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Cassazione: legittime e utilizzabili le videoriprese su pianerottolo di un'abitazione privata

27/09/2018

MILANO - Le videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria sul pianerottolo di un condominio conducente al terrazzo condominiale sono legittime e pienamente utilizzabili, non riguardando luoghi di privata dimora. Lo ha dichiarato la sezione quarta penale con la sentenza 8 agosto 2018 n. 38230.

La misura era stata adottata anche valorizzando gli esiti di un servizio di monitoraggio effettuato dalla polizia giudiziaria con l'installazione di un sistema di videosorveglianza con microcamera nel pianerottolo dell'ultima rampa di scala di un condominio, conducente al terrazzo di copertura dello stabile. Proprio a seguito di questa attività di controllo, la polizia giudiziaria aveva potuto accertare un'attività illecita (detenzione e cessione di sostanze stupefacenti).

Il tribunale del riesame aveva ritenuto utilizzabili gli esiti di tali registrazioni ritenendo che il pianerottolo dove era stata posizionata la microcamera costituiva una parte condominiale in cui non insistevano abitazioni private e non era quindi da considerare luogo di privata dimora per la mancanza di stabilità del rapporto tra il luogo e le persone che lo frequentano.

La Cassazione ha ritenuto corretta la decisione, richiamando quella giurisprudenza, pacifica, secondo cui le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non sono luoghi privati, perché non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti essendo destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti.

In proposito, va più in generale ricordato che le videoregistrazioni in luoghi pubblici, ossia aperti o esposti al pubblico, effettuate dalla polizia giudiziaria, devono essere annoverate tra le cosiddette “prove atipiche” e sono quindi disciplinate dall'articolo 189 del Cpp;conseguendone l'inapplicabilità degli articoli 266 e seguenti del Cpp, che si applicano alle sole ipotesi di intercettazioni delle conversazioni telefoniche o ambientali e delle videoregistrazioni da effettuarsi mediante intrusione nella privata dimora o nel domicilio.

 

Decisioni analoghe nel passato

 

Tale orientamento si ricollega alla nota decisione delle Sezioni unite 28 marzo 2006. In tale occasione, tra l'altro, le sezioni Unite hanno affrontato anche la questione della legittimità e utilizzabilità a fini di prova delle riprese visive effettuate “in luoghi pubblici”. In proposito, la Corte si è espressa nel senso della piena utilizzabilità come prova delle immagini così ottenute, tanto nel caso di riprese effettuate «al di fuori del procedimento» (ad esempio, nell'ipotesi di registrazioni effettuate con impianti di videosorveglianza installati in pubblici esercizi o in quella di registrazioni delle immagini di episodi di violenze negli stadi; cfr., anzi, relativamente a tale ultimo esempio, il disposto dell'articolo 8, comma 1-ter, della legge 13 dicembre 1989 n. 401, e successive modificazioni, che ne fonda l'utilizzabilità anche ai fini dell'arresto in flagranza), quanto nel caso di riprese avvenute nell'ambito delle indagini di polizia giudiziaria (ad esempio, nell'ipotesi della captazione di immagini nell'ambito delle operazioni di osservazione e pedinamento).

 

Le prime, così hanno osservato le sezioni Unite, possono essere introdotte nel processo come documenti e diventare quindi una prova documentale. Le altre, invece, effettuate nel corso delle indagini, costituiscono la documentazione dell'attività investigativa, e non documenti, cosicché sono suscettibili di utilizzazione probatoria se e in quanto riconducibili alla categoria delle cosiddette “prove atipiche”, con la conseguenza che sull'ammissibilità della prova derivante dalle videoregistrazioni dovrà pronunciarsi il giudice quando sarà richiesto della sua assunzione nel dibattimento (spettando poi sempre al giudice di individuare lo strumento - perizia o mera riproduzione - che dovrà essere utilizzato per conoscere e visionare le immagini).

 

Articolo a cura di Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy


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