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Smart Home col vento in poppa, ma resta tanto da fare

30/04/2019

della Redazione

+ 52% sul 2017, per un valore di 380 milioni di euro nel 2018. Sono i dati diffusi dall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano sul mercato italiano della casa connessa (Building automation e domotica). L’Italia cresce quindi ad un ritmo importante, superando anche colleghi europei come la Spagna, anche se Germania e Gran Bretagna vantano un mercato sei volte più grande del nostro. Bene quindi, ma resta ancora molto da fare.

La sicurezza sembra abbia trovato la chiave d’accesso a questo importante patrimonio di mercato, in genere più attratto dalle potenzialità di risparmio energetico. La quota maggiore di mercato (35%) risulta infatti essere legata alle soluzioni per la sicurezza, che presentano un valore di 130 milioni di euro. Si tratta di soluzioni che puntano sempre di più sui servizi offerti, con l’attivazione di centrali operative e pronto intervento 24 ore su 24 in caso di tentativi di infrazione. 

Cosa si vende 

In seconda posizione troviamo gli smart home speaker, ossia dispositivi comandabili tramite la voce che consentono di ricevere informazioni e di impartire comandi, con il 16% del mercato. Gli imponenti sforzi di comunicazione e marketing portati da colossi come Google Home e Amazon Eco hanno peraltro fatto da volàno alla crescita dell’intero comparto. I dispositivi che seguono (elettrodomestici con il 14%, caldaie, termostati e condizionatori per riscaldamento e climatizzazione con il 12% e soluzioni per la gestione dell’illuminazione, con un importante +50%) sono stati infatti trainati dalla novità degli home speaker, che rcevendo informazioni (es. sul meteo o sul traffico) sono in grado di impartire vocalmente dei comandi: dall’accensione della luce alla regolazione della temperatura.

Come si vende

In termini di canali di vendita, la filiera “tradizionale” - caratterizzata dalla figura dell’installatore come punto di contatto con i clienti - continua a svolgere un ruolo importante, veicolando prodotti e servizi per circa 190 milioni di euro (50% del mercato, +10% rispetto al 2017), ma ha perso quote  a favore degli eRetailer20 (78 milioni di euro, +140%) e dei retailer multicanale (72 milioni di euro, +180%), che assieme coagulano il 40% del mercato. Più limitate, almeno ad oggi, le vendite da parte di telco, assicurazioni e utility, che assommano circa il 10% del mercato. 

Ma cosa sta scalzando l’installatore dal suo contatto privilegiato con i clienti? Da un lato l’avanzata di soluzioni installabili in autonomia dagli utenti (il tanto temuto DIY) e un approccio forse un po’ conservativo adottato dalla filiera tradizionale rispetto alle novità e opportunità dell’IoT per la casa.

Chi compra

Di buono c’è che, complice anche il battage pubblicitario di Google e Amazone, la Smart Home è oggi sempre più conosciuta. Oggetti smart sono già presenti nel 41% delle abitazioni italiane (+3%), anche se gran parte dell’utenza non ne usa le funzionalità smart (42%). Per il 2019, destano interesse le soluzioni per gestire l’illuminazione (20%) e gli smart home speaker (14%), anche se sono ancora pochi gli utenti che intendono davvero acquistare dei prodotti smart: il 35% dei clienti pensa di acquistarne in un futuro che spazia dai prossimi 12 mesi (10%) ai prossimi tre anni (25%). Quindi, l’interesse è vivo, ma per gli acquisti l’orizzonte temporale è ancora ampio. 

Cosa manca

Secondo l’indagine del Politecnico di Milano, tra le note dolenti si ravvisa la carenza di servizi che possano essere percepiti come un valore aggiunto dagli utenti. Solo nel 29% dei casi è infatti presente almeno un servizio nella soluzione offerta, e spesso sono servizi basic (gestione dati su cloud o invio di notifiche push in caso di imprevisto). Tuttavia nel 2018 si sono diffuse soluzioni che prevedono il pronto intervento 24 ore su 24 in caso di tentativo di infrazione e la manutenzione gestita grazie al monitoraggio a distanza del funzionamento degli elettrodomestici. All’estero – prosegue il report - si iniziano ad osservare esempi più evoluti, come le serrature e le videocamere smart per consentire ai corrieri di consegnare pacchi in casa o nel garage dell’acquirente anche quando non c’è nessuno, con potenziali ricadute molto positive sull’eCommerce.

E i dati?

Le applicazioni di Smart Home consentono di raccogliere moltissimi dati sul funzionamento dei dispositivi connessi e quindi – a cascata - sul comportamento delle persone in casa propria. Si tratta di un ricchissimo patrimonio dal quale sarebbe un vero peccato non cercare di estrarre valore.

Ma come estrarre valore dalle tantissime informazioni raccolte dalle applicazioni di Smart Home e al contempo proteggere la privacy degli utenti e difenderli da possibili azioni di hacking? Ci sta pensando anche l’Europa, che dopo il GDPR impone alle aziende della Smart Home una compliancy e a breve introdurrà una certificazione per gli oggetti connessi. In futuro le aziende dovranno quindi superare i test europei prima di poter vendere un prodotto smart, così da garantire la sicurezza dei dati raccolti e trasmessi.

La versione integrale dell’articolo riporta tabelle, box o figure, per visualizzarle apri il pdf allegato.  

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