L’impronta digitale è tecnicamente l’immagine lasciata dai dermatoglifi dell’ultima falange delle dita delle mani. Il dermatoglifo è il risultato dell’alternarsi delle creste e dei solchi che sono presenti sul palmo delle mani, sulle piante dei piedi e sui polpastrelli delle dita. Oggi sappiamo che esse si formano definitivamente già all’ottavo mese di gravidanza e che non cambiano per l’intera durata della vita.
Questa caratteristica ha reso l’impronta digitale (e per estensione tutte le tecnologie legate allo studio della biometria – rilevazione volto, iride, geometria della mano) uno strumento formidabile per il riconoscimento univoco delle persone, principalmente in ambito di polizia.
Per l’investigatore più geniale di tutti i tempi, Sherlock Holmes, le impronte digitali non avevano particolare interesse. Il racconto del 1903 “Il costruttore di Norwood”, ad esempio, racconta di un caso di simulazione di omicidio dove l’assassino, per far ricadere la colpa su un rivale, fa trovare sul muro l’impronta insanguinata di un pollice sottratta al malcapitato da un sigillo di ceralacca.
Danilo Giovanelli - Solution Engineer presso Eter Biometric Technologies srl - prosegue nel suo articolo questa trattazione.
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