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Videosorveglianza intelligente: impatto privacy della videoanalisi

01/10/2016

di Marco Soffientini, Docente Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza; esperto di Privacy e Diritto delle Nuove Tecnologie; Privacy Officer certified ed in accordo a ISO/IEC 17024:2003; Coordinatore Nazionale Comitato Scientifico Federprivacy; membro dell’Istituto Italiano per la Privacy;membro Comitato di Delibera TUV Italia per lo schema CDP e docente Ethos Academy www.academy.ethosmedia.it

Pensate a centinaia di telecamere di sorveglianza installate in un luogo affollato, come, ad esempio, un aeroporto o una stazione ferroviaria: qual è la probabilità che un operatore della sicurezza nella control room sia in grado di notare tempestivamente una persona che entra in un’area interdetta, o di individuare un bagaglio abbandonato, o un comportamento sospetto di un individuo? Studi scientifici hanno dimostrato, che, dopo circa 20 minuti di osservazione continua, un normale operatore noterà meno del 90% di eventi rilevanti. Rebus sic stantibus, non possiamo che ricorrere alla tecnologia, mediante l’ausilio della videoanalisi. Ma quale impatto avrà sulla privacy?

La video content analysis (analisi video intelligente) è un insieme di tecniche dell’Intelligenza Artificiale e della Computer Vision che consentono ad un calcolatore di analizzare un flusso video, allo scopo di comprenderne il contenuto e di annotarlo automaticamente (i c.d. metadati), senza intervento umano. I sistemi di analisi video possono richiamare l’attenzione dell’operatore quando avviene qualche evento specifico nella scena inquadrata dalla telecamera e permettere di ridurre i tempi della ricerca, offrendo all’addetto la possibilità di trovare solo quelle sequenze video che soddisfano alcuni criteri specificati dall’operatore stesso. Numerose sono le funzioni offerte da questa tecnologia.

FUNZIONI DELLA VIDEOANALISI

Si pensi alla funzione “tampering”, che fa scattare un “warning” in caso di tentato oscuramento della camera. Si tratta di un algoritmo la cui finalità è controllare che una visione normale non venga disturbata dall’offuscamento della telecamera (esempio: coprendo la lente con vernice spray, sacchetti o altro). Si pensi ancora alla funzione “Object detection”, in grado di lanciare un allarme nel caso in cui un oggetto sia abbandonato o rimosso da un’area soggetta a monitoraggio. Anche in questo caso siamo in presenza di un algoritmo, che ha lo scopo di controllare se in una determinata zona vengono abbandonati o rimossi oggetti (esempio, borse). Si tratta di un sistema utile per evitare attentati in luoghi pubblici, come appunto aeroporti, stazioni, ecc. Infine, si pensi alla funzione “Object Counting”, capace di conteggiare persone o cose che attraversano una linea virtuale. Funzione utile per prendere decisioni in merito alla sicurezza di una determinata area e alla gestione del flusso delle persone. Quelli riportati sono solo alcuni esempi delle funzioni che la video content analysis è in grado di offrirci, ma ciò che interessa da un punto di vista di data protection impact assessment è la circostanza che in questi casi la video analisi, avendo ad oggetto persone o gruppi di individui, possa costituire una compressione delle libertà fondamentali o della dignità delle persone. Si immagini un sistema costituito da telecamere ad inseguimento, con captazione audio, in grado di riprendere occasionalmente anche i lavoratori. Questa indebita compressione dei diritti fondamentali dell’individuo è presunta dalla disciplina privacy in tema di videosorveglianza quando siamo in presenza di un c.d. sistema intelligente.

INTELLIGENZA VS. PRIVACY

Un sistema di videosorveglianza si definisce “intelligente”, secondo il provvedimento generale 08.04.2010, quando è in grado di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli e, all’occorrenza, registrarli. Come precisato dall’Autorità Garante, i sistemi che associano immagini a dati biometrici e quelli capaci di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali e di segnalarli devono essere sottoposti alla verifica preliminare, poiché comportano rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali. (Vedi relazione annuale 2009, pag. 25). L’istituto della verifica preliminare (c.d. prior checking), previsto dall’articolo 17 del Codice Privacy, rappresenta una clausola di salvaguardia per i dati personali, che non sono né sensibili né giudiziari, ma che, in determinate condizioni, corrono “rischi specifici”. In linea di massima, tali sistemi devono considerarsi eccedenti rispetto alla normale attività di videosorveglianza, in quanto possono determinare effetti particolarmente invasivi sulla sfera di autodeterminazione dell'interessato e, conseguentemente, sul suo comportamento. Per questi motivi, il sistema deve essere sottoposto a verifica preliminare ed è consentito solo in casi particolari, tenendo conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati, da verificare caso per caso sul piano della conformità ai principi di necessità, proporzionalità, finalità e correttezza (artt. 3 e 11 del Codice). Si tratta di valutare in concreto i rischi del trattamento per i diritti e la dignità degli interessati, in relazione alla specifica finalità perseguita ed al contesto in cui i dati vengono trattati. In conclusione, è opportuno procedere con una richiesta di verifica preliminare in presenza di un sistema di videosorveglianza cd. “intelligente”, che non si limita a riprendere e registrare le immagini, ma rileva automaticamente comportamenti o eventi anomali, li segnala e, eventualmente, registra (punto 3.2.1. provv. 8 aprile 2010 [doc. web n. 1712680]).



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