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Cyber security, Italia fanalino di coda

29/08/2017

MILANO - Il secondo incontro di Economia sotto l’Ombrellone, organizzato il 9 agosto scorso da Eo Ipso, a Lignano Sabbiadoro (UD) recava l'eloquente titolo: “Cyber Macumba - l’importanza di sapersi difendere”.

Alcuni esperti hanno illustrato ai numerosi presenti alcune “mosse” in grado di aiutare a limitare la possibilità di incorrere in attacchi informatici. Eseguire backup abbastanza frequenti salvando i propri dati su hard disk esterni che non devono essere tenuti collegati alla rete; utilizzare password non troppo semplici, modificandole spesso e non salvandole mai online; dotarsi di antivirus aggiornati; non aprire e-mail e file dei quali non si conosce la provenienza o che destino anche un minimo sospetto; non cedere ad eventuali richieste di riscatto per riottenere i dati rubati, perché solo nel 2,5% dei casi i cyber criminali dopo il pagamento restituiscono realmente quanto estorto.

Sono questi alcuni dei suggerimenti offerti nel corso degli incontri, moderati dal giornalista Carlo Tomaso Parmegiani, Nicola Bosello, amministratore delegato della società informatica Nordest Servizi e Manuel Cacitti, consulente di cybersicurezza a livello internazionale, che hanno sottolineato l’importanza, da parte delle aziende, di investire nella cybersecurity senza aspettare di scoprire di essere vulnerabili, quando è troppo tardi.

“Possono essere suggerimenti anche banali, ma sono necessari visto che, purtroppo - ha spiegato Bosello, la cui azienda vede un aumento esponenziale nelle richieste di aiuto per riparare i danni causati da attacchi informatici - l’Italia è entrata nella poco invidiabile top ten mondiale per numero e gravità degli attacchi informatici subiti. Ciò è una diretta conseguenza sia della poca disponibilità di persone qualificate in ambito ICT dato che da noi solo il 2,5% degli impiegati delle aziende (pubbliche e private) sono esperti nel settore, contro il 3,7% della media europea, sia degli scarsi investimenti nell’ambito della sicurezza informatica dimostrati dal fatto che in Italia solo un euro su 66 spesi nel campo dell’ICT è dedicato alla cybersecurity con un impatto sul Pil dello 0,05%, mentre in Germania gli investimenti sulla sicurezza informatica sono 30 volte superiori e impattano sul Pil tedesco per l’1,6%”.

Cacitti ha quindi aggiunto: “Il 2016 è stato per l’Italia l’annus horribilis per la vulnerabilità agli attacchi informatici. Secondo l’ultimo rapporto Clusit (l'associazione italiana per la sicurezza informatica) dopo 8 anni consecutivi di miglioramenti nella cybersecurity delle aziende italiane, nel 2016 siamo ripiombati in una situazione pessima e il 2017 è iniziato ancora peggio. Si tratta - ha aggiunto - di problemi ampiamente sottostimati sia per i danni personali e psicologici, sia per quelli economici. Si stima che solo in Italia siano stati pagati ricatti informatici (quasi sempre inutilmente) per una somma che oscilla fra i 23 e 26 milioni di euro. Occorre - ha continuato - aumentare la cultura della sicurezza informatica e la consapevolezza dei rischi che si corrono, comprendendo che l’anello debole in questo campo rimane l’uomo con i suoi comportamenti errati. La prima cosa da fare per combattere i cyber criminali è essere più attenti”.

Nella seconda parte dell’incontro i relatori si sono concentrati sul problema della carenza di figure professionali in un settore in continua espansione. Nonostante il continuo aumento di iscritti ai vari corsi proposti dalle università, i laureati in informatica sono infatti assolutamente insufficienti a coprire le richieste delle aziende.

 


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http://www.eoipso.it/



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