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Controllo accessi: se chi entra è sotto scacco

22/01/2021

della Redazione

Può sembrare la scena di un film. Un addetto si appresta ad accedere a un’area ad alto rischio dove sono custoditi oggetti preziosi. Mentre sta presentando il suo badge al lettore per entrare, sente la canna di una pistola puntata alla schiena. Il malvivente di turno intende sfruttare la situazione favorevole per introdursi nel locale e fare man bassa di tutto o parte del contenuto. L’uomo sotto minaccia non può che obbedire. La sua vita è appesa a un filo, i beni sono in pericolo. Non resta che rassegnarsi oppure il sistema elettronico che controlla l’accesso può fare qualcosa?

Fra le varie tipologie di aree a rischio sottoposte al controllo elettronico degli accessi ve ne possono essere alcune destinate a custodire beni, materiali o immateriali, di particolare valore. Si pensi, ad esempio, a un caveau in cui sono conservati oggetti preziosi o a un archivio contenente segreti industriali. Un locale di questo tipo, se dotato di sufficienti misure di protezione a livello fisico (pareti, infissi ecc.) ed elettronico (sistema d’allarme, controllo accessi ecc.), offre un contrasto notevole a chi intenda accedervi furtivamente. Al malvivente di turno, quindi, per raggiungere il suo scopo, non resta che imporre l’apertura della porta con la forza, magari sfruttando il momento propizio in cui l’utente sta per accedere.

Accesso sotto stato di costrizione

Quando è in gioco la propria incolumità, salvo situazioni particolari, l’addetto è tenuto a non opporre resistenza e ad assecondare la volontà del ladro. Tra l’altro, trovandosi obiettivamente in uno stato di effettiva costrizione, egli non sarebbe comunque passibile di alcun reato. A meno, naturalmente, che non si tratti di connivenza o favoreggiamento. La materia è ampiamente trattata nel Codice penale. Significa allora che bisogna rassegnarsi e assistere passivamente al furto? Non proprio. Oltre al servizio di videosorveglianza (in questi casi sempre presente ma anche neutralizzabile), alcune funzionalità previste nel sistema elettronico che controlla gli accessi all’area critica possono essere d’aiuto per gestire al meglio la situazione, senza mettere a repentaglio la vita del malcapitato.

Identificazione a due fattori

I varchi delle aree che presentano un rischio elevato e potenzialmente soggette a un accesso sotto stato di costrizione, oltre a una struttura fisica adeguata, devono innanzi tutto prevedere un efficace sistema d’identificazione automatica. Per entrare e uscire, insomma, il semplice badge non basta. La tecnica di riconoscimento più diffusa ed economica in questi casi si basa su due fattori di autenticazione: la classica card (meglio se RFId) e il PIN (Personal Identification Number). La persona, dopo aver presentato o strisciato la propria tessera nel lettore, digita su una tastierina un codice numerico individuale di quattro o cinque cifre. Così facendo il livello di sicurezza sale notevolmente. Mentre il badge, infatti, può essere sottratto e utilizzato, il PIN è segreto, ovvero noto solo all’utente. La soluzione più sicura, tuttavia, consiste nell’adottare un riconoscimento di tipo biometrico (verifica delle impronte digitali, geometria tridimensionale della mano ecc.).

Notificazione dell’evento

Come dovrebbe comportarsi un addetto qualora dovesse subire atti di violenza da parte di un estraneo, il cui intento è ottenere a ogni costo l’apertura della porta? Niente di più del solito. Ammesso, naturalmente, che riesca a mantenere la calma e a conservare un po’ di lucidità. Per comunicare l’evento all’esterno e chiedere aiuto non è necessario adottare le classiche misure previste in caso di emergenza (con la conseguente possibile reazione del malvivente). È sufficiente, invece, seguire una semplice, quanto efficace, procedura presente nella maggior parte dei sistemi elettronici di controllo accessi: digitare un codice speciale al posto del PIN. Il codice può essere di una o più tipologie: il valore del PIN aumentato o diminuito di un’unità oppure una sequenza di cifre non riscontrabile in alcun altro PIN gestito dal sistema. In quest’ultimo caso gli americani, ad esempio, usano il numero unico di emergenza 911; in Italia si suggerisce di non utilizzare né il 112 né il 113 (il malevolo potrebbe insospettirsi e reagire).

Segnalazione discreta a distanza

Una volta che la persona è stata riconosciuta tramite un PIN speciale, il sistema di controllo accessi apre regolarmente la porta generando, però, un evento di allarme “discreto” (accesso sotto stato di costrizione) con l’indicazione dell’edificio in cui si è verificato, l’area, il varco, il nome della persona coinvolta, la data e l’ora ecc. L’evento – evidenziato sul monitor e rilevato dal personale di guardia presente sul posto oppure notificato a distanza (via e-mail, SMS ecc.) – permette al responsabile di prendere il provvedimento che ritiene più saggio e opportuno. In genere questo tipo di notificazione è accompagnato anche da una segnalazione di più basso livello ma altrettanto utile: la chiusura temporizzata di un contatto da utilizzare per avviare il sistema di videoripresa locale oppure per attivare un dispositivo ottico remoto ed eventualmente anche sonoro (purché non sia udibile dal luogo in cui il fatto sta accadendo).

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