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Videosorveglianza e controllo a distanza: le novità del Jobs Act

01/11/2016

di Marco Soffientini, Docente Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza; esperto di Privacy e Diritto delle Nuove Tecnologie; Privacy Officer certified ed in accordo a ISO/IEC 17024:2003; Coordinatore Nazionale Comitato Scientifico Federprivacy; membro dell’Istituto Italiano per la Privacy;membro Comitato di Delibera TUV Italia per lo schema CDP e docente Ethos Academy www.academy.ethosmedia.it  

Con l’espressione “controllo a distanza” si fa riferimento ad una particolare tipologia di controlli datoriali caratterizzati dall’utilizzo di apparecchiature e denominati per questo motivo “controlli tecnologici”. L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori è la norma cardine sui controlli a distanza mediante strumenti tecnologici. La norma è stata modificata dal d.lgs n.151/2015 per effetto della Legge delega 183/2014 (c.d. Jobs Act), che ha consentito l’installazione degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori, se funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa, previo accordo sindacale o autorizzazione della DTL. Vediamo nel dettaglio la novella attraverso l'analisi di un avvocato.

In generale, lo Statuto dei Lavoratori disciplina il controllo sia quando viene attuato tramite personale interno (art. 3 legge n. 300/1970), sia quando avviene con l’ausilio di apparecchiature (art. 4 legge n. 300/1970). Nel primo caso, la giurisprudenza si è espressa favorevolmente statuendo che: «La disposizione di cui all’art. 3 legge n. 300 del 1970 - secondo la quale i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati - non ha fatto venire meno il potere dell’imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante l’organizzazione gerarchica che a lui fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, l’adempimento delle prestazioni cui costoro sono tenuti […]». (Cfr. ex pluribus Cass., Sez. lav., 2 marzo 2002, n. 3039).

CONTROLLO A DISTANZA

Nel secondo caso (di controllo effettuato cioè a mezzo apparecchiature), l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori pone un divieto all’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività lavorativa. Si tratta di un divieto assoluto, che può essere superato soltanto in presenza di esigenze organizzative, produttive, o di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale e previo accordo con le rappresentanze sindacali o con autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL). L’art. 4 della legge n. 300/1970, anche nella nuova formulazione, vieta il controllo c.d. a distanza. Il concetto di “distanza” fa riferimento sia alla distanza fisica, sia a quella temporale. Ne segue che non avranno incidenza fenomeni quali il mancato funzionamento dell’apparecchiatura, la consapevolezza della loro presenza da parte dei lavoratori, oppure l’utilizzo discontinuo delle stesse ai fini di controllo. In questo senso si è espressa la giurisprudenza: «Il divieto posto dall’art. 4 dello statuto dei lavoratori per il datore di lavoro di far uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza della attività dei lavoratori non è escluso né dalla circostanza che tali apparecchiature siano state solo installate ma non siano ancora funzionanti, né dall’eventuale preavviso dato ai lavoratori, i quali quindi siano avvertiti del controllo suddetto, né infine dal fatto che tale controllo sia destinato ad essere discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente (nella specie, il datore di lavoro aveva installato alcuni impianti audiovisivi destinati al controllo dell’uso e della conservazione dei cartellini segna-orario sistemati in apposite custodie all’ingresso dello stabilimento)» (Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 1986, n. 1490).

LA NOVELLA

Il novellato art. 4, comma 1 (secondo comma del previgente articolo 4) ammette l’installazione di apparecchiature di controllo nel caso di esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro, o di tutela del patrimonio aziendale e comunque previo accordo con le Rappresentanze Sindacali unitarie o aziendali. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso degli impianti. L’accordo sindacale o l’autorizzazione delle DTL deve precedere l’installazione dell’apparecchiatura (es. di videosorveglianza), in quanto la norma sanziona a priori l’installazione prescindendo dalla circostanza che l’impianto venga utilizzato o meno. La ratio di questa impostazione giuridica è ascrivibile alla natura del reato previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, configurabile come reato di pericolo. Come noto, i reati di pericolo, che si distinguono dai c.d. reati di danno, sono quei reati per i quali la tutela penale viene accordata dall’Ordinamento giuridico quando il bene giuridico tutelato (la dignità e riservatezza del lavoratore) è semplicemente messo in pericolo (minacciato), senza che lo stesso sia effettivamente leso in tutto o in parte, come avviene nei reati di danno. Per quanto concerne l’impianto sanzionatorio, l’art. 23 comma 2 del Decreto ha modificato anche l’art. 171 del D.Lgs. n. 196/2003, confermando la tutela penale del divieto di operare controlli a distanza con impianti, strumenti e apparecchiature non accordate o non autorizzate preventivamente. In particolare, il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 ha modificato l’articolo 171 del Codice Privacy inserendo espressamente il richiamo all’articolo 4, primo e secondo comma dello Statuto dei Lavoratori ed eliminando il riferimento all’articolo 114 del Codice Privacy. Il testo novellato recita: “La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge n. 300 del 1970”.

SANZIONI

In conclusione, la violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori è assoggettata alle conseguenze di cui all’art. 38 dello Statuto dei lavoratori. La norma prevede l’ammenda da 154,94 euro a 1.549, 37 euro in alternativa all’arresto da 15 giorni a un anno. Nei casi più gravi, le due pene si applicano congiuntamente ed è prevista la pubblicazione della sentenza. È comunque possibile il ravvedimento operoso, che consente al contravventore di pagare evitando le conseguenze penali della sua condotta.



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