di Giovanni Villarosa - Laureato in Scienze dell’Intelligence e della Sicurezza, esperto di Sicurezza Fisica per Infrastrutture, CSO e DPO, membro del comitato tecnico-scientifico del CESPIS, Centro Studi Prevenzione, Investigazione e Sicurezza
A più di trent’anni dall’invenzione della prima webcam, torniamo sulla videosorveglianza integrata affrontando la tematica del riconoscimento facciale e della video analisi di massa. Correva l’estate del 1991 e nel mese di luglio, presso l’Università di Cambridge, due ricercatori utilizzarono una telecamera gestita da un software – da loro stessi sviluppato, in grado di trasmettere tre immagini al minuto sulla rete lan dell’ateneo, con uno scopo decisamente strategico: controllare quando finiva il caffè nel distributore automatico! Nessuno avrebbe mai immaginato dove li stava proiettando quella necessità di non rimanere a secco di caffè; si trattò di una geniale intuizione di internet camera cafè, seppur per scopi ludici, ante litteram.
Intuizione tecnologica, seppur disimpegnata, che ci ha catapultato nell’era della sorveglianza 4.0; il generalizzato uso di sistemi integrati di analisi video supportati dalla artificial intelligence – anche grazie al machine learning, il massiccio utilizzo di software specializzati in biometria stanno cambiando radicalmente la percezione della nostra sicurezza collettiva, con possibili ripercussioni sulla nostra libertà, seppur garantita dai vincoli imposti dal GDPR, che regola e protegge l’uso dei nostri dati personali e della nostra identità digitale. L’evoluzione tecnologica della video analysis rappresenta in ogni caso lo stato dell’arte ed analizza i nostri comportamenti , studia i nostri volti, esamina il linguaggio del corpo, l’ambiente circostante, i nostri atteggiamenti. I software di face detection sono ad esempio istruiti a riconoscere le espressioni del nostro volto (felice, triste, allarmato, arrabbiato, sereno, indifferente…)
Dove si sta andando
Dove ci porterà questo sviluppo tecnologico applicato alla rete di telecamere che osservano tutto (dal contenuto del carrello, agli acquisti, dalle passeggiate al nostro modo di vestire), è abbastanza intuibile: le immagini acquisite quotidianamente vengono trasformate in dati aggregati, elaborati, analizzati e raggruppati per finalità di sicurezza ma anche rivenduti, per fini commerciali, come profili di potenziali clienti e consumatori. Le soluzioni tecnologiche non sono più impiegate esclusivamente in ambito security, ma nei settori del retail e nella GDO con scopi di business intelligence per capire i gusti o le scelte dei consumatori, o anche solo per abilitare il cliente al pagamento tramite carta di credito, associandola al suo volto. Oltretutto, un’attenta valutazione della reazione facciale (es. sorriso o smorfia) può evidenziare se il cliente abbia mostrato un sincero interesse per una certa tipologia di prodotto, candidandosi come potenzialmente fidelizzabile.
Hi tech facciale
Sono molteplici le soluzioni tecnologiche di hi-tech facciale che si stanno diffondendo per scopi diversi, maggiormente in campo istituzionale. Proprio come avviene con altri segmenti della AI, questa tecnica video migliora giorno dopo giorno, grazie soprattutto alla raccolta di dati personali che, modellati, consentono di creare una serie di algoritmi predittivi, utilizzabili poi in software che decifreranno con sempre maggior affidabilità tutte le tipologie espressive ed emotive. Ma gli strumenti di sorveglianza video non si limitano ad annotare i nostri comportamenti, potendo anche associarli ad analisi ambientali e comportamentali. E non solo: questi avanzati sistemi video possono rilevare, ad esempio, se un veicolo percorre una strada in senso vietato, quante persone ci sono a bordo, se il comportamento del conducente è consono a codice della strada. Altri esempi: negli scali aeroportuali o ferroviari, possono interpretare se uno stesso bagaglio, inizialmente lasciato dalla persona X, sia poi rimosso dalla persona Y, dunque da soggetti diversi tra loro.
La tecnologia è agnostica
E’ noto che una parte di opinione pubblica consideri il processo identificativo dell’identità personale come un mezzo di controllo fortemente invasivo. Del resto, se nelle democrazie, sebbene la tecnologia si occupi di prevenzione del crimine e tutela della pubblica sicurezza, queste tecnologie già innescano forti dubbi, nelle amministrazioni autoritarie sono oggettivamente utilizzate come strumenti di controllo sociale. Noi ci associamo a Melvin Kranzberg, illustre accademico della storia della tecnologia, che afferma che la tecnologia non presenta natura nè intrinsecamente buona né cattiva, ma neanche neutrale, rappresentando, piuttosto, la madre di tutte le necessità.
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