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Se i prezzi online salgono, è a rischio anche la privacy!

05/11/2016

di Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy www.federprivacy.it

Se siete in volo per godervi l'agognata vacanza che avete acquistato al miglior prezzo dopo ore di navigazione su internet, una delle cose più frustranti che possa accadere è scoprire che il passeggero che vi siede a fianco ha pagato lo stesso identico pacchetto il 30% meno di voi. Avete mai sperimentato di persona situazioni simili, o vi è capitato di vedere lievitare improvvisamente i prezzi di qualche biglietto in internet, andando allora a cercare offerte migliori su altri siti web per poi tornare al precedente e scoprire che il costo è aumentato ulteriormente? Oppure vi è capitato di vedere sgonfiare in un attimo il prezzo di un certo prodotto quando ormai lo avete già acquistato ad un prezzo maggiore? Forse pensate di essere stati sfortunati a non aver trovato prima quell'offerta, o in altri casi vi rammaricherete di non aver letto attentamente tutte le clausole prima di cliccare sulla conferma dell'acquisto, ma il vero problema è che a vostra insaputa avete probabilmente giocato una specie di partita a poker in cui il vostro avversario poteva guardare le vostre carte, e non siete altro che l'ennesima vittima di uno dei tanti bluff di internet. Quello in questione si chiama "dynamic pricing", ed è una tecnica con la quale i guru del marketing online variano strategicamente i prezzi di voli, hotel, concerti ed altri prodotti e servizi a seconda di diversi fattori, in primo luogo in base ad algoritmi che tengono conto della domanda e dell'offerta, dei prezzi praticati dalla concorrenza, o anche del meteo, ed è quindi l'andamento del mercato a far alzare o abbassare i prezzi su molti siti di e-commerce su internet.

Tuttavia, questa è solo la punta dell'iceberg, perché il dynamic pricing non ha semplicemente lo scopo di analizzare i Big Data per adottare prezzi concorrenziali sul web, ma in maniera molto più subdola mira ad esaminare minuziosamente ogni informazione personale che vi riguarda per applicarvi il prezzo che personalmente siete disposti a pagare per determinati prodotti o servizi, e non necessariamente in stretta relazione con il loro valore intrinseco, ma in base ai vostri comportamenti online, spesso senza che ne sappiate niente. E rischiate di essere stretti al cappio del dynamic pricing anche se non siete vacanzieri ma professionisti, perché ci sono grandi aziende pronte a far lievitare notevolmente i prezzi proprio perché vi identificano come viaggiatori abituali, come nel caso riportato dal Wall Street Journal riguardante la compagnia aerea Delta Airlines, che è risultata aver addebitato fino a 300 dollari in più per biglietti acquistati da clienti che volano per motivi di lavoro, e quindi disposti a pagare di più per la necessità di arrivare a destinazione puntualmente. Con dispiacere per quelli che ancora oggi affermano che la privacy non è importante perché non hanno niente da nascondere, il fatto è che per stabilire la somma che risponde al vostro grado di interesse e al vostro portafoglio, molti siti web vanno letteralmente a rovistare nelle vostre informazioni personali, a volte esaminando anche i vostri dati sensibili.

E-COMMERCE E SOCIAL

Ad esempio, vi siete mai chiesti perché molti siti offrono la possibilità di accedere ai servizi booking tramite il vostro account Facebook? Spesso si tratta ben altro che di una semplice e disinteressata facilitazione per gli utenti, e forse non sapete che effettuando il login attraverso Facebook permettete a quel sito di accedere alle informazioni pubblicate sul vostro profilo social, dando la possibilità di conoscere tutta una serie di dati come la vostra posizione geografica e la lingua che parlate, la vostra data di nascita e la fascia di età a cui appartenete, sesso e stato civile, il vostro grado di istruzione e l'attività lavorativa che svolgete, ma anche classificazioni a seconda della tipologia della cerchia di amicizie, nonché di tutti i "mi piace" che avete messo: una vera e propria miniera d'oro di informazioni preziose per stabilire quale potrebbe essere il prezzo che siete disposti a pagare per un viaggio, un concerto o altri prodotti in vendita online. Se i social network contribuiscono a valutare il vostro livello di interesse per prodotti e servizi attraverso i vostri dati personali, che poi saranno utilizzati per stabilire determinati prezzi su misura per voi quando farete shopping in internet, lo strumento di Google Analytics non è da meno: come esplicitato nella policy privacy dello stesso colosso di Mountain View, ogni volta che utilizzate uno dei servizi o delle app gratuite messe a disposizione degli utenti, i vostri dati e le informazioni riguardanti i vostri comportamenti possono essere raccolti e memorizzati attraverso i cookies o tecnologie similari che possono identificare il browser e il vostro indirizzo IP, accedere alla vostra cronologia dei siti che avete visitato recentemente, e anche identifi care il vostro dispositivo e il sistema operativo che usate - elementi non banali dato che sempre secondo il Wall Street Journal gli utenti che navigano su dispositivi Apple sono disposti a pagare fino al 30% in più per un hotel rispetto agli utenti di Windows.

DYNAMIC PRICING E PROFILAZIONE

Anche se non sappiamo per certo quanto i giganti del web riescano a rimanere dentro i paletti della legalità nelle loro invasive attività di analisi dei dati personali degli utenti, gli scenari del dynamic pricing appaiono preoccupanti e poco trasparenti per gli amanti dello shopping online. Ad esempio, se siete soliti cercare online musica di un certo genere o mettere "mi piace" sui post di un determinato artista, quando andrete ad acquistare un biglietto per un concerto, il prezzo di questo potrebbe potenzialmente essere orientato proprio in funzione del vostro interesse, e magari proposto a voi ad un prezzo maggiorato camuffato da offerta imperdibile, mentre ad un altro utente spassionato viene applicata al contempo una tariffa notevolmente inferiore. Secondo la testata americana ABC News, molte aziende che vendono su internet non solo profilano gli utenti online, ma li classificano in categorie predefinite di consumatori come "amanti dello shopping", "clienti occasionali", o "grandi spendaccioni", e in base all'etichetta con cui venite contrassegnati i prezzi saliranno o scenderanno in un batter d'occhio, consentendo ai venditori online di spremere i clienti come limoni ed aumentare i loro profitti in media del 25%. E' interessante che il "dynamic pricing" non sia passato inosservato in sede UE, visto che lo scorso 18 aprile è stato oggetto di un'interrogazione parlamentare della deputata ceca Dita Charanzová per chiedere se la Commissione si fosse interessata del fenomeno e dell'uso dei dati personali che viene fatto nell'attuazione di tali strategie pervasive, specialmente in riferimento alle discriminazioni che potrebbero essere attuate nei confronti degli utenti in base a informazioni sensibili relative a sesso, orientamento sessuale, disabilità, età, razza, etnia, nazionalità, religione, lingua, e origine sociale attraverso pratiche commerciali scorrette o non etiche per quanto riguarda la dinamica dei prezzi, e il 30 giugno 2016 la Commissione si è pronunciata (Rif. E-002800/2016) affermando di non aver ancora raccolto prove definitive su questo tema, e ricordando che la Direttiva 95/46/CE vieta il trattamento dei dati sensibili senza il consenso esplicito dell'interessato, mentre il nuovo Regolamento UE 2016/679 prescrive che gli interessati non debbano essere soggetti a decisioni basate unicamente su trattamenti automatizzati, inclusa la profilazione, che producono effetti giuridici o significativamente li riguardano, se non con il loro consenso esplicito. Inoltre, anche se nel diritto dell'UE gli operatori possono liberamente determinare i loro prezzi informando i consumatori sui costi totali e sulle modalità di calcolo adottate, la Commissione ha ricordato che in alcune circostanze, le pratiche tariffarie dinamiche su internet potrebbero essere ritenute sleali ai sensi della Direttiva 2005/29/CE sia dai tribunali che dalle autorità nazionali competenti, e in Italia l'Antitrust può comminare sanzioni fino a 5 milioni di euro alle aziende che adottino tecniche di "dynamic pricing" scorrette, mentre con il nuovo Regolamento UE 2016/679 il Garante per la Privacy potrà fare multe addirittura fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato dei contravventori.

PICCOLE STRATEGIE DI DIFESA

Nel frattempo, se d'altra parte non volete pagare più del dovuto quando fate shopping online, ci sono alcune best practices che possono esservi utili non solo a proteggere la vostra privacy, ma anche a farvi risparmiare un bel po' di soldi, come prendere l'abitudine di cancellare la cronologia di navigazione del browser ogni volta che vi accingete a fare acquisti online, impostare la modalità di navigazione privata, provare a simulare l'acquisto usando browser e dispositivi diversi prima di cliccare sulla conferma per verificare se il prezzo richiesto è lo stesso, bloccare il consenso all'utilizzo dei cookies di terza parte che profilano gli utenti e che condividono i vostri dati con i venditori online, installare software di navigazione anonima come Tor per difendersi dai sistemi di analisi della navigazione online, controllare se nelle condizioni di vendita c'è una garanzia "soddisfatti o rimborsati" valida anche per il prezzo applicato, e se proprio vi sentite buggerati, scrivete reclami e lasciate dei feedback negativi sul sito del venditore, perché dovete tenere bene in mente che le aziende vogliono clienti soddisfatti che parlano bene di loro per tutelare la loro reputazione.



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