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Videosorveglianza e Privacy: il Garante chiarisce

20/10/2011

di Valentina Frediani, Avvocato esperto in diritto informatico e privacy, Studio Legale Frediani

Il 2010 ha rappresentato per la videosorveglianza un anno di svolta: ignorata dal Codice privacy, oggetto di fin troppi controlli, nel 2010 la TVCC è stata interessata da un provvedimento dell'Autorità Garante, che ha chiarito con l'occasione vari aspetti relativi all'applicazione della normativa in caso di adozione di sistemi di ripresa. Di particolare interesse, una dichiarazione sulla conservazione dei dati oltre le 24 ore e il regime dei sistemi di videosorveglianza intelligenti o abbinati a biometria.

In ambito pubblico il provvedimento ha innescato una reazione piuttosto efficace: l'ANCI (associazione nazionale comuni italiani) ha coinvolto l'Autorità Garante nella stesura di apposite linee guida per l'applicazione della normativa da parte dei comuni in ambito di sicurezza urbana. Alcuni equivoci sono sorti, e sembrano ancora essere fin troppo presenti, in merito al ricorso preventivo al Garante per instaurare un sistema di videosorveglianza. Molti enti pubblici si sono rivolti all'Autorità per ottenere l'approvazione per l'installazione di un sistema in ambito cittadino; il Garante, nella relazione annuale, ha dovuto ribadire come il ricorso all'Autorità riguardi solo ed esclusivamente casi eccezionali, come richiamati dal provvedimento succitato e nello specifico al punto 3.2.1.

E' prevista la verifica preliminare del Garante quando vi siano rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare. A titolo esemplificativo, ci si riferisce a trattamenti effettuati tramite sistemi di raccolta delle immagini associate a dati biometrici, oppure nel caso di ricorso a sistemi di videosorveglianza dotati di software che permetta il riconoscimento della persona tramite collegamento o incrocio o confronto delle immagini rilevate (es. morfologia del volto) con altri specifici dati personali, oppure nel caso dei c.d. sistemi intelligenti, che non si limitano a riprendere e registrare le immagini, ma che sono in grado di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, di segnalarli, ed eventualmente di registrarli. Non si tratta certo quindi di ordinari sistemi atti alla sicurezza urbana.

Conservazione superiore a 24 ore

Altro argomento "gettonato" nel rivolgersi al Garante, è stata la richiesta di autorizzazione ad elevare i termini di conservazione a 24 ore. L'Autorità ha ribadito come la conservazione non possa mai superare tale termine, salvo tener conto della rischiosità dell'attività. Ad esempio, per le banche i termini di conservazione sono elevati a 7 giorni. L'aspetto più interessante della relazione è un'osservazione che viene rilasciata in merito al superamento delle 24 ore. Cito testualmente: "in tale quadro [fa riferimento alla valutazione della rischiosità dell'attività svolta] spetta al titolare del trattamento valutare la sussistenza in concreto dei presupposti che giustificano la conservazione delle immagini raccolte per più di una settimana; la conservazione per un periodo superiore necessita invece della verifica preliminare dell'Autorità." In pratica: il titolare potrebbe derogare alle 24 ore, ma solo con alta rischiosità dell'attività. Ad esempio, riterrei che i gioiellieri o i tabaccai o i distributori abbiano tutti i presupposti per conservare per un termine superiore alle 24 ore. Diversamente, non riterrei ad alta rischiosità semplicemente la tutela del patrimonio aziendale quando vengano svolte attività ordinarie.

Lavoro e azienda

Nessuna variazione in ambito lavorativo: il Garante ha ribadito come sia essenziale garantire il rispetto dei lavoratori evitando sistemi di videosorveglianza che comportino controllo a distanza dei lavoratori. Un esempio, che probabilmente costringerà molti titolari e datori di lavoro a modificare l'angolo di ripresa, riguarda il divieto di effettuare riprese al fine di verificare la correttezza dell'esecuzione della prestazione lavorativa, ad esempio qualora la videosorveglianza riprenda il sistema di passaggio dei badge. In merito al settore aziendale, le due violazioni maggiormente frequenti riguardano l'assenza dell'informativa – sia cartellonistica che informativa completa – e la mancanza di espletamento delle procedure di cui all'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Nonostante la disciplina giuridica sia dunque ormai definita, sembrano ancora lontane le applicazioni effettive degli adempimenti previsti sia dal codice privacy, sia dallo Statuto dei Lavoratori. I controlli sembrano essere in aumento in ambito videosorveglianza, certamente a fronte del fatto che la materia è ben conosciuta dagli organi di controllo – nello specifico dalla Guardia di Finanza. Appare pertanto anacronistico ritrovarsi ancora in quella buona fetta di soggetti controllati che non hanno adempiuto correttamente al provvedimento e alle prescrizioni del decreto legislativo n. 196/2003 (adozione e rilascio delle nomine, verifica del raggiungimento delle misure minime di sicurezza, integrazione del DPS con la parte relativa ai trattamenti in materia di videosorveglianza). Eppure la cronaca riporta questo. Più informazione forse dovrebbe passare anche da chi progetta ed installa i sistemi...pensiamoci!

Consultate http://www.sicurezzaurbana.anci.it/allegati/Videosorveglianza.pdf



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