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Controlli a distanza: novità ed opportunità della novella

20/02/2017

di Manuela Delbono, Ufficio Marketing Surveye www.surveye.it e Patrizia Meo, Consulente Privacy & Data Protection Officer

La recente modifica dell’art. 4 L. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), intervenuta mediante l’art. 23 del Decreto Legislativo 151/2015 dal titolo gli “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”, cambia, dopo 45 anni di vigenza, il rapporto tra datore di lavoro e dipendenti. L’art. 4 si adegua all’evoluzione tecnologica, lasciando invariata la disciplina generale dei controlli a distanza dell’attività lavorativa effettuati mediante impianti audiovisivi o altri strumenti ed introducendo gli attuali dispositivi, come PC, smartphone e tablet, ormai in uso presso tutte le aziende e utilizzati dai dipendenti.

Il novellato art. 4 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che è consentito l’utilizzo di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa, a condizione che:

1. siano impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro o per la tutela del patrimonio aziendale;

2. sia concluso preventivamente un accordo sindacale RSA/RSU ovvero, in mancanza di accordo, l’utilizzo degli strumenti sia stato autorizzato preventivamente in via amministrativa, attraverso la locale Direzione Territoriale del Lavoro territorialmente competente. L’utilizzo degli impianti audiovisivi e di altri strumenti, che hanno come finalità unica ed esclusiva il controllo a distanza dei lavoratori, rimane sempre vietato.

NOVITÀ

Rispetto alla precedente formulazione dell’articolo, notiamo un ampliamento della casistica in cui è lecito utilizzare tali impianti all’interno delle aziende: esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. La novità della norma sta nel fatto che viene espressamente previsto che gli strumenti di controllo possano essere installati anche per fini di tutela del patrimonio aziendale. Scompare il divieto assoluto, con il quale si impediva in concreto l’installazione di apparecchiature preordinate al controllo dell’attività lavorativa, ed è possibile il controllo a distanza purché non sia lo scopo principale dell’installazione dei dispositivi. In sostanza, sono ammessi i cosiddetti “controlli difensivi”. Pertanto, secondo il nuovo articolo, l’installazione di questi apparati è ammessa per finalità indirette di controllo a distanza dei lavoratori non più per sole esigenze produttive, organizzative o di sicurezza sul lavoro, ma anche con l’obiettivo di tutelare il patrimonio aziendale. Come avveniva precedentemente, per procedere all’installazione degli impianti, il datore di lavoro deve raggiungere un accordo collettivo con il sindacato, oppure, in mancanza di accordo, gli impianti e gli altri strumenti possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro. La novità che viene introdotta riguarda il caso in cui l’impresa abbia unità produttive dislocate in più Province o Regioni: il datore di lavoro può raggiungere l’accordo con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure chiedere l’autorizzazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Naturalmente, affinché l’impianto sia lecito, occorre non solo raggiungere l’accordo con i sindacati o richiedere l’autorizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro, ma occorre anche che il datore di lavoro rispetti le disposizioni dettate dal Provvedimento in materia di videosorveglianza del 4 aprile 2010 del Garante Privacy. Ricordiamo che l’installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti, dai quali possa derivare la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (sia per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro, per la tutela del patrimonio aziendale), in assenza di accordo sindacale o di autorizzazione da parte della DTL, comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’art.38 l. 300/70 (art. 171, D.lgs. 196/03), ammenda da euro 154,00 a euro 1549,00, ovvero l’arresto da 15 giorni a un anno.

STRUMENTI IN DOTAZIONE

L’aspetto innovativo della recente modifica dell’art. 4 è stabilito dal comma 2, in cui vengono escluse le finalità di cui al comma 1 (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro o tutela del patrimonio aziendale), nonché l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa, nel caso di impiego di:

a. strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (es. smartphone, PC, posta elettronica);

b. strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze (badge). In questo modo, gli strumenti dati in dotazione al dipendente (es. PC, smartphone) per svolgere i compiti e le mansioni affidategli, vengono esclusi da ogni forma di preventiva verifica circa le finalità di utilizzo e vanno altrettanto esclusi dall’obbligo del preventivo accordo sindacale o dell’autorizzazione amministrativa, sebbene questi strumenti possano di fatto consentire il compimento di controlli e verifiche da parte del datore di lavoro. Si tratta di strumenti “leggeri” ormai indispensabili per rendere la prestazione lavorativa. Tutto questo significa che, se un datore di lavoro fornisce per la prestazione lavorativa computer, telefoni, tablet, smartphone, diviene superfluo quanto affermato al comma 1.

USO DELLE INFORMAZIONI

Ultima novità è rappresentata dal comma 3 dell’art.4: “Le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”. Le informazioni raccolte dall’azienda tramite gli strumenti che ricadono sia nel primo che secondo comma dell’art. 4 potranno essere utilizzate dal datore di lavoro a condizione che quest’ultimo abbia dato ai lavoratori un’adeguata informazione. Onere del datore di lavoro sarà quindi quello di informare i dipendenti, secondo l’art. 13 del Codice privacy, e di adottare regolamenti e policy aziendali che informano in maniera adeguata i dipendenti circa l’esistenza e le modalità d’uso delle apparecchiature di controllo e delle modalità di effettuazione dei controlli, così come previsto dalle Linee Guida del Garante Privacy del 2007, Lavoro: Le linee guida del Garante per posta elettronica e internet. Riassumendo, il datore di lavoro dovrà: a) fornire al personale dipendente un’adeguata informativa scritta e da far controfirmare per presa visione; b) redigere un regolamento aziendale interno; c) specificare le modalità di controllo poste in essere e le conseguenze disciplinari previste per il dipendente inadempiente. Pertanto la possibilità per il datore di lavoro di esercitare il potere disciplinare, sulla scorta delle informazioni e i dati raccolti ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2 dello Statuto dei Lavoratori, è condizionato al rispetto di quanto previsto nel Codice della Privacy. Questo non significa che si liberalizzano i controlli a distanza, ma si chiariscono le modalità per l’utilizzo degli strumenti aziendali che vengono utilizzati e i limiti di utilizzo dei dati raccolti attraverso tali strumenti. Un uso scorretto degli strumenti aziendali (ad esempio per la consultazione di siti web estranei all’attività lavorativa durante l’orario di lavoro) può senz’altro essere utilizzato anche a fini disciplinari, però dovrà essere necessariamente contemperato con le tutele riconosciute al lavoratore dalla normativa sulla privacy.



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