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Diritto all’oblio sul web, le posizioni di Stasburgo e Senato italiano

04/11/2017

MILANO - Quello del “diritto all’oblio” è un tema molto attuale e da Strasburgo giunge un netto no. In contemporanea arriva invece un sì, altrettanto netto, dal Senato italiano. Su un tema sensibile e assai discusso, quello del diritto del singolo di chiedere la definitiva cancellazione di una notizia che lo riguarda e che egli ritiene diffamatoria, dagli archivi dei giornali e quindi anche dalle pagine web, giunge quindi una doppia e opposta lettura.

La prima risale al 19 ottobre scorso ed è contenuta in una decisione della Corte dei diritti umani di Strasburgo (la 71233/13), che esamina il ricorso di un uomo d’affari ucraino, residente in Germania, che si riteneva diffamato da un articolo che lo riguardava pubblicato dal New York Times, in cui si parlava di suoi rapporti con la criminalità. Chiedeva ai giudici della Corte internazionale di cancellare la notizia dopo aver ottenuto un diniego da parte delle toghe tedesche.

Un no è però arrivato anche da Strasburgo, che ha ritenuto fosse da privilegiare la libertà di stampa. In Italia si va esattamente nella direzione opposta, perché al Senato, in commissione Giustizia, è stato annunciato di recente un emendamento della relatrice Rosanna Filippin, che vuole incaricare il Garante della Privacy Antonello Soro di decidere sulle notizie ritenute diffamatorie da cancellare, anche in assenza di un condanna definitiva che attesti l’effettiva diffamazione. In commissione ha fatto sentire la sua voce contraria l’ex giudice istruttore Felice Casson, vice presidente della commissione ed esponente di Mdp. Per Casson, in linea con Strasburgo, “va tutelata la libertà di stampa e la garanzia di poter fare ricerche storiche”. Di conseguenza, la cancellazione è possibile solo dopo una sentenza di condanna definitiva.

Il Garante Soro, nel mese di agosto, aveva ordinato la cancellazione di un articolo che riguardava una notizia resa ormai inattuale dalla decisione di un giudice; l’articolo scritto a ridosso dei fatti doveva essere quindi essere soppresso. In questo caso, a suggerire cautela, era intervenuta l’avvocato Caterina Malavenda, esperta di diritto dell’informazione, che distingueva tra l’uomo pubblico e un qualsiasi cittadino. “Il passato diventa rilevante e l’interesse pubblico prevale se il soggetto sale su un palcoscenico pubblico. Ad esempio, un politico condannato in passato per droga, se si candida con una campagna contro le droghe leggere, non può invocare il diritto all’oblio”. È assai improbabile che il testo sulla diffamazione possa essere definitivamente approvato dal Senato e poi anche dalla Camera, ma rimane politicamente il via libera del Pd, con l’emendamento Filippin, ad affidare a Soro il compito di cancellare per sempre delle notizie.

(Fonte: Repubblica)



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