ROMA - Con la sentenza nella causa C-311/18, che risale allo scorso 16 luglio, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha invalidato il Privacy Shield, ovvero l’accordo, ampiamente diffuso, con cui grandi organizzazioni e multinazionali potevano fino ad ora legittimare il trasferimento di dati personali tra Europa e Stati Uniti.
Secondo i giudici della Corte, il Privacy Shield non fornisce ai cittadini europei sufficienti garanzie contro le leggi statunitensi in materia di sorveglianza e sicurezza della privacy, e perciò ai sensi del Gdpr il trasferimento di dati dall’Ue verso un Paese terzo può avvenire, in linea di principio, “solo se tale Paese terzo garantisce un adeguato livello di protezione".
Se l’annullamento del Privacy Shield rappresenta una vittoria per gli attivisti della privacy che da tempo accusavano gli Stati Uniti per le pratiche invasive e di sorveglianza inammissibili sui cittadini europei, la decisione dei giudici sarà ora ragione di problemi alle multinazionali americane e europee, il cui business si basa proprio sul trasferimento e l’utilizzo di dati personali.
Società come Facebook, Apple, Google, ed Amazon, dovranno quindi ripensare le loro strategie industriali per adeguarsi alla decisione della Corte dell’Unione Europea.
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