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Stadi sicuri: videosorveglianza e non solo

10/04/2017

di Pierdavide Scambi, Titolare dello studio di progettazione e consulenza e formazione Scambi in Vicenza www.studioscambi.com

Questo numero di a&s Italy è dedicato ad una tipologia di edifici piuttosto vasta e variegata, e tuttavia caratterizzata da un denominatore comune, ossia la destinazione d’uso non univoca ma molteplice. Parliamo dei Multipurpose buildings, edifici asserviti cioè a più scopi: ospitalità, ma anche entertainment, o magari azienda sanitaria, ristorazione, palazzo uffici. Progettare la sicurezza in questa tipologia di edifici è quindi un caso diverso volta per volta, in base alla tipologia prevalente di struttura. In questo contributo parleremo di uno stadio.

Quando si parla di sicurezza in impianti sportivi, come ad esempio gli stadi o le arene polisportive, è necessario innanzitutto capire come prevenire e/o risolvere le più svariate crime situation, che possono spaziare dai piccoli furti alle possibili minacce terroristiche. Tale sfida si affronta grazie all’uso di attrezzature tecnologiche sempre più avanzate in modo da garantire la maggiore sicurezza possibile. La tecnologia infatti è diventata un validissimo alleato per proprietari/gestori di questi grandi impianti al fine di individuare in maniera tempestiva, prevenire e risolvere ogni tipo di problema possa insorgere.

LA NORMATIVA

Convivono spesso, in questo tipo di strutture, anche attività di ristorazione e commerciali. Concentrerei però, per la dimensione e la specificità di questi immobili di estesi volumi e altezze, l’analisi di solo alcuni impianti regolamentati da precise normative. In particolare la Circolare Ministeriale (Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive) n.555/ONMS/183/2016 del 13 maggio 2016 per la messa a norma degli impianti. Il complesso sistema di governo e gestione degli eventi specialmente calcistici, nonostante gli ultimi dati rassegnino un quadro di positività, continua ad essere caratterizzato da un progressivo deterioramento delle apparecchiature ove si disputano gare di campionati professionistici e dilettantistici. A tal fine, nell’evidenziare il ruolo di supporto della “Commissione dell’Osservatorio per la messa a norma degli impianti sportivi” (Istituita con decreto del Capo della Polizia in data 4 aprile 2010), si richiama l’attenzione sul puntuale rispetto della disciplina di settore, con particolare riferimento ai seguenti provvedimenti:

• Decreto Ministeriale 18 marzo 1996 e successive modifiche (criteri per la costruzione di impianti sportivi);

• Decreto Ministeriale 6 giugno 2005 (videosorveglianza e ticketing);

• Decreto Legislativo 8 febbraio 2007 convertito con legge n.41/2007 (misure urgenti per la prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche);

• Determinazione dell’Osservatorio n.26/2014;

• Documento della Task force sulla sicurezza delle manifestazioni sportive.

Dal complesso delle citate disposizioni emerge un preciso modello di organizzazione strutturale che, in sintesi, risulta improntato ai seguenti elementi basilari: la corretta configurazione dell’area riservata e dell’area di massima sicurezza, nonché l’idonea realizzazione dei varchi e dei tornelli. Tralasciando le indicazioni del numero dei varchi di ingresso proporzionato alla capienza del settore e il numero di tornelli minimo, la suddivisione dei settori rispetto a visitatori (locali e/o ospiti), i sistemi di separazione tra spalti, spettatori e attività sportive (parapetti e fossati), concentrerei l’attenzione sull’esigenza che la descritta organizzazione strutturale venga integrata da un efficiente sistema di videosorveglianza. Le caratteristiche minimali dovranno essere: a) un numero idoneo (mai inferiore a due) di telecamere interne dedicate ad ogni singolo settore di tipo controllabile, che consentano di avere contemporaneamente una visione d’insieme ed una del particolare interessato; b) una telecamera dedicata ad ogni singolo tornello; c) un numero idoneo di videocamere per il monitoraggio dell’area di massima sicurezza; d) un numero idoneo di telecamere per il monitoraggio degli accessi, del perimetro dell’area riservata e la sorveglianza delle vie di afflusso principali; e) dispositivi di registrazione delle immagini; f) un numero idoneo di monitor tale da consentire la visualizzazione contemporanea delle telecamere; g) sistemi di controllo e di manovra delle telecamere realizzati in modo da consentire più interventi contemporaneamente; h) un impianto di energia sussidiaria; i) un idoneo correlato impianto di illuminazione (interno ed esterno), che consenta la corretta ripresa da parte del suddetto impianto di videosorveglianza anche in orario notturno. Per poter sorvegliare opportunamente le aree indicate (solitamente identificate in a maggior rischio e a basso rischio), si dovranno utilizzare: a) camere multimegapixel in tecnologia singolo sensore posizionate frontalmente rispetto ai soggetti da riprendere (dalla tribuna sud si visionerà l’intera tribuna nord e viceversa); b) camere brandeggiabili PTZ dedicate alla restante parte dello stadio ed al supporto puntuale dell’attività investigativa; c) opportuni sistemi di storage per la retention dei video; d) video management software ad uso e consumo del personale addetto alla sorveglianza; e) sala controllo, con dispositivi appositamente dedicati agli operatori.

RISOLVENZA

Il sistema di ripresa per uno stadio deve porre anche particolare attenzione all’aspetto della qualità delle immagini ricevute dalla sala controllo dove gli operatori lavoreranno. L’approccio tradizionale alla videosorveglianza vuole che si acquisiscano immagini sempre più dense di informazioni e di alta qualità e, magari, anche molte volte al secondo. Va però ricordato che quando si parla di capacità di risolvenza di una telecamera, ovvero della capacità insita nelle immagini di permettere il riconoscimento del minimo dettaglio desiderato, si deve sfatare il falso mito che questa sia misurabile semplicemente contando i pixel effettivi disponibili sul sensore di immagini montato a bordo della telecamera stessa: i pixel infatti sono una condizione necessaria, ma non sufficiente, per catturare i dettagli. Senza un numero minimo di pixel per una data area target non è possibile individuare un dettaglio ma il numero di pixel nativamente disponibile sul sensore determina il potenziale, non la qualità finale. Il comune fraintendimento è che un più alto numero di pixel generi sistematicamente una qualità finale migliore. La misura della capacità di risolvenza di una telecamera va misurata a valle di tutta la complessa catena di elaborazione che si frappone tra l’immagine finale su cui lavora l’operatore e la luce incidente sulla telecamera che viene riflessa dal bersaglio che si vuole vedere. Tipo e qualità delle ottiche, tipo e tecnologia del sensore di immagine, metodi di bilanciamenti ed elaborazione, tipo di algoritmi di compressione, forma di trasmissione e di decodifica possono deteriorare la qualità delle immagini compromettendo anche un buon rapporto nativo tra pixel e area inquadrata. A titolo di esempio, un’immagine catturata da un sensore da 1920x1080 pixel può essere migliore e risolvere maggiori dettagli di una immagine catturata da un sensore da 3840x2160 pixel se quest’ultimo è eccessivamente compresso o se il sensore ha caratteristiche ottiche di scarsa qualità. Secondo le prescrizioni delle più recenti emanazioni in materia di sicurezza negli stadi, la densità di informazione richiesta alle immagini catturate all’interno del catino sportivo deve essere maggiore o uguale a 180 pixel/ metro per le zone a maggior rischio. Questa metrica dovrebbe, negli intenti del legislatore, rappresentare un valore di riferimento in grado univocamente di discriminare la riconoscibilità o meno di un volto nell’immagine per le finalità investigative. Perciò per le applicazioni in ambito stadio, dove il singolo fotogramma diventa l’informazione chiave per l’attività di indagine, si può prediligere la compressione MJPEG per i flussi Ultra HD che, contrariamente alla compressione H264 o superiore, permette di avere ogni fermo-immagine preciso e dettagliato senza artefazioni o perdite di informazione dovute alla ricostruzione temporale degli algoritmi predittivi tipici di compressioni troppo spinte, orientate a sacrificare la qualità dell’immagine a beneficio delle risorse necessarie per trasmetterla. Inoltre attraverso il cosiddetto “Edge Storage” (dischi SSD, dunque estremamente performanti e capienti, direttamente sulla telecamera), si è in grado di immagazzinare fotogrammi ad altissima risoluzione, Ultra HD, ed elevato frame rate (fino a 30 fps per elevata dinamicità nella gestione di video in rapido cambiamento) per il tempo necessario allo sviluppo dell’evento sportivo, rimandando costantemente alla sala di controllo un flusso scalato, tipicamente Full HD, e lasciando a necessità specifiche di indagine l’effettivo uso delle immagini archiviate all’interno della telecamera da parte degli operatori. Qualità dunque solo quando effettivamente necessario e non un continuo streaming da camera a sistemi di storage.



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