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Videosorveglianza condominiale, tassello della sicurezza urbana

15/06/2017

ROMA – La questione della videosorveglianza in condominio ha vissuto un vuoto normativo per un lungo periodo, con una giurisprudenza divisa sulle maggioranze applicabili e perfino sulla legittimità dell'opera, con dubbi relativi al possibile carattere gravoso o voluttuario dell'installazione di telecamere e con il problema del rispetto della privacy.

Fino a qualche tempo fa era consentita l'installazione di sole telecamere individuali, per quella che veniva definita "sorveglianza domestica”, riguardante quindi gli spazi di pertinenza, senza necessità di alcuna autorizzazione assembleare. Per il resto, valevano le disposizioni sulla privacy del Codice (D.Lgs. n. 196/2003) e del Garante, che aveva segnalato alle istituzioni già nel 2008 la necessità di un intervento normativo per la videosorveglianza condominiale e in seguito emanato il provvedimento 8/4/2010 per regolare questa materia.

Il legislatore della riforma 2012 ha colmato la lacuna con il nuovo art. 1122-ter cod. civ., consentendo all'assemblea di installare un impianto di videosorveglianza nel condominio alle seguenti condizioni: a) delibera approvata con almeno 500 millesimi ed a maggioranza degli intervenuti (come per le c.d. “innovazioni agevolate” del 2° comma dell'art. 1120 cod. civ.); b) posizionamento degli apparecchi su parti comuni (ma naturalmente se c'è il consenso del proprietario anche su beni privati, es. un balcone); c) ripresa delle sole parti comuni.

La norma deve applicarsi anche se vi sono estranei nella zona sorvegliata, purchè le riprese non vadano oltre le aree comuni, in considerazione delle finalità di tutela. Si inserisce in questo ambito il “Decreto sicurezza” il cui intento è quello di giungere a una maggiore diffusione delle iniziative di sicurezza urbana nel territorio.

É pertanto prevista la possibilità di progetti proposti da determinati soggetti, fra cui gli amministratori di condominio, “per la messa in opera a carico di privati di sistemi di sorveglianza tecnologicamente avanzati, dotati di software di analisi video per il monitoraggio attivo con invio di allarmi automatici a centrali delle forze di polizia o di istituti di vigilanza privata convenzionati” (art. 7, comma 1-bis). I Comuni “potranno” deliberare, a partire dal 2018, detrazioni dall'IMU e dalla TASI in favore di tali soggetti.

Mancano ulteriori precisazioni perché tali progetti, che non sono obbligatori, fanno parte dei futuri “accordi” fra Stato e Regioni e dei “patti” tra Prefetto e Comuni da stipularsi alla luce delle “linee generali” che verranno adottate dal Ministro dell'interno (art. 2 Decreto). Nell'attesa, si può ritenere che il progetto riguardi una videosorveglianza su ambienti pubblici e la norma del Decreto comporta, di fatto, un'integrazione del 1122-ter, la cui sfera applicativa si estende oltre l'ambito della sicurezza condominiale privata da esso prevista.

Gli apparecchi andrebbero collocati su parti comuni, con possibilità di riprendere spazi pubblici limitrofi al condominio. La delibera va approvata con la stessa maggioranza del 1122-ter e la spesa sempre ripartita su tutti condòmini in base ai millesimi di proprietà. La decisione assembleare obbliga tutti i condòmini per la regola del 1137, senza possibilità per chi non è d'accordo di invocare l'esonero dalla spesa in base al 1121 (innovazioni gravose e voluttuarie), perché il servizio non è suscettibile di utilizzazione separata.

Dovrebbero, infine, ritenersi applicabili le regole a suo tempo stabilite dal Garante privacy, quali ad es.: segnalazione delle telecamere con appositi cartelli (la c.d. “informativa”); indicazione del collegamento con le forze dell'ordine; protezione dei dati in modo da consentire l'accesso alle sole persone autorizzate; conservazione delle registrazioni per un periodo non superiore alle 24-48 ore, a meno che non vi siano specifiche esigenze; integrale cancellazione automatica delle informazioni alla scadenza del termine previsto, anche tramite sovra-registrazione; diritto delle persone interessate identificabili di accedere ai dati che le riguardano, per le verifiche conseguenti.

 


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