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Video in ambito forense: il ruolo dell’installatore

11/11/2016

di Giovanni Villarosa, Laureato in Scienze dell’Intelligence e della Sicurezza, esperto di Sicurezza Fisica per Infrastrutture, Chief Security Officer e Data Protection Offi- cer, Giovanni Villarosa è anche Vice Presidente di SECURTEC (Associazione culturale, composta da security manager certificati, che si occupa di tematiche legate al mondo - logica e fisica - per la protezione di infrastrutture complesse e critiche).

Il numero di telecamere installate nel mondo ha superato i 30 milioni. Ogni anno vengono caricate su YouTube circa 3 milioni di ore di video riguardanti accadimenti ripresi dagli utenti; su Facebook sono state già inserite circa 300 milioni di immagini. Lo scenario fin qui descritto ha un inevitabile riscontro in ambito forense: oggi è sempre più improbabile che un evento delittuoso possa consumarsi senza che la scena del crimine o parte di essa, oppure l’autore dello stesso fatto, non vengano ripresi da un sistema di videosorveglianza. La crescente diffusione di immagini e video sulle piattaforme del web si ripercuote sempre più spesso anche in ambito investigativo: poter costruire delle evidenze processuali analizzando in maniera specialistica tali fonti di prova, analogamente a quanto avviene nei vari settori della “computer forensics”, testimonia dunque la piena credibilità dei video TVCC. Ma bisogna sempre procedere per gradi e con metodo scientifico, e quindi, da un lato padroneggiando le basi della relativa disciplina, dall’altro estraendo qualora possibile le sole informazioni che possano essere utili.

Le tecniche forensi per le immagini e i video possono essere usate per estrarre le relative evidenze solo se l’informazione è presente, sia pur in maniera labile o appena accennata, perché non possiamo “inventarci” dei dati di qualsiasi natura, qualora questi manchino. Caso tipico delle immagini acquisite dai dispositivi di videosorveglianza che, pur registrando l’evento criminoso, risultano poi inutilizzabili per la scarsa qualità del sistema, per la scarsa risoluzione, il rumore, l’errato progetto, l’errata installazione, ecc: 80% of surveillance video submitted to the police is unusable! Come troppe volte prove evidenti non sono state ammesse in giudizio, perché le procedure non erano state tecnicamente garantite.

ATTENDIBILITÀ DELLA FONTE

La relativa facilità con cui al giorno d’oggi l’uso di software di fotoritocco, di editing video, anche di facile reperimento, permette di “comporre” un’immagine o di “montare” una scena alterandone i contenuti originari, imporrebbe che l’acquisizione ed il trattamento di immagini e video digitali fosse regolato definitivamente da precise “best practice” di riferimento: affinché un documento video possa essere utilizzato in un procedimento giudiziario, è necessario che ne sia provata l’originalità! L’attendibilità di una fonte di prova diventa quindi argomento delicato, perché necessita di nozioni tecnico- scientifiche che, anche per la loro continua evoluzione, mal si prestano ad essere catalogate all’interno di una normativa.

LA LEGGE CHE DICE?

L’Art. 189 CPP prevede espressamente le prove non disciplinate dalla legge, le cd prove atipiche, e la giurisprudenza costante della Corte Suprema di Cassazione riconosce alle immagini fotografiche e filmate valenza di documento figurativo, del tipo testimoniale e diretto. L’utilizzo delle immagini registrate in procedimenti civili e penali rende indispensabile lo studio approfondito delle modalità con le quali un’immagine generata da una sistema di videosorveglianza digitale può esser utilizzata in giudizio. E’ celebre la seguente formulazione processuale: prima che un oggetto fisico, connesso alla commissione di un crimine, possa essere ammesso come prova deve essere dimostrato che questo oggetto sostanzialmente era nelle stesse condizioni in cui si trovava quando il crimine venne commesso. I fattori da considerare, nel determinare se o meno l’oggetto fisico è sostanzialmente nella stessa condizione, sono la natura dell’oggetto, le circostanze che hanno governato la sua cattura e custodia, la possibilità che qualcuno lo abbia manomesso. Se quindi la videoregistrazione di una rapina viene proposta in giudizio dalla pubblica accusa, spetta alla pubblica accusa dimostrare che la videoregistrazione riproduce fedelmente gli eventi ripresi e che non sono state effettuate manomissioni successive. In questo caso, è bene che i tecnici, generalmente l’installatore dell’impianto, vengano designati come ausiliari di polizia giudiziaria Art. 348 4° com. CPP, in quanto possono intervenire su elementi di prova, per i quali deve essere garantita la massima professionalità, integrità e tutela dei dati rispetto a potenziali manomissioni. La crescente diffusione degli impianti di videosorveglianza, soprattutto in ambito pubblico e urbano, fa sì che sempre più spesso giungano richieste provenienti da privati con legittime motivazioni, dalla Polizia Giudiziaria o dalla stessa Magistratura, chiedendo di estrarre spezzoni di videoregistrazione di loro interesse. Non basta evidentemente che la richiesta sia accolta, ma essa deve contenere alcuni elementi fondamentali, che permettono di provvedere alla estrazione delle immagini. La prima domanda riguarda il periodo al quale le immagini desiderate si riferiscono, la seconda il numero delle telecamere coinvolte. Tutte queste operazioni vanno svolte con notevole sollecitudine, perché spesso il tempo di archiviazione di una videoregistrazione non è compatibile con i tempi tecnici della richiesta e potrebbe perfino capitare che, quando la richiesta arriva sul tavolo del responsabile della sua gestione, sia già scaduto secondo legge. Inoltre queste operazioni vanno svolte da personale tecnico competente e autorizzato in ambito privacy (Art.30 CdP).

OCCHIO AL CRONODATARIO

Durante le fase di estrapolazione dei dati è bene fare attenzione al cronodatario: un aspetto fondamentale, che deve essere immediatamente analizzato prima di avviare le operazioni di estrazione e verificare la data e ora presente sul monitor live. La data generalmente è quasi sempre giusta, mentre spesso l’ora può essere diversa per parecchi minuti, o addirittura ore: è raccomandabile pertanto che non si avvii mai l’operazione di estrazione delle videoregistrazioni senza aver prima documentato a verbale l’eventuale discrepanza fra il cronodatario effettivo e quello della videoregistrazione di cui trattasi. Le immagini, estratte e riversate su supporto informatico a disposizione della AG, debbono essere copiate nuovamente (sempre direttamente dal DVR/NVR e non copiate dalla copia della AG) su un identico supporto, per tipologia e produttore, inserendo quest’ultima copia in una busta chiusa e sigillata, con lembi controfirmati dal soggetto richiedente l’estrazione (AG/ufficiale di PG) delle immagini videoregistrate, insieme alla firma dell‘operatore che ha materialmente proceduto all’operazione tecnica. Sulla busta va sempre indicata la data e l’ora in cui la busta è stata sigillata e un riferimento che permetta di individuare con certezza le immagini ivi archiviate. Questa operazione è indispensabile per essere certi che, in caso di futura contestazione che nasca dopo la cancellazione/manipolazione delle immagini registrate, sia sempre possibile effettuare un riscontro intrecciato ed oggettivo fra le immagini presenti sul supporto consegnato e l’identico supporto conservato dal Responsabile e/o Titolare del trattamento dei dati. Sarà così possibile mettere immediatamente in evidenza possibili manipolazioni o alterazioni del supporto asportato.

IN CONCLUSIONE

L’installatore di TVCC non è più solo un semplice tecnico: oggi è un professionista completo, maturo, in grado di progettare e di valutare la conformità legale dell’impianto e la compliance privacy, e capace di supportare il committente in tutte le fasi del processo di assessment, e fino al trattamento a norma di legge, delle immagini. La compliance tecnico-legale del professionista aggiunge un prezioso valore all’installazione: una garanzia a tutto il processo di security..



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