giovedì, 28 marzo 2024

Interviste

Dalle performance Z-Wave alle provocazioni in tema di IoT e Smart Home: a colloquio con Christian Pätz

Intervista a Christian Pätz, CEO Z-Wave Europe

29/04/2016

 “Abbiamo iniziato ad importare dispositivi Z-Wave in Europa nel 2008, costruendo il nostro business da zero. Attualmente siamo il più grande distributore B2B in Europa”: il successo  dell’ecosistema Z-Wave sintetizzato nelle parole di Christian Pätz, CEO Z-Wave Europe, intervistato a Taipei, nel corso di Secutech 2016. Nell’intervista rilasciata alla nostra testata, oltre a riassumere la brillante esperienza di Z-Wave in Europa, Pätz affronta senza pregiudizi alcuni temi chiave del mercato, come l’IoT e la Smart Home, ridefinendone ruoli e ambiti.

Il manager si sofferma anche sugli errori più comuni nel rapporto con i consumatori,  errori determinati spesso dall’incapacità di adeguare l’approccio alle differenti tipologie di utilizzatori. Gli “early adopters”, per esempio, la cui familiarità con la tecnologia li porta a sperimentare e ad apprezzare anche prodotti nuovi, o i  “technology savvy”, esperti ed esigenti,  e i “pragmatists”, gli utilizzatori più comuni (il 30-40% del mercato) che, prima di sposare tecnologie e prodotti, preferiscono attendere il raggiungimento di determinati traguardi di maturità e stabilità.

Z-Wave: può dirci di che cosa si tratta e quali sono gli obiettivi?

Generalmente si parla di Z-Wave come di una “tecnologia” ma piuttosto direi che è un ecosistema. Nella Smart Home si fa spesso riferimento al concetto di “standard” e ogni anno c’è qualcuno che vuole sostituire lo standard precedente, ma nessuno ci riesce. Questo perché gli standard non cambiano il mondo né creano mercati; quello che invece crea mercato è la richiesta di una soluzione. Nel nostro mondo Smart Home parliamo di illuminazione, sicurezza, riscaldamento, sensori, entertainment… è un ambito molto diversificato.

In qualità di utente finale, acquisterò la mia serratura da un produttore del settore, e farò lo stesso per l’impianto di riscaldamento ecc., ma per controllare tutti questi dispositivi dovrò dotarmi di un qualche sistema di comunicazione fra tutti questi attori. Questa è la sfida. L’ecosistema offre questo tipo di servizio, ecco a cosa serve Z-Wave! Abbiamo alle spalle una storia di oltre 10 anni e tuttora esistono dispositivi Z-Wave funzionanti. Qui si sta parlando di interoperabilità, ma anche di sostenibilità in termini di installazione, perché se acquisto e installo un qualche impianto, pretendo che duri nel tempo.

Cosa può dirci della sua esperienza personale all’interno di questa azienda?

Sono il CEO di Z-Wave e abbiamo iniziato ad importare dispositivi Z-Wave in Europa nel 2008, quando ancora non esistevano né clienti né prodotti Z-Wave. Così abbiamo costruito il nostro business da zero. Attualmente siamo il più grande distributore B2B in Europa, e copriamo tutto il mercato di quest’area, dall’Islanda a Cipro.

Negli ultimi anni siamo forse cresciuti a un ritmo ancora più sostenuto del mercato (quindi oltre il 30%), il che significa che abbiamo eroso quote di mercato (in Germania e Gran Bretagna) ai cosiddetti “sistemi proprietari”. Sei anni fa questi coprivano il 100% del mercato e ora questa quota sta diminuendo, riflettendo una tendenza più ampia a scapito dei sistemi proprietari.

Il mercato Smart Home sta crescendo, e in quali aree del mondo? Cosa può dirci dell’Italia?

Assistiamo a una crescita sostenuta, sì, ma non si tratta di un boom. Tutti si aspettano che questo ambito cambi il mercato in un baleno, ma non accadrà, il che è un bene. Stiamo vivendo una crescita sana, sia nell’area del Do It Yourself (DIY) in nazioni come la Germania e l’Olanda o la Svezia, che sono davvero forti in questo settore, sia nell’area delle installazioni professionali, come nel Medio Oriente, in Spagna o in Russia. Al momento il DIY sta crescendo di più, forse perché a volte gli installatori sono più lenti nell’adozione tecnologica. Anche la Turchia sta aumentando il proprio interesse nel DIY, al contrario di Italia e Spagna… e non riesco a capire esattamente perché, dal momento che gli italiani sono sempre stati creativi e disponibili a cimentarsi con le nuove tecnologie.

Crede che il servizio post vendita influisca sulla fiducia del consumatore in questo settore?

Dipende dal compratore. Lasciando perdere i cosiddetti “early adopters” (che rappresentano solo il 2% della popolazione) e concentrandoci sul 10 % composto da persone che si definiscono “technology savvy” (il vero target del DIY), il servizio post vendita per loro non è poi così importante. Ma la fetta più interessante del mercato (30-40%) è rappresentata dai “early pragmatic maturity” e la triste realtà è che nessuno sta vendendo a questa  categoria, almeno non nel segmento DIY. I rivenditori tipicamente si rivolgono a questa popolazione attraverso e-tailers, che invece è un metodo più efficace per gli “early adopters”. Le persone “technology savvy” raccolgono informazioni online e comprano online. Mentre le persone comuni, le “early pragmatic maturity”, sono più istintivi  e semplicemente dicono “mi piace questo prodotto, voglio averlo”. Abbiamo lavorato con Media Markt in Germania ed imparato molto dall’esperienza, ma non funziona. Quello che adesso va per la maggiore è la vendita online.

In tutto questo non ha mai nominato l’IoT, come mai?

Forse perché nessuno mi ha mai spiegato cosa sia! Ci sono diverse storie in circolazione ma nessuna mi convince. Si tratta di avere più sensori? Ma una cosa del genere esisteva già dieci anni fa! Big data? Non credo. Internet of Things vuol dire avere tutto sullo stesso indirizzo IP? Non sono nemmeno sicuro di volerlo. Se dovessi fare una previsione, direi che tra 5 anni non lo chiameremo nemmeno più così.  Continueremo ad avere sensori connessi o una grande centrale intelligente che controllerà il tutto, ma non li chiameremo certo IoT, specialmente se vorremo venderli ai consumatori.

E della Smart Home cosa pensa? Anche su questo fronte è scettico?

Nemmeno la Smart Home ci sta rendendo la vita facile! Nessuno vuole che la propria casa sia Smart. In primo luogo perché ciò che vendiamo non è “Smart Home”, semmai è una “Connected/Networked Home”. Secondo Wikipedia “Smart” ha a che fare con l’intelligenza, e l’intelligenza implica trarre conclusioni dai dati. E noi non stiamo facendo niente di tutto ciò, connettiamo solamente le case.

http://new.zwave.eu/index.php?id=13&L=1

 

 



Tutte le interviste