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Infrastrutture critiche: anche la criticità si gestisce

09/01/2019

di Elvy Pianca

Le infrastrutture critiche: un settore soggetto ad attacchi di tutti i tipi e, quindi, un mercato molto dinamico e in continuo incremento, anche grazie all’evoluzione costante delle tecnologie. Le esigenze maggiormente sentite sono quelle della centralizzazione e dell’integrazione. Nel perimetrale, ad esempio, sono previsti sistemi a più livelli proprio per garantire il massimo controllo e un’interazione costante con la videosorveglianza per un monitoraggio accurato e in real time. Non solo: occorre far dialogare anche tutti gli altri sottosistemi tramite il PSIM, il software che gestisce le informazioni di sicurezza fisica, per aggregare le informazioni e fornire dati e report continuamente aggiornati.

Il settore delle infrastrutture critiche è, ovviamente, uno dei più importanti in termini di sicurezza nazionale, e tra i più vulnerabili agli attentati di ogni tipo, in particolare quelli terroristici. Dal settore elettrico arrivano dei dati allarmanti, perché si segnalano, a livello globale, circa 2500 attacchi ogni dieci anni. Numeri significativi, che hanno costretto già da diverso tempo le istituzioni ad adottare dei sistemi di sicurezza e controllo sempre più perfezionati a difesa delle infrastrutture critiche, generando però - come risultato positivo - un avanzamento sia tecnologico sia di mercato. Secondo MarketsandMarkets, infatti, nel periodo 2013-2018 questo segmento, a livello mondiale, ha registrato un CAGR del 10,7%, passando dai 63,7 miliardi di dollari a 105,9 miliardi per quest’anno che si sta concludendo.

DI CHE SI PARLA?

Ma cosa intendiamo con infrastrutture critiche? Di tutto e di più, perché riguardano i trasporti, l’energia, la salute, l’istruzione e via dicendo. E’ intuitivo che se viene danneggiata una centrale, può essere messa a repentaglio la sicurezza di un intero paese e che le infrastrutture critiche, oltre che dal terrorismo e dall’intrusione, per i più diversi motivi, possono essere soggette a incidenti e disastri naturali che possono provocare danni di portata tragica…si pensi solo al sabotaggio di una diga. E’ quindi fondamentale che le infrastrutture critiche centralizzino le operazioni di sicurezza sul fronte delle minacce, sia fisiche sia logiche sia, più di recente, cyber, attraverso una maggiore integrazione dei sistemi.

PERIMETRALE

Partendo dal perimetrale: dato che, di solito, un’infrastruttura critica è anche complessa, con dispositivi e strutture entro un’area vasta e con possibilità di decentralizzazione dei siti, è indispensabile utilizzare sistemi antintrusione a più livelli, per prevenire in modo completo tutte le minacce. Inoltre, i trend di mercato prevedono non solo un aumento costante di dispositivi sempre più perfezionati di videosorveglianza e di sensori per antintrusione, ma anche la scelta di controllo su IP per configurare e gestire i dispositivi anche da una postazione remota.

CENTRALE NUCLEARE

Prendiamo il caso di un’infrastruttura critica che fa paura solo dal nome: una centrale nucleare. Per ciò che riguarda il perimetrale, di solito sono previsti sensori volumetrici ad alta possibilità di rilevamento sulle barriere di recinzione e un’area cosiddetta “libera”, aldilà della recinzione, dove sono previsti diversi modi di verifica: videocamere, microonde, cavi interrati, infrarossi. In ogni modo, è indispensabile integrare correttamente la videosorveglianza con i sistemi anti intrusione, in modo non solo di sentire un allarme, ma anche di “vedere” se c’è qualcosa che non va in tempo reale. E non parliamo solo di telecamere, ma di sistemi che prevedano anche l’analisi video: non è infatti possibile per un operatore concentrarsi di continuo su ogni telecamera, ma è fondamentale per la sicurezza del sito ottenere subito tutte le informazioni, anche visive, in caso di una qualsiasi anomalia. Quindi, il sensore e la videocamera devono non solo parlarsi, ma anche inviare i messaggi al sistema di sorveglianza quando c’è una situazione di allarme o, magari, solo di rischio, anche di notte o in condizioni meteo avverse.

PSIM

Quindi, è fondamentale disporre di un sistema di gestione centrale con una piattaforma aperta che consenta l’integrazione tra le diverse misure di sicurezza e i sottosistemi. Il che vuol dire mettere insieme videosorveglianza, controllo accessi e protezione perimetrale, come indicato prima, ma anche IT, rilevazione incendi, telefono, comunicazione radio e automazione degli edifici. Solo in questo modo, qualsiasi operatore può gestire i sistemi in loco, e anche i siti remoti, ogni volta che si verifica un disastro naturale, un incidente imprevisto oppure un attentato, in tempo reale. Dal punto di vista della tecnologia, e anche del mercato, la parola d’ordine nel settore delle infrastrutture critiche è l’ennesimo acronimo, PSIM, Physical Security Information Management: il software di gestione delle informazioni di sicurezza fisica. Negli ultimi anni, l’adozione delle soluzioni PSIM è notevolmente aumentata: Transparency Market Research ha stimato un CAGR di crescita del 25,8% per il periodo compreso dal 2013 e dal 2019. E questo perché il software consente un’interfaccia, senza interruzioni, che integra sistemi di sicurezza, gestione degli edifici e strutture e sottosistemi in loco, rendendoli interoperabili sulla stessa interfaccia e con i sistemi di controllo di supervisione e acquisizione dati (SCADA). Come piattaforma software aperta, infatti, il software PSIM è in grado di integrare dispositivi e sistemi analogici e basati su IP, aggregare informazioni da tutte le strutture, comunicare tra sistemi integrati e fornire in tempo reale allarmi e verifiche degli eventi. Con un notevole valore aggiunto, inoltre, può proteggere proattivamente i siti critici da potenziali minacce e minimizzare i danni con una serie di risposte coordinate e predeterminate.



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