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W la Privacy

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Tutto finisce nel connettore

11/06/2012

La redazione

 

Nella scelta di "prese e spine" per la trasmissione delle immagini non basta utilizzare prodotti conformi agli standard: occorre valutare correttamente i margini e prevenire possibili errori. Il primo motivo è che qualunque rete destinata al trasporto delle immagini, per quanto complessa e articolata, è tipicamente invisibile all'osservatore e all'utilizzatore. Questi ultimi, infatti, accedono esclusivamente ad una presa, alla quale si collegano per ricevere o trasmettere i dati. L'importanza dei connettori, che rappresentano l'atto conclusivo di un'installazione, è spesso trascurata, soprattutto in considerazione del fatto che, all'apparenza, sono "tutti uguali".

 

Del resto, nelle reti in rame, lo standard di riferimento è rappresentato dai connettori noti con la sigla RJ45 che, da sempre, costituiscono il punto terminale delle reti. Si tratta, infatti, di una presa modulare mutuata dal connettore RJ11, ideato negli Stati Uniti per collegare le apparecchiature telefoniche. Proprio perché derivati da sistemi di tipo telefonico, tali connettori sono stati ingegnerizzati per applicazioni caratterizzate da prestazioni limitate. E, quindi, hanno presentato significativi problemi quando sono stati chiamati a rispondere alle applicazioni di trasporto dati su reti a banda larga. Al crescere delle frequenze, infatti, aumentano anche i problemi di disturbo, con ripercussioni negative sulle prestazioni delle reti.

 

Per tale ragione, nel tempo, pur conservando un aspetto apparentemente identico dal punto di vista esterno, i connettori RJ45 hanno subito significative trasformazioni, ideate per prevenire le problematiche di disturbo reciproco. Si è trattato di un lavoro di ingegnerizzazione complesso, anche in considerazione del fatto che è stato necessario mantenere la compatibilità con le versioni precedenti, in quanto le reti di trasporto dati sono basate su categorie differenti tra loro. Senza dimenticare, inoltre, che simili connettori, non essendo stati pensati per applicazioni ad elevate prestazioni, sono caratterizzati da un significativo parallelismo elettrico e geometrico delle molle di contatto. Una caratteristica che amplifica ulteriormente i problemi di diafonia.

 

Un mito che non tramonta

 

Malgrado tentativi di proporre nuove soluzioni, il connettore RJ45 continua a rappresentare lo standard di riferimento per le infrastrutture di trasporto e di cablaggio strutturato. Una leadership che, negli ultimi anni, è stata però messa in discussione dall'avvento della nuova Categoria 7, le cui prestazioni hanno imposto anche un ripensamento dei connettori. Sono nate così le soluzioni Tera che, superando le caratteristiche degli RJ45, adottano una forma geometrica sostanzialmente differente e più adatta alle nuove esigenze di banda larga, ma in grado di resistere adeguatamente anche dal punto di vista meccanico. In ogni caso, per la maggior parte delle reti di trasmissione delle immagini, il connettore RJ45 rimane il riferimento. Per tale ragione, è necessario saper scegliere e implementare correttamente le soluzioni adeguate.

 

Per garantire elevate prestazioni, soprattutto nelle reti incaricate di trasportare immagini ad alta risoluzione, un'attenzione particolare deve essere posta alla fase di sbinatura o sguainatura. Se queste operazioni vengono effettuate su un tratto di cavo eccessivamente lungo, aumentano i rischi di disturbi reciproci. Un problema, quest'ultimo, che può verificarsi anche quando non vengono utilizzati gli attrezzi corretti. Per tale ragione, le normative prevedono che per un cablaggio in Cat. 5 la sbinatura massima non superi i 13 mm, un valore che scende a 6 mm per un cavo in Cat. 6 e, addirittura a 3 mm per la Cat. 7, con l'ulteriore imposizione di far arrivare la schermatura del cavo sino all'interno del connettore per garantirne la necessaria messa a terra.

 

Non sono tutti uguali

 

Un'attenzione particolare, inoltre, deve essere posta nella scelta del connettore da utilizzare. Da un punto di vista puramente teorico, infatti, un connettore in Categoria 6, accoppiato ad un cavo di pari categoria, dovrebbe consentire di realizzare un sistema che, complessivamente, risponde ai requisiti della Categoria 6 stessa. All'atto pratico, però, ogni costruttore adotta specifici accorgimenti per raggiungere i valori imposti dagli standard. Questo significa che non sempre cavi e connettori forniti da due costruttori diversi risultano perfettamente compatibili. Potrebbero così verificarsi perdite di prestazioni che, in alcuni casi, può portare anche alla non conformità dell'infrastruttura di trasmissione. 

 

Si consiglia quindi di adottare cavi e connettori forniti dal medesimo produttore, poiché si ha la garanzia che la compatibilità sia stata preventivamente testata. Una simile scelta, però, non è sempre economicamente conveniente e gli installatori preferiscono orientarsi su soluzioni differenti. In questo caso è opportuno scegliere componenti di elevata qualità che, quindi, garantiscono un buon margine rispetto ai valori minimi imposti dallo standard di riferimento. In tal modo, malgrado le immancabili perdite in fase di connettorizzazione, vengono garantite prestazioni adeguate alle esigenze di trasmissione.

 

Un connettore per la luce 

 

A differenza di quanto accade nelle trasmissioni in rame, nell'ambito delle reti in fibra ottica sono stati sviluppati connettori di tipo estremamente diverso e adatti alle particolarità di questa tipologia di comunicazione. È, infatti, fondamentale ricordare che nei cavi in rame deve essere trasmesso "semplicemente" un segnale elettrico, che si propaga per semplice contatto. Al contrario, all'interno dei cavi in fibra ottica transita un segnale luminoso e, per tale ragione, è necessario realizzare un perfetto allineamento tra due tratti di filo. In caso contrario, il segnale luminoso può subire significative attenuazioni con ripercussioni sulla qualità dell'immagine trasmessa. Un connettore ottico, quindi, è sostanzialmente un sistema meccanico, chiamato a garantire il perfetto allineamento tra due elementi particolarmente piccoli. Basti pensare, ad esempio, che una fibra SM ha un core di soli 9 micron. 

 

Per soddisfare queste esigenze, inizialmente, si sono diffusi i connettori ST, elementi relativamente semplici e funzionali, anche se caratterizzati da una certa complessità di impiego e, soprattutto, da problemi di affidabilità nel tempo. Esternamente, infatti, erano dotati di una ghiera in grado di garantire la tenuta del sistema mentre, internamente, la fibra veniva allineata e polimerizzata su una ferrula in ceramica. Le due estremità del cavo, però, dovevano essere pulite e lucidate per consentire una corretta trasmissione della luce, con il rischio di sporcare o danneggiare la fibra nel corso di queste operazioni. Un simile livello di complessità, inizialmente, aveva contribuito a rallentare la diffusione delle reti in fibra ottica. Per tale ragione i costruttori hanno investito sulla realizzazione di soluzioni sempre più semplici e funzionali. 

 

Una delle alternative di maggior successo è rappresentata dal connettore SC, apprezzato per le sue caratteristiche di semplicità e compattezza, esaltate da un sistema di tenuta privo di ghiera da avvitare. Essendo in materiale plastico, e quindi colorabile, è stato inoltre proposto in versioni differenti, facilmente identificabili proprio attraverso il colore che le contraddistingue. Un'ulteriore evoluzione è stata offerta dal connettore MTRJ, che ha segnato la comparsa sul mercato della versione SFF (Small Form Factor) che, come indica il nome, risulta particolarmente compatto ed, essendo prelappato, soddisfa anche la richiesta di velocizzare le operazioni in cantiere. Infatti, se la fibra è stata tagliata correttamente, le due tratte risultano allineate e affacciate in modo pressoché perfetto dal sistema stesso e, quindi, viene garantita una limitata perdita di inserzione.


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