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La TVCC sotto la lente

14/01/2019

di Ilaria Garaffoni

Quarta edizione per The Video Surveillance Report, annuale indagine di IFSEC Global sui trend e le novità in tema di videosorveglianza basate sulle risposte di 243 professionisti (installatori, integratori, consulenti, responsabili sicurezza). Tra le conclusioni più rilevanti, si stagliano l’evoluzione del TVCC (nuove ed entusiasmanti opportunità di impiego, sofisticazione sempre più elevata, aumento delle performance richieste dalla domanda ed offerte dal mercato), ma anche i suoi possibili effetti collaterali (maggiore richiesta di banda, storage, sicurezza cyber, assistenza tecnica di alto livello). E se i produttori alzano sempre più l’asticella dell’innovazione tecnologica, non è detto che gli operatori possano dirsi altrettanto all’avanguardia.

Fino a pochi anni fa la videosorveglianza aveva solo due funzioni: operare da deterrente e/o fornire evidenze probatorie da esibire in tribunale. Il potenziale deterrente è spesso stato contestato, anche perché oggettivamente non misurabile, anche se l’evoluzione tecnologica, portando risoluzioni sempre più elevate e riprese che forniscono ormai vere informazioni immediatamente fruibili ma ad alta sofisticazione, hanno reso la TVCC sempre più attendibile nel fornire materiale giudiziario e quindi, è lecito supporre, anche sul fronte della deterrenza.

NUOVA OPERATIVITÀ ED EFFETTI COLLATERALI

Ma l’innovazione è andata ben oltre la security stessa: la tecnologia permette oggi di ritrovare persone scomparse, allertare le autorità di movimenti di sospetti e terroristi, generare dati di intelligence con benefici non solo in termini di sicurezza, ma anche di ottimizzazione del lavoro, dell’organizzazione e dei consumi energetici, in una parola: del business. La TVCC è insomma uscita dalla sindrome della sicurezza per abbracciare spazi operativi (e dunque commerciali) ben più ampi e circostanziati. Naturalmente, però, ogni evoluzione porta con sé degli effetti collaterali: più la videosorveglianza viene riconosciuta nel suo valore e dunque maggiormente utilizzata, più crescono, per fare un esempio banale, la richiesta di storage e di banda e più i guasti diventano un problema serio per le aziende. Il sondaggio di IFSEC Global affronta tutti questi aspetti, come pure la sensibilità al cybercrime, la qualità dell’assistenza tecnica e molti altri aspetti ormai imprescindibili per chi fa sicurezza fisica. Ma partiamo dall’inizio, con la domanda che apre invero la porta a tutti gli altri interrogativi, ossia: a che punto siamo con la migrazione IP?

IP, ANALOGICO, IBRIDO

Alla domanda “che tipo di telecamere usi?” il 58% degli intervistati ha scelto le soluzioni ibride analogiche/IP, il 28% ha dichiarato di usare solo tecnologia IP e il 14% sistemi tradizionali analogici. Un risultato che tutto sommato non sorprende, considerato che, a ben 22 anni dal lancio della prima telecamera di rete, il 14% utilizza sì ancora sistemi analogici, ma il 74% degli utenti finali dichiara di disporre solo di alcune telecamere analogiche. Il che significa che la migrazione è in atto anche in chi utilizza analogico tradizionale. Questo scenario è peraltro rapidamente destinato a mutare perché - è un dato di fatto - i dispositivi tradizionali analogici non possono più avere futuro: l’assistenza tecnica analogica cala infatti sempre più e le sostituzioni di apparecchiature sono e si faranno sempre più rare man mano che passano gli anni.

LA SVOLTA DELL’UPGRADE

Dovremo quindi contare sull’upgrade per una migrazione completa? In base a questo sondaggio, tre su quattro utenti finali (74%) aggiornano i sistemi almeno ogni cinque anni e circa la metà (47%) ogni due anni. Quindi i tempi della migrazione potrebbero essere piuttosto rapidi, anche se già oggi non occorre rimpiazzare integralmente l’infrastruttura analogica per beneficiare almeno di alcuni dei vantaggi dell’IP: basta aggiornare alcuni componenti chiave. In tal senso dal sondaggio – ed era prevedibile – emerge che nel rinnovare un sistema TVCC gli utenti finali tendono a cambiare prima di tutto le telecamere (l’elemento più “visibile” dei sistemi, nonché più soggetto a rapida obsolescenza tecnologica e quindi a proposta commerciale di upgrade). E considerato che le nuove telecamere IP possono, per menzionare un aspetto già indicato, alleggerire ad esempio le richieste di storage, implementando tecnologie di compressione più sofisticate, l’intero sistema può essere portato ad un livello più alto. Ma a questo punto la domanda vera è: cosa spinge un cliente finale ad aggiornare la propria soluzione TVCC?

QUANDO SI AGGIORNA IL SISTEMA?

Incredibilmente, non è la prospettiva di tenere a freno i costi a detenere la pole position dei motivi di determinazione all’aggiornamento tecnologico degli utenti finali. Le due ragioni principali sono infatti la ricerca di una maggiore risoluzione e inferiore tempo di latenza delle telecamere e la ricerca di un’analisi video più sofisticata. Segue la compressione del costo totale di proprietà, una ricerca di maggiore sicurezza cyber (non in posizione top, nonostante le frequenti – e in certi casi eclatanti - violazioni documentate), la richiesta di semplicità e user-friendliness, la protezione dai guasti, una più ampia possibilità di integrazione con dispositivi di terze parti e maggiore scalabilità del sistema nel suo complesso. In ultima posizione, la ricerca di un’assistenza tecnica più affidabile. Un’ottima notizia, questa, confermata dagli indici di gradimento sul supporto tecnico dichiarati dagli utenti finali: la stragrande maggioranza (95%) lo giudica infatti quanto meno “adeguato”, con il 57% che lo definisce “molto buono”e il 16% addirittura “top class”. Meno dell’1% degli intervistati giudica pessima l’assistenza tecnica del proprio vendor. Un successo giustificabile forse come reazione (positiva) dei produttori tradizionali allo strapotere economico dei colossi asiatici, che ha portato ad un potenziamento della qualità dell’assistenza tecnica. Benefici della globalizzazione, dunque.

NO CYBER, NO PARTY

Lascia perplessi la sottovalutazione della questione cyber, e questo nonostante due terzi degli intervistati (65%) si dichiari più preoccupato per le possibili data breach oggi rispetto a due anni fa. Del resto secondo un rapporto dell’identity Theft Resource Center e della società di protezione dai furti di identità CyberScout, il numero di violazioni è salito del 29% anno su anno per la prima metà del 2017. E Cybersecurity Ventures prevede che i danni prodotti dai ransomware potrebbero raggiungere gli 11,5 miliardi di dollari nel 2019 sul piano globale (+ 35,4 volte rispetto al 2015). Nonostante questi valori, un intervistato su quattro (27%) dichiara di non essere né più né meno preoccupato del passato per la minaccia cyber, e addirittura l’8% si dichiara meno preoccupato. Questa apparente seraficità si può forse attribuire – e sarebbe auspicabile - al rafforzamento dei sistemi e delle procedure di sicurezza avvenuti sotto la spinta del GDPR. Quel che è certo è che ancora la cultura della sicurezza cyber è scarsa. E di chi sarebbe la colpa?

COLPA DI CHI?

Non dei produttori, ritenuti solo dal 6% degli intervistati poco informati sui rischi cyber, e nemmeno dei distributori o dei consulenti: sarebbero gli utenti finali l’anello debole della catena (48%). E fin qui ci sta. Quello che non ci sta è che la seconda categoria ritenuta poco informata sia l’installatore (22%). E questo non solo perché l’installatore fa parte della catena del valore, quindi dovrebbe essere consapevole dei rischi cyber, ma soprattutto perché è lui ad avere il contatto diretto con l’utente finale, quindi dovrebbe essere lui il soggetto chiave di questa necessaria rivoluzione culturale. Si spera che, sotto la spinta quanto meno delle severe multe del GDPR, anche gli installatori comincino a porre attenzione alla questione cyber. E questo anche se l’utente non se ne cura o non ne vuole nemmeno sentir parlare, perchè le responsabilità dell’operatore prescindono dalle reazioni del suo cliente.

RISOLUZIONE E STORAGE

Quanto alla ricerca di risoluzione, motivo - come visto - principale di upgrade del sistema TVCC, se lo scorso anno solo l’11% degli intervistati dichiarava di avere installato telecamere a risoluzione 4K, il 71% dei restanti aveva già però in animo di acquisirle in tempi brevi. Quest’anno il dato rilevante è che il 40% del mercato dispone già di telecamere a risoluzione 2MP e il 98% dei restanti ha intende farlo entro i prossimi cinque anni. E anche chi ha risoluzioni a 2MP non si accontenta: un intervistato su quattro intende infatti già nei prossimi 12 mesi approdare a risoluzioni ben maggiori. Ottimo. Ma come la mettiamo con lo storage? La maggioranza degli intervistati preferisce passare a telecamere con tecnologia di compressione migliore invece di aggiornare il sistema di archiviazione (41% contro 35%). Tra gli algoritmi, l’H.265 doppio codec pare essere la scelta più popolare tra gli utenti finali, presumibilmente perché non richiede degli immediati aggiornamenti hardware. Il doppio codec può infatti ospitare sia l’H.265, sia l’H.264. Riducendo la larghezza di banda e il consumo di storage di circa il 50%, l’H265 rappresenta un notevole passo avanti.

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