martedì, 16 aprile 2024

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La Regola Tecnica, questa sconosciuta (parte III)

21/07/2022

di Giovanni Villarosa - Laureato in Scienze dell’Intelligence e della Sicurezza, esperto di Sicurezza Fisica per Infrastrutture, CSO e DPO,membro del comitato tecnico-scientifico del CESPIS, Centro Studi Prevenzione, Investigazione e Sicurezza

Concludiamo l’excursus sulla regola tecnica partito sul numero di Febbraio per concentrarci sulle responsabilità civili ed in particolare sulla Suprema Corte, secondo la quale, anche in assenza specifica normazione tecnica che obblighi precisi adempimenti, è configurabile la responsabilità per danni extracontrattuali conseguenti alla mancata osservanza delle generiche norme di salvaguardia. D’altra parte, l’installatore opera spesso in un contesto eterogeneo che coinvolge più professionisti: è dunque costretto a confrontarsi con progettisti, direttore dei lavori, responsabili della sicurezza. Questo implica possibili e significativi effetti, in termini di responsabilità legali di terzi verso la committenza, ascrivibili però indirettamente anche allo specialista estraneo ai fatti. 

Un classico esempio, che racchiude il tutto, è ben rappresentato da installazioni realizzate in zone classificate, e dunque altamente pericolose; ebbene, il mercato offre soluzioni di protezione per ambienti classificati di tipo “Ex d” ed “Ex tb” che consentono l’impiego, altrimenti impossibile, di strumentazioni e/o tecnologie non progettate per aree pericolose o a rischio di esplosioni.

In questo caso di “scuola” osserviamo diverse figure professionali coinvolte, ma con responsabilità interdipendenti tra loro:

PRODUTTORE - ISTALLATORE - PROGETTISTA

Chi risponde di cosa

Il produttore garantisce l’adeguato livello di sicurezza delle apparecchiature e ne certifica l’idoneità all’installazione nel corretto ambito operativo, vincolato a fornire specifiche tecniche chiare ed esaustive, su impiego, utilizzo, installazione e manutenzione.

Viceversa, il progettista è il responsabile del dimensionamento e della corretta selezione dei componenti certificati, sempre vincolata alle esigenze impiantistiche, operative e di utilizzo, nel pieno rispetto della conformità alle norme e ai limiti delle attestazioni funzionali dei componenti.

Invece, la responsabilità dell’installatore assume una posizione decisamente più ambigua.

L’ambigua posizione dell’installatore

Da quando riceve la documentazione progettuale, sull’installatore ricadono più incombenze: attenersi alle indicazioni dettate dal progetto verificandone però la fattibilità, come il rispetto dei limiti di utilizzo e installazione delle apparecchiature imposti dal produttore, e mai sindacabili, senza apportare modifiche di nessuna natura, anche quando effettuate “a regola d’arte”, considerando che ogni modifica arbitraria annullerà la sicurezza funzionale, pregiudicandone, peraltro, la conformità alle norme di riferimento e, quindi, la validità stessa del certificato, vanificando nel suo complesso l’intera realizzazione. Proprio su tali motivazioni la magistratura ha preso delle contromisure processuali, affidando sempre più tutte le “indagini tecniche”, che riguardassero violazioni nel settore degli impianti tecnologici, con specifici incarichi investigativi volti a verificare la sussistenza giuridica di quell’accorgimento (bonus pater familias) che, quando non diversamente normato, avrebbe potuto evitare il concretizzarsi del danno e/o di un possibile reato, che si realizza in concreto con quanto già raccontato nella parte iniziale del nostro ragionamento, ossia: Perizia, Prudenza e Diligenza!

E la responsabilità penale?

La responsabilità dei professionisti del settore non si esaurisce nell’ambito civile, perché per talune fattispecie viene estesa anche in quello penale, che ricordiamo, nell’ordinamento italiano è tipicamente “personale”. Al riguardo è bene tenere a mente il disposto dei due commi dell’art. 40 del Codice Penale:

• c1, nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione; 

• c2, non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”.

Altri rischi penali

Altri punti chiave del Codice sono l’art. 5 ignoranza della legge penale (leggasi conoscere le leggi della propria professione), l’art. 483, attestazione di falso in atto pubblico (leggasi falsa dichiarazione di conformità), l’art. 449, incendio colposo (leggasi l’errato dimensionamento di un impianto, la sua cattiva realizzazione, l’utilizzo non conforme di materiale e tecnologie), l’art. 451 omissione colposa di cautele/difese (leggasi per colpa, omissione, ovvero rimuovere o rendere inservibili apparecchi destinati alla sicurezza). Emerge con chiarezza che in tutti i campi professionali è l’omissione colposa ad essere punita ed è certamente sulla base di questo elemento principe, ad esempio, che si possono ascrivere ai professionisti fattispecie penali per reati consumati nell’esercizio della propria attività, quando questa ne comporta l’assunzione di una “posizione di garanzia”  (Cassazione sentenza n° 38624/2019), quale ad esempio quelle del progettista o dell’installatore degli impianti tecnologici, quando questi ultimi sono sottoposti a certificazione di legge.

Anche se non succede!

In aggiunta a quanto scritto qualche riga più sopra, per concretizzare la condizione di una qualsiasi responsabilità penale del professionista, non occorre necessariamente l’accadimento reale dell’evento, perché in ambito penale sussistono anche i reati di “mero pericolo”, una fattispecie penale dove viene punito già il semplice insorgere del possibile pericolo per l’incolumità pubblica.

In conclusione

Riassumendo l’intero excursus, che ha coperto ben tre numeri di secsolution magazine, possiamo affermare che: 

• la regola dell’arte va intesa come quel complesso di regole tecniche da rispettare per garantire la realizzazione di opere con un livello minimo di accettabilità, in termini di gestione, efficienza, sostenibilità, durata e sicurezza del sistema reso; 

• un professionista, per poter operare conformemente alla regola d’arte deve anzitutto conoscere e applicare le relative norme tecniche di settore supportate dalla normativa giuridica di salvaguardia; sul punto, solamente gli impianti realizzati in conformità alle normative CEI/EN, sono, per la nostra legislazione, si possono considerare “a regola d’arte”; 

• ricevendo un progetto, dovrà essere sempre all’altezza di interpretarlo correttamente, come, peraltro, capace di stabilirne le carenze e le non rispondenze, compatibilmente alle conoscenze e capacità tecniche limitate al suo profilo professionale;

• al termine dei lavori dovrà sempre effettuare tutte le prove funzionali e le verifiche di sicurezza, certificando il tutto in accountability agli obblighi normativi. 

• In ultimo: assecondare erroneamente il committente danneggerà inevitabilmente la credibilità del professionista, poiché le non conformità rappresentano una chiara responsabilità amministrativa, civile e penale, sulla quale poi la committenza potrebbe rivalersi, anzitutto per discolparsi di fronte all’Autorità.



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