giovedì, 25 aprile 2024

Interviste

Intervista a Martino Landi

Presidente Nazionale FAIB (Federazione Autonoma Italiana Benzinai)

29/05/2019

Quanti distributori di carburante operano attualmente in Italia?

Le posso fornire solo una stima, seppur abbastanza realistica. Per la rete ordinaria sono stimati in numero di 22.000 gli impianti di rivendita di carburanti, inclusi chioschi da marciapiede, stazioni di rifornimento e stazioni di servizio complete. A questi numeri vanno aggiunti quelli degli impianti che insistono sulla rete autostradale, per un totale di circa 420 unità.

A quali regole siete assoggettati in termine di sicurezza anticrimine?

Trattando materiali esplosivi e inquinanti, il nostro settore è assoggettato a regole molto stringenti in materia di sicurezza ambientale e antincendio. In tema di sicurezza anticrimine ci caratterizziamo per la forte esposizione al rischio, che ci accomuna a categorie di esercenti altrettanto esposte, come i tabaccai e i farmacisti. Le leggi regionali sulle concessioni all'apertura di stazioni di servizio in genere prevedono l'obbligatorietà di installare sistemi di videosorveglianza almeno nei nuovi impianti, anche se le realtà meno dimensionate raramente ne riescono a sostenere i costi. 

Come vi proteggete quindi?

Per i gestori di impianti il “rischio marciapiede” è elevatissimo: i nostri piazzali sono infatti ubicati all'aperto e gli addetti operano su strada. Inoltre spesso le piazzole non sono presidiate, soprattutto la notte. Non possiamo erigere delle barriere fisiche o dei sistemi di controllo degli accessi. Ci affidiamo quindi tendenzialmente alla videosorveglianza per la sua funzione deterrente e, in caso di consumazione di furto o rapina, per agevolare le forze dell'ordine nell'individuazione dei responsabili e nella loro assicurazione alla giustizia. Sono però misure non risolutive, anche perché il danno economico è interamente subito dal gestore: che vengano sottratti contanti o carburante, il rischio è infatti a carico non dello Stato né della compagnia petrolifera, ma del solo gestore. Senza considerare, poi, la ferita indelebile che potrà causare un evento del genere sotto il profilo psicologico di chi ha subito una rapina, che in tanti casi può finire tragicamente come le cronache purtroppo ci raccontano. Vanno infine calcolati i danni materiali, che ricadono però sui titolari dalle stazioni di servizio, che nella maggioranza dei casi non coincidono con il gestore dell'impianto.

Come limitare quindi i danni?

Abbiamo predisposto un vademecum per formare i nostri operatori e limitare i possibili danni. Suggeriamo di conservare solo cifre ridotte nel cassetto, di disporre di casseforti temporizzate, di installare degli accettatori di banconote dotati di sistemi atti a ridurre la presenza di contante nel piazzale e tendenzialmente di promuovere l'uso della moneta elettronica. 

Lato assicurativo, sono previste convenzioni particolari? Con polizze sostenibili?

Abbiamo stipulato delle convenzioni con enti assicurativi per il risarcimento da furto e rapina o danneggiamenti, ma le polizze restano onerose perché sono direttamente proporzionali al rischio. E capita di frequente che i gestori più colpiti, per criticità specifiche, territoriali o geografiche, non vengano più coperti dalle assicurazioni ...per eccesso di rischio. 

Un altro tema particolarmente allarmante è il commercio illegale di carburante...

Il problema è molto serio e in costante crescita, visto che stanno proliferando società-fantasma dove, per fare qualche esempio, il gasolio industriale (soggetto ad IVA e specifica accise) viene spacciato per gasolio agricolo o come bitumi. Il commercio illegale e il contrabbando da paesi esteri stanno generando enormi danni erariali, oltre ad un’illecita concorrenza a danno delle imprese sane del settore. Chi compra carburante a prezzi insolitamente bassi, deve sapere che sta creando un danno allo Stato, quindi – in ultima sede – a se stesso come cittadino. 

Possiamo quantificare il danno?

Calcolando un 10% di traffici illeciti di carburanti, stiamo parlando di evasioni tra IVA ed accise stimate in 4 miliardi di euro sottratti alla fiscalità. 

Ultima domanda a bruciapelo: distribuire carburante è un'attività redditizia? 

Non le sarà sfuggito che sempre più impianti e stazioni di servizio non sono presidiate e costrette a chiudere. Il motivo è che non si trovano più gestori. Le grandi compagnie petrolifere stanno abbandonando il mercato italiano: Shell, Total e Esso hanno ceduto i loro asset ad altri operatori privati che, grazie a comportamenti opachi, alimentano sempre più quella piaga illegale a danno degli operatori sani. Il tutto in un contesto di contrazione all'osso della marginalità, dovuta all'aumento dei costi di gestione che limitano gli investimenti per rimodernare una rete obsoleta, al mancato riconoscimento di equi compensi da parte delle compagnie petrolifere, all'aggio unitario, ad un'illegalità dilagante e ad una riduzione nelle vendite che negli ultimi 12 anni ha sfiorato il 70% nelle autostrade e il 20-30% nella rete ordinaria. I motivi? Aumento del traffico ferroviario e aereo, sviluppo di fonti energetiche alternative, riduzione dei consumi dei veicoli. 

Quindi, la risposta alla sua domanda è: no, distribuire carburante non è più un'attività redditizia.


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