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Controllo a distanza e Videosorveglianza nel lavoro domestico

09/06/2017

di Avv. Marco Soffientini, Docente Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza; esperto di Privacy e Diritto delle Nuove Tecnologie; Privacy Officer certified in accordo a ISO/ IEC 17024:2003; Coordinatore Nazionale Comitato Scientifico Federprivacy; membro dell’Istituto Italiano per la Privacy;membro Comitato di Delibera TUV Italia per lo schema CDP e docente Ethos Academy www.academy.ethosmedia.it

Recentemente l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota prot. n. 1004 dell’8 febbraio 2017, ha fornito chiarimenti in merito all’installazione di impianti di videosorveglianza nell’ambito del lavoro domestico. Quest’ultima tipologia lavorativa, disciplinata principalmente dalla legge 2 aprile 1958, n. 339 ed integrata dal disposto degli artt. 2240-2246 cod. civ., consiste nella prestazione di servizi di carattere domestico diretti al funzionamento della vita familiare.

Il collaboratore domestico - osserva l’ispettorato - svolge l’attività lavorativa nella casa abitata esclusivamente dal datore di lavoro e dalla sua famiglia, in quanto il rapporto di lavoro non si svolge all’interno di un’impresa organizzata e strutturata, ma nell’ambito di un nucleo ristretto ed omogeneo, di natura per lo più familiare, e risponde alle esigenze tipiche e comuni di ogni famiglia. Pertanto, in virtù delle sue caratteristiche peculiari, il rapporto di lavoro domestico gode di una regolamentazione particolare, così come ha avuto modo di affermare la Corte Costituzionale nella sentenza 11-23 dicembre 1987 n. 585, nella quale ha statuito che “non v’è dubbio che il rapporto di lavoro domestico, per la sua particolare natura, si differenzi, sia in relazione all’oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro: esso, infatti, non è prestato a favore di un’impresa avente, nella prevalenza dei casi, un sistema di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata con possibilità di ricambio o di sostituzione di soggetti, sibbene di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, ed è destinato, quindi, a svolgersi nell’ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza. In ragione di tali caratteristiche, la Corte ha ritenuto, in via di principio, la legittimità di una disciplina speciale anche derogatoria di alcuni aspetti di quella generale (sentenza n. 27 del 1974)”. Il quadro normativo delineato - osserva l’Ispettorato - è idoneo a sottrarre il lavoro domestico alla tutela dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970), poiché in questo caso, il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa. Di conseguenza è esclusa l’applicabilità dei limiti e dei divieti di cui all’art.4 della legge n. 300/1970, che insieme agli artt. 2, 3 e 6 costituisce un corpus normativo tipico di una dimensione “produttivistica”.

ESCLUSIONE DAL CODICE PRIVACY

L’esclusione dal campo di applicazione della disciplina statutaria in tema di controlli a distanza non significa anche sottrazione alla disciplina prevista dal Codice della Privacy. Infatti - conclude la nota dell’Ispettorato - nell’ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza ed, in particolare, quanto previsto dall’art.115 del d.lgs. n.196/2003. Pertanto, alla luce della nota ministeriale, nel caso in cui si intenda installare un impianto di videosorveglianza in un’abitazione privata in cui operi un lavoratore domestico, non si dovrà chiedere alcuna autorizzazione alla sede competente dell’Ispettorato territoriale, ma sarà necessario chiedere al lavoratore il consenso preventivo e fornirgli un’idonea informativa.



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