giovedì, 28 marzo 2024

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I “nebbiogeni” tra tecnologia e normative

10/01/2020

di Salvatore Lamaestra - Esperto, da oltre 30 anni, del CT 79 del CEI per il quale è anche coordinatore del GL1, Delegato Italiano membro dei Working Group (WG3, WG10 e WG13) del TC79-CENELEC

Anche in Italia, seppur con ritardo rispetto ad altri paesi europei, i dispositivi di oscuramento (nebbiogeni) per impianti di sicurezza antintrusione vengono sempre più utilizzati a completamento di impianti di allarme. I nebbiogeni contribuiscono infatti ad aumentare l’efficacia del sistema di allarme in caso di intrusione, poiché alla segnalazione ottico/acustica locale e alle notifiche remote aggiungono un effetto immediato e concreto, che rende complesso o addirittura impossibile per il malintenzionato muoversi nell’ambiente prossimo ai beni protetti. Per il proprietario la consapevolezza che in caso di tentativo di furto vi sarà una reazione automatica, rapida e più “fisica” del solo suono delle sirene, fornisce maggiore tranquillità e fiducia verso l’intero sistema di allarme.

La sicurezza reale offerta dal sistema è ovviamente proporzionale alla qualità dei prodotti utilizzati. come al loro corretto utilizzo: la protezione offerta con un dispositivo nebbiogeno è infatti indubbiamente efficace se realizzata in modo conforme alle istruzioni e alle norme, diversamente aumenta proporzionalmente il rischio di avere un sistema inefficace o addirittura dannoso. E i danni possono essere particolarmente gravi, tanto nel caso che il sistema non sia adeguato alle aspettative, quanto nel caso in cui possa produrre direttamente o indirettamente danni alle persone. 

Le norme

Codice Civile, Codice del Consumo e Codice Penale sono piuttosto precisi in relazione alle conseguenze dei lavori fatti con imperizia o superficialità e da parte di chi ignora o trascura la regola dell’arte, del buon senso e delle norme in vigore. E del resto l’innalzamento del “rischio” professionale è una delle ragioni che desta preoccupazione nell’installatore non sufficientemente preparato quando comprende che un azionamento improprio è più o meno costoso e spiacevole da gestire: l’effetto è ovviamente e per sua natura intrusivo ed è, ovviamente, giustificato, nonostante il costo e il disagio provocato, solo quando tutto il sistema è efficace nello sventare un furto.

Norme CEI EN

La progettazione e l’esecuzione di un impianto di allarme che include un dispositivo nebbiogeno devono essere realizzate seguendo le indicazioni della Norma CEI 79-3:2012, che fornisce tra l’altro un’ottima guida per tutte le fasi e, nello specifico, delle prescrizioni della Norma EN50131-8 (Dispositivi Nebbiogeni per la Sicurezza), recentemente aggiornata dal Comitato Tecnico 79 del CENELEC che alla data è già stata pubblicata dal BSI nel Regno Unito e che verrà a breve recepita anche dal Comitato Tecnico 79 del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano). 

Un po’ di storia 

La Norma EN50131-8 esiste da oltre un decennio (la precedente versione, ad oggi in vigore, è del 2009), mentre risale al 1975 il primo uso registrato del termine “nebbia” come dispositivo di sicurezza: la “nuova” tecnologia era stata originariamente sviluppata per essere utilizzata dalla Banca d’Inghilterra per proteggere i metalli preziosi sia con impianti fissi nei caveaux sia mobili, durante il trasporto sui furgoni blindati. Più tardi, nello stesso anno, il Ministero della Difesa Britannico ha commissionato alla “Concept Engineering Ltd” un sistema di nebulizzazione a 24 volt per applicazioni di sicurezza. A partire dal 1990, il notevole aumento di effrazioni e furti nel Regno Unito ha prodotto una richiesta di soluzioni da integrare nei sistemi di sicurezza che potessero essere utilizzati in campo per ostacolare e fermare chi entra negli edifici, ruba beni e abbandona l’area prima che la polizia abbia il tempo di reagire. La Concept Engineering Ltd ha rispolverato i progetti precedenti e nel 1991 ha lanciato una propria gamma di dispositivi per l’oscuramento visivo da integrare nei sistemi di sicurezza; a questa è seguita, nel 1992, l’uscita di un altro prodotto britannico chiamato Smokecloak (in seguito venduto ad una società danese). All’aumentare dell’utilizzo di dispositivi nebbiogeni per applicazioni di sicurezza è aumentato anche il numero di produttori: Bandit in Belgio, Protect e altri prodotti danesi e via via sono arrivati sul mercato diversi dispositivi prodotti in Italia, in Cina e in altri paesi.

Gli standard 

Data la proliferazione dei dispositivi di nebulizzazione e grazie ai notevoli successi ottenuti nella lotta ai furti, si è sentita sempre più forte l’esigenza di una qualche forma di “standard”: questo processo è stato guidato, principalmente, dal comparto assicurativo. Questo processo ha portato alla stesura da parte della “British Association of British Insurers” di un documento specifico per la progettazione e per l’uso di sistemi di oscuramento per la sicurezza. Nel 1998 il BSI (British Standards Institute) ha costituito un gruppo di lavoro riunendo le parti coinvolte nel settore della sicurezza del Regno Unito (tra cui assicuratori, polizia, vigili del fuoco, professionisti dell’industria degli allarmi e British Industry Association BSIA). Dodici mesi più tardi è stato prodotto il primo Standard Nazionale Inglese relativo ai dispositivi nebbiogeni, il BS 7939:1999.

EN 50131-8

Diversi anni dopo, a seguito delle pressioni esercitate dal BSIA e dal BSI, il Comitato Tecnico 79 del CENELEC (TC79) ha costituto uno specifico Gruppo di lavoro (WG10) con il compito di produrre uno standard come parte integrante della libreria 50131 e nel 2009 è stata rilasciata la norma EN 50131-8. La Association of Insurance Surveyors (Regno Unito) ha chiesto alla BSIA di produrre una revisione delle linee guida per le applicazioni, ampiamente utilizzata nel Regno Unito e la nuova attività ha portato alla recente revisione (2019) della EN50131-8.



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