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W la Privacy

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Videosorveglianza negli spazi comuni di un edificio, da Messina una sentenza interessante

04/09/2012

MESSINA- Se a beneficiarne è la sicurezza, allora “sì” al sistema di videosorveglianza negli spazi comuni di un edificio senza timori di violazione della privacy. Ad affermare questo principio è la Cassazione, che nei giorni scorsi ha accolto il ricorso del proprietario di un palazzo di Messina a cui era stato imposto di rimuovere l'impianto di videosorveglianza posto sul cancello e sul portone d'ingresso del fabbricato che aveva installato a seguito di alcune intimidazioni risalenti a due anni prima. La Suprema Corte ha ribaltato il verdetto del Tribunale di Messina, affermando il principio che: “se l'azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti (nella specie si tratta dello spazio, esterno del fabbricato, intercorrente fra il cancello e il portone d'ingresso), il titolare del domicilio non può accampare una pretesa alla riservatezza”.

 

Per quanto riguarda la questione specifica, la Prima sezione civile annota che era stata l'assegnataria di un immobile del suocero, proprietario dell'intero stabile, a rivendicare una violazione della privacy. L'inquilina sosteneva inoltre che le minacce risalivano a due anni prima rispetto alla predisposizione dell'impianto di videosorveglianza. La tesi difensiva era stata accolta dal Tribunale di Messina che, nell'aprile 2009, aveva ordinato la rimozione dell'impianto. La Prima Sezione Civile della Cassazione, nella sentenza n.14346, capovolge il verdetto, acccogliendo il ricorso del proprietario del palazzo.

 

Queste le motivazioni: “con riferimento al criterio fondato sulla verifica di eventuali interferenze illecite nella vita privata, l'installazione dell'impianto di videosorveglianza non è lesivo della privacy”. Vien inoltre rimarcato il fatto che “le aree comuni non rientrano nei concetti di “domicilio”, “privata dimora” e neppure “'appartenenze di essi”. Queste denominazioni individuano una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui si svolge la sua vita privata, in modo da sottrarla a ngerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza”. La Suprema Corte, sul caso in questione, sottolinea anche che “i luoghi sottoposti a videosorveglianza sono destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica non si estende alle immagini eventualmente qui riprese”.

 

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