazione professionale, nonché tramite programmi di studio, in ogni ordine e grado, capaci di fornire agli studenti competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Il futuro è ancora nelle nostre mani in quanto siamo umani e la nostra intelligenza batte ancora quella degli algoritmi: “So di essere intelligente perché so di non sapere” (Socrate).
Articolo di Marco Soffientini, Esperto di Privacy e Diritto delle Nuove Tecnologie e docente Ethos Academy
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www.federprivacy.org
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