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Il mercato del controllo accessi verso la democratizzazione

01/09/2017

di Ilaria Garaffoni

In questo numero di Agosto, a&s Italy continua la tradizione di tracciare un confine, cercare di interpretare ed ipotizzare una linea di commento sui trend di mercato interrogando direttamente i protagonisti che ogni giorno vivono – talvolta soffrono – l’attività d’impresa. Dopo il sondaggio sul TVCC e quello sull’intrusione (usciti rispettivamente sul numero di Febbraio e di Giugno), stavolta gli intervistati sono stati 1124 su un campione comprensivo di produttori, distributori ed installatori/integratori di sistemi di controllo accessi. Sul fronte geografico, il campione risulta distribuito sull’intero territorio nazionale secondo questa ripartizione: Nord 61%; Centro 36%; Sud e Isole 3%. La raccolta dati, realizzata online sul portale www.secsolution.com, è avvenuta nei primi sei mesi del 2017 ed in termini di elaborazione ed analisi statistica è databile alla fine dello scorso Giugno.

Un primo dato che salta all’occhio nel segmento del controllo accessi è il diverso bacino di utenza tra mondo della produzione e mondo della distribuzione ed installazione/ integrazione di sistemi (grafici 1 e 2): un fenomeno analogo a quello registrato nel sondaggio sulla videosorveglianza, dove manifattura e canale si muovevano su due binari distinti (e a diverse velocità di crociera). La stessa tipologia di campione indica infatti che la maggioranza dei produttori (53%) si dedica alla fascia alta di mercato (trasporti, GDO, grande industria, PA, banche, etc), mentre distributori ed installatori (48%) si dichiarano in maggioranza dedicati ad una tipologia di produzione per fascia media (esercizi commerciali medio/ piccoli, gioiellerie, tabaccherie, farmacie). Il canale si distribuisce poi equamente la restante parte di campione tra hi end e low end con un 25% ciascuno, mentre solo il 15% dei produttori è dedicato ad un’utenza di fascia bassa e il restante si dedica ad una fascia media 30%. Il dato non sorprende, in quanto il controllo degli accessi nasce tradizionalmente per le banche e la grande industria: rilevante è in tal senso proprio quel 15% di produttori che si rivolge anche al low end, a testimoniare un rinnovato interesse del settore su questa fascia di mercato. Del resto non poteva essere diversamente: come la videosorveglianza è nata per un’utenza medio/ alta e, una volta saturato il mercato, ha cercato soluzioni friendly e cost-effective per soddisfare un’utenza meno specializzata, anche il controllo accessi, nato per banche e grande industria con tecnologie tipicamente sofisticate, cerca nuove aree di mercato da esplorare e conquistare con prodotti sempre più semplici da usare e cost-effective.

COM’È ANDATO IL 2016

Sul fronte del fatturato, il delta tra high end e mid e low end (con le annesse differenti marginalità) si evidenzia maggiormente: sebbene infatti il sentiment di andamento sull’anno 2016 (grafici 3 e 4) per gli operatori del controllo accessi parli uniformemente di successo, il mondo della produzione sembra decisamente più ottimista rispetto al canale. Associando infatti quanti hanno risposto molto bene (25%) e quanti abbastanza bene (50%), si raggiunge un ragguardevole 75% dei produttori di sistemi di controllo accessi. Forse con minore entusiasmo (solo il 9% definisce il 2016 “molto buono”), ma con identici e più che positivi risultati, la rilevazione effettuata sul canale: un complessivo 71% di risponditori del campione ha infatti dichiarato di aver vissuto un 2016 abbastanza buono (31%) o comunque in tenuta (40%) e solo un 18% di operatori ha dichiarato perdite. Dati peraltro in linea con il trend, evidenziato dagli analisti di settore, di un controllo accessi a crescita very fast, dopo anni di crescita costante ma comunque lenta. Secondo IHS, il mercato dovrebbe oggi valere 4,2 miliardi di dollari e garantire una crescita annua del 7%. I driver della crescita? Nuove tecnologie emergenti, impatto di standard aperti e interoperabili, integrazione tra piattaforme hardware e software dell’automazione di edifici e videosorveglianza, ingresso di importanti player di altri segmenti e (la novità forse più importante), un nuovo mood che pensa e immagina un controllo accessi non più come riservato a banche o palazzi uffici, ma alla portata di tutti. Una sorta di democratizzazione tecnologica.

COSA SI VENDE

Alla domanda “quale tecnologia va per la maggiore nel segmento del controllo accessi?”, i grafici 5 e 6 parlano più che chiaro: stravince l’Rfid, che incassa un 58% di preferenze dai produttori e un 50% anche dal canale. La banda magnetica è il second best (21%) per chi opera sul campo, ed ha quindi il termometro di ciò che l’utenza finale effettivamente acquista, o è comunque in grado di influenzare più direttamente le vendite. Del resto, che la tecnologia RFId stia mandando in pensione la banda magnetica ed altre tecniche minori di riconoscimento, è ormai un fatto consolidato. Maggiore semplicità d’uso (basta avvicinare il badge al lettore invece di strisciarlo o inserirlo), card molto più sicure (virtualmente infalsificabili), lunga durata delle credenziali di accesso (decisamente meno soggette ad usura), zero manutenzione (o quasi) dei lettori (nessuna parte in movimento, nessuna infiltrazione di polvere e corpi estranei), possibilità di disporre di credenziali alternative al badge nel classico formato carta di credito (portachiavi, braccialetti ecc.), rendono questa tecnologia molto appetibile e competitiva rispetto a tutte le altre. Un problema, tuttavia, permane ed è la mancata standardizzazione della tecnologia a 125 KHz (quella a 13,56 MHz è ISO/IEC da anni), con un proliferare incredibile di codificazioni e soluzioni proprietarie. Se si passa ai produttori, la seconda tecnologia più venduta risulta essere invece (e non senza sorpresa) la biometria, che sul fronte del canale raggiunge poco più del 18%, mostrandosi comunque un importante strumento di sofisticazione dell’offerta e di diversificazione del business. Il dato è sorprendente, e – in verità - potrebbe anche dipendere dalla composizione “spontanea” del campione e dalla natura prettamente sondaggistica (quindi non strettamente numerico-finanziaria) della nostra analisi. Si fa onestamente fatica a credere che quasi il 20% del business sia appannaggio delle tecnologie biometriche. Questo sia perché l’impiego della biometria in Italia (specie quella basata sulla verifica delle impronte digitali) è molto condizionata dalla legislazione vigente in materia di protezione di dati personali (sebbene il Garante negli anni scorsi abbia allargato le maglie in fatto di richiesta di autorizzazione), sia perché ancora costosa. Il dato potrebbe forse spiegarsi con l’invasione dei lettori made in China con prezzo molto abbordabile - ma spesso, a detta degli esperti, meno performanti rispetto a quelli offerti dai pochi player globali del settore e non sempre conformi alla legge sulla privacy. E veniamo all’ultima tecnologia classificata per vendite, ma comunque senza eccessivo distacco numerico rispetto alla terza in classifica (10%): i dispositivi meccatronici wireless. Il futuro delle chiusure meccatroniche (cilindri, mezzi cilindri, maniglie ecc.) è senza dubbio molto promettente, anche se allo stato attuale nel nostro Paese è ancora agli arbori, concentrato soprattutto come soluzione per sostituire i tradizionali mazzi di chiavi meccaniche.

COSA SI COMPRA

Si compra un prezzo o si compra un prodotto? Ci siamo posti la stessa domanda nel segmento della videosorveglianza: lì il rapporto qualità/prezzo (e non il prezzo più basso) è risultato essere l’elemento numero uno a determinare la scelta di una soluzione piuttosto che un’altra. E già eravamo contenti. Addirittura nel segmento antintrusione il canale ha votato l’affidabilità tecnologica quale primo elemento di determinazione all’acquisto – ed eravamo ancor più contenti. E nel controllo degli accessi? Secondo i produttori, il rapporto qualità/prezzo è l’elemento determinante per la scelta di un prodotto, mentre altre importanti caratteristiche tecniche (come adattabilità installativa, scalabilità e modularità, integrazione con altre tecnologie, standardizzazione e addirittura affidabilità tecnologica) si pongono più o meno tutte sullo stesso piano - poco distante, invero, ma comunque inferiore rispetto al rapporto prezzo/qualità (grafico 7). Come a voler dire: il discrimen non sta nella sofisticazione tecnologica ma nell’equità del valore che vogliamo attribuirle. Diversa la prospettiva del canale, che vede proprio nelle caratteristiche tecnologiche evolutive la chiave dell’argomentazione di vendita: l’integrazione con altre tecnologie (con TVCC e antintrusione in prima linea) risulta infatti essere al primo posto tra gli elementi di determinazione all’acquisto, seguito da affidabilità tecnologica e scalabilità. Se è pur vero che tutti i valori registrati si discostano tra loro di pochissimo, è altrettanto vero che l’integrazione spicca quale innovativo “argomento di vendita”. Del resto l’apertura di diverse ed importanti aziende di area TVCC anche verso il segmento del controllo accessi ha senza dubbio dato una spinta a questo processo, dove l’integrazione tra tecnologie non può che essere la chiave per l’apertura di nuovi mercati.

COSA MANCA

Non è un caso, dunque, che alla domanda “cosa potrebbe dare ulteriore impulso al mercato?”, la risposta più gettonata dal canale sia stata “integrazione” - con altri sistemi tecnologici in primis (non solo di sicurezza, ma anche ICT e time & attendance), e poi con sofisticazioni od evoluzioni tecnologiche atte ad accrescere usabilità del sistema (soluzioni cloud/web), certezza dell’identificazione (biometria), semplicità di installazione (wireless) (grafico 8). Diverso l’approccio della produzione, che punta su un elemento più sociologico che di evoluzione industriale, ossia una crescita della richiesta di sicurezza – che peraltro già esiste, anche se è essenzialmente focalizzata su segmenti più “prendibili” per l’immaginario collettivo, come la TVCC. Seguono integrazione tra sistemi, soluzioni web/cloud, biometria e wireless. In effetti il mercato offre un’ampia scelta di centrali di allarme con integrate funzioni di controllo accessi. Se da un lato questo tipo di integrazione può apparire una carta vincente (e nei piccoli impianti lo è), dall’altro occorre tenere presente che, nella maggior parte delle centrali, il controllo degli accessi è limitato alle funzioni essenziali e che spesso le credenziali di accesso sono di tipo proprietario (e quindi precluse ad altre applicazione coma la rilevazione delle presenze al lavoro, la gestione delle mense aziendali e comunitarie, la raccolta dei dati di produzione ecc.). Il controllo elettronico degli accessi, nelle aziende di medie e grandi dimensioni così come negli istituti di credito e altre organizzazioni similari, sempre più spesso richiede prestazioni supplementari molto sofisticate e complesse, che le soluzioni del mercato antintrusione non sono in grado di garantire. Esistono, dunque, due segmenti distinti di controllo accessi: quello “low cost”, quasi sempre di tipo stand alone o integrato nelle centrali di allarme e TVCC (con prestazioni limitate), e quello propriamente detto, sofisticato e complesso - capace, a sua volta, di integrare funzioni di rilevazione presenze, videosorveglianza ecc.

VERTICALI PIÙ PROMETTENTI

Un discorso a parte merita il target residenziale, ritenuto sia dall’industria di settore, sia dagli operatori del canale di potenziale interesse per uno sviluppo futuro del mercato. Non può quindi sorprendere che proprio il residenziale (comprensivo anche di microprofessionale, il cd mercato SOHO – Small Office Home Office) abbia conquistato un posto nella classifica dei mercati verticali più attenti (o più sensibilizzabili) all’offerta di controllo accessi (grafico 9). Al vertice della hit, si annoverano però naturalmente i grandi utenti tradizionali del segmento del controllo accessi: la grande industria, gli hotel, i trasporti, gli stadi, le Utilities, le aziende sanitarie, le banche, le PMI, la grande distribuzione organizzata. Man mano che si scala di posizione, arrivano però le new entry: oltre al già citato segmento micro professionale e residenziale, scuole ed assicurazioni sembrano sotto la lente sia del canale, sia dell’industria - allineamento che si registra anche in linea tendenziale tra le risposte dei due blocchi di campione. Gli scostamenti maggiori si registrano con riferimento a banche e GDO: utenze superinflazionate dall’industria del controllo accessi (quindi forse oggetto di minori investimenti in ricerca e sviluppo dedicati da parte dei produttori), ma al contempo utenze ancora estremamente sensibili al tema del controllo degli accessi, quindi tuttora ben presidiate dal canale.

OSTACOLI ALLO SVILUPPO

E dopo aver parlato di sviluppo, è ora di esplorare i potenziali ostacoli allo stesso. Abbiamo chiesto sia ai produttori, sia ai distributori ed integratori/installatori dei sistemi di controllo degli accessi quali elementi frenanti ravvisavano (grafico 10). Curiosamente, non solo per i produttori ma anche per il canale l’elemento di maggiore allarme è la concorrenza di prodotti provenienti da paesi a basso costo di manodopera: un dato che porta a pensare ad un canale altamente professionalizzato, legato a brand noti ed affidabili ed abbastanza fidelizzato. La professionalità degli operatori è anche al centro della seconda e terza preoccupazione per il canale: la concorrenza di canali non professionali (DIY, e-commerce) e di operatori provenienti da altri settori (che, lato industria, significa avere a che fare con player ben più finanziariamente robusti e abituati a climi ad altissima competizione e ridotta redditività come le realtà di area ICT). Infine, una preoccupazione comune ai due anelli dell’industria di comparto tipicamente italiana: la mancanza di liquidità e soprattutto la difficoltà ad incassare, oltre alla presenza di normative non di rado pervasive, come la Privacy, che frenano la determinazione all’investimento da parte dell’utente. La biometria, ad esempio, a lungo invisa al Garante per la riservatezza personale, continua ancora ad essere osteggiata, nonostante le attenzioni riservate dall’evoluzione tecnologica al tema privacy e nonostante le recenti – ma pur sempre eccezionali - aperture verso questi strumenti.

CANALE VS PRODUTTORI

Abbiamo parlato di concorrenza esterna. Ma all’interno del mercato, come vanno le relazioni tra i diversi anelli della catena distributiva? Come in tutti i matrimoni, ci sono alti e bassi e spesso le due parti in causa si accusano reciprocamente delle medesime mancanze. Partiamo dalle lamentele del canale. Ebbene, con il grafico 11 si potrebbe scrivere il manuale del perfetto produttore. Se nel TVCC e l’intrusione la prima strategia commerciale non premiante risultava essere la distribuzione indiscriminata su troppi canali, che metteva gli installatori in concorrenza sul solo fattore prezzo, generando inutili conflittualità e banalizzando il livello produttivo generale, nel controllo degli accessi il problema è più grave perché è di natura tecnologica. Stando al nostro sondaggio, il canale infatti spesso non ritiene i prezzi commisurati alle performance tecnologiche. Seguono lamentele afferenti al ridotto valore aggiunto offerto: scarsa disponibilità al conto visione, assistenza inadeguata/intempestiva, tempi eccessivi di evasione ordini; obsolescenza tecnologica troppo rapida (che non consente lo smaltimento dei prodotti); scarsa disponibilità alla personalizzazione del prodotto, alla formazione tecnica, agli investimenti in marketing/pubblicità. Le ultime doglianze sono infine di natura finanziaria e dipendono, se vogliamo, da una scarsa tenuta dell’intero sistema commerciale d’impresa italiano, con aziende che nascono e muoiono impunite, zero tutela del credito e quindi “scarsa disponibilità alla personalizzazione dei pagamenti”.

PRODUTTORI VS. CANALE

E ora ascoltiamo il rovescio della medaglia: nel grafico 12, dedicato agli elementi di criticità rilevati dai produttori verso distributori ed installatori, per certi aspetti sembra potersi ribattere punto per punto. La maggiore rimostranza è proprio l’eccessiva sensibilità al fattore costo. Seguono la scarsa fidelizzazione del canale verso il produttore (dolore lamentato ormai anche dai più fortunati, in questo senso, produttori di sistemi d’allarme e antintrusione) ed una serie di problematiche legate alla polverizzazione del mercato, ossia alle dimensioni aziendali ridotte, che comportano, a cascata: scarsa disponibilità a conoscere le nuove tecnologie; scarsa formazione professionale e a maggior ragione su temi collaterali; inaffidabilità finanziaria. Più piccole sono le imprese, è ovvio, e meno capitali ci sono per fare formazione e scegliere tecnologie sulla base del rapporto prezzo/prestazioni. Anche se, sul fronte formazione, il 100% (sic!) dei rispondenti lato canale ha dichiarato di ritenere il training tecnico di settore (tecnologia e normative di riferimento), ma anche la formazione extra-settore (ad es. in tema di privacy) un valore aggiunto spendibile in termini di offerta commerciale, quindi di redditività (grafico 13). E sarebbe anche favorevole alla creazione di un registro di professionisti dell’installazione di sicurezza (grafico 14). Si immagina dunque un mondo più selettivo, regolato da norme che premino aggiornamento, rispetto delle regole, fair play competitivo. O che altro?

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