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Corte di Giustizia Europea: importante decisione su privacy e videosorveglianza nei condomini

27/12/2019

MILANO - La Corte di Giustizia europea di recente preso un'importante decisione sul tema della videosorveglianza nelle parti comuni del condominio. I giudici hanno infatti stabilito che non è necessaria una delibera dell'assemblea per l’installazione di telecamere nelle parti comuni di un edificio.

Lo scorso 11 dicembre, la terza sezione della Corte di Giustizia europea ha sancito un principio di diritto secondo cui gli impianti di videosorveglianza installati nelle aree comuni degli edifici, nel caso in cui abbiano come obiettivo un interesse pubblico, non richiedono autorizzazione preventiva da parte dell’assemblea. La condizione è che vengano rispettati  i requisiti previsti dall’artt. 6, par. 1, lettera c), e 7, lettera f), della direttiva 95/46/CE contemperati dai principi sanciti nella Carta di Nizza (artt. 7 e 8).

La questione affrontata

Nel caso C-708/18, sottoposto alla cognizione della Corte, l’impianto di videosorveglianza era stato installato dall’associazione dei condomini di un palazzo in Romania, per finalità di tutela delle persone e delle parti comuni. Questa installazione non era stata preceduta dal consenso dell’assemblea condominiale e un condomino aveva lamentato la violazione del diritto al rispetto della vita privata, chiedendone la rimozione.

L’associazione dei condomini affermava invece che l’installazione del sistema di videosorveglianza era stato ritenuta indipensabile per la sicurezza dei beni comuni, vista la non efficacia di altri sistemi di sicurezza utilizzati in precedenza.

Il Tribunale rumeno, chiamato a dirimere la controversia, ha stabilito, sospendendo il giudizio, di rivolgersi alla CGUE per ottenere chiarimenti sulla corretta applicazione della disciplina europea in materia di videosorveglianza. La Corte ha esaminato le norme contenute negli artt. 6, par. 1, lettera c), e 7, lettera f), della direttiva 95/46/CE, previgente all’attuale GDPR, applicabili a questo specifico caso. La decisione della Corte assume un particolare significato, nonostante il mutato quadro normativo, perché le predette disposizioni sono state recepite anche dal GDPR e trasposte negli articoli 5, co. 1, lett. c e 6, co. 1, lett. f.

Le ragioni della decisione

La Corte di giustizia europea è partita da un assunto molto importante, dal quale si sviluppano i motivi della decisione. Secondo i giudici europei: “un sistema di videosorveglianza mediante telecamere deve essere qualificato come trattamento di dati personali automatizzato, ai sensi della disposizione sopra citata, qualora il dispositivo installato permetta di registrare e di stoccare dati personali, come delle immagini che consentano di identificare delle persone fisiche. Incombe al giudice del rinvio verificare se il sistema controverso nel procedimento principale presenti caratteristiche siffatte”.

Per poter essere considerato legittimo, un trattamento di dati personali deve rispettare tre condizioni: il perseguimento di un legittimo interesse da parte del responsabile del trattamento oppure da parte del terzo o dei terzi cui vengono comunicati i dati; la necessità del trattamento dei dati personali per la realizzazione del legittimo interesse perseguito; l’esigenza che i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata dalla protezione dei dati non prevalgano sul legittimo interesse perseguito (sentenza caso C-708/18).

Interesse legittimo, base giuridica del trattamento

In riferimento alla prima condizione, la Corte ha deciso che l’interesse perseguito dall’associazione dei condomini con l’istallazione del sistema di videosorveglianza, vale a dire la protezione dei beni, della salute e della vita dei condomini di un immobile, è suscettibile di essere qualificato come “legittimo interesse”. La Corte ha, inoltre, precisato che l’interesse legittimo sotteso al trattamento deve, da un lato, essere "comprovato" e, dall’altro, essere "esistente e attuale al momento del trattamento".

Necessità del trattamento e minimizzazione dei dati raccolti

Riferendosi alla seconda condizione, la CGUE ha sentenziato nel caso di specie che sarà il giudice rumeno a stabilire se il trattamento dei dati personali sia necessario ai fini del raggiungimento dell’interesse legittimo (cioè la tutela personale dei condomini e dei beni comuni), essendo stato già verificato il requisito della proporzionalità (gli altri mezzi di sicurezza utilizzati si era dimostrati inefficaci). In questo specifico caso, il giudice del rinvio nella propria decisione, dovrà fare specifico riferimento al principio della minimizzazione dei dati  raccolti.

Bilanciamento degli interessi in gioco

La Corte di Giustizia dell’UE afferma infine che nel trattamento dei dati personali è necessario bilanciare e soppesare i diversi e opposti diritti in gioco. I giudici europei quindi sostengono che: “si deve segnatamente tener conto della natura dei dati personali [trattati], e in particolare della loro natura eventualmente sensibile, nonché della natura e delle modalità concrete del trattamento dei dati di cui trattasi, in particolare del numero di persone che hanno accesso a tali dati e delle modalità di accesso a questi ultimi – nonché valutare  –  le ragionevoli aspettative della persona interessata a che i propri dati personali non vengano trattati qualora, nelle circostanze del caso di specie, detta persona non possa ragionevolmente attendersi un successivo trattamento dei dati stessi”.

La Corte europea non entra nel merito rinviando al Tribunale di Budapest il giudizio sul suddetto bilanciamento.

 

 

    



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