MILANO - La Corte di giustizia europea ha bocciato le normative nazionali che impongono la raccolta e la conservazione indiscriminata dei dati personali da parte delle società di telecomunicazioni e di quelle tecnologiche che operano in questo settore, confermando che il diritto dell'Unione si oppone a questo tipo di disposizioni, salvo quando siano giustificate da una "grave minaccia" alla sicurezza nazionale.
I giudici europei hanno emesso infatti due sentenze (Causa C-623/17 e Causa C-623/17) che riguardano casi di applicazione della direttiva Ue sulla privacy (in particolare per quanto riguarda le cosiddette comunicazioni elettroniche) sollevati dalle autorità del Regno Unito, della Francia e del Belgio.
La Corte ha quindi stabilito che norme nazionali che introducano "la conservazione generalizzata e indifferenziata dei dati relativi al traffico e alla localizzazione delle persone" sono in contrasto con quanto stabilito dalla direttiva europea. Limitazioni al diritto alla privacy degli utenti possono essere introdotte in deroga alla direttiva, secondo i giudici, solo in presenza di "gravi minacce" alla sicurezza e per un periodo di tempo limitato "allo stretto necessario".
In caso del persistere della minaccia, tali limitazioni possono non sussistere, così come nel caso di gravi reati criminali e per la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica. La Corte sottolinea però che, una "ingerenza di tale portata nei diritti fondamentali dei cittadini deve essere accompagna dalle necessarie garanzie ed essere soggetta al controllo di un giudice o di un'autorità amministrativa indipendente".
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