La tutela della riservatezza non può assumere un'estensione tale da includere il diritto all'anonimato dei soggetti che abbiano assunto iniziative comunque incidenti nella sfera giuridica di terzi e ciò al di fuori di particolari ipotesi, quali quelle in cui il soggetto denunciante potrebbe essere esposto, in ragione dei rapporti con il soggetto denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni. Questo è quanto ha ribadito il TAR del Veneto.
Il fatto: il Ministero dell’Interno procedeva ad un’ispezione presso la Questura di Treviso. Un alto dirigente, trasferito nel frattempo ad altra sede, rammostrando una rassegna stampa di articoli che riferivano di tale ispezione e, a proprio giudizio, alludevano a possibili irregolarità dei vertici trevigiani, presentava istanza di accesso volta ad ottenere copia degli atti relativi all’ispezione, inclusi gli esposti prodromici, motivando la richiesta con la necessità di tutelare la propria onorabilità e la reputazione professionale, ma si vedeva negare l’accesso. Adiva quindi il Giudice amministrativo.
Il ricorso veniva accolto.
Secondo la sentenza in commento, principio chiave dell’azione amministrativa, invero, è garantire sempre ai terzi la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Di conseguenza l’Amministrazione ricevente deve prescindere sia da ogni apprezzamento circa la legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante che dalla fondatezza o dall'ammissibilità della domanda giudiziale che l'interessato potrebbe, in ipotesi, proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l'accesso; essa deve perciò solo limitarsi a valutare la ricorrenza, in astratto, dell'esigenza difensiva prospettata dall'istante e della pertinenza del documento rispetto a tale esigenza.
I principi di trasparenza e responsabilità cui è ispirato il nostro ordinamento, affermano i Giudici veneti, non possono ammettere la preclusione all'accesso (anche) agli atti di iniziativa e di pre-iniziativa quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti, con l’unica particolare eccezione dell’ipotesi in cui il soggetto denunciante potrebbe essere esposto, in ragione dei rapporti con il soggetto denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni. Ma mentre tale eccezione potrebbe verificarsi nel caso di dichiarazioni rese dai lavoratori privati nel corso delle visite degli Ispettori del Lavoro, giustificata essa con l'esigenza di sottrarre i lavoratori a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro, ciò non è configurabile in questi stessi termini nei rapporti di pubblico impiego, in cui vi è una diversa e più profonda protezione del posto di lavoro, né nella specifica fattispecie di cui in argomento, in cui il ricorrente veniva assegnato ad altra sede.
Chi denuncia, quindi, non può sempre contare sullo scudo dell’anonimato.
(T.A.R. Veneto Venezia, Sez. I, Sent., (data ud. 24/05/2023) 06/07/2023, n. 995).
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