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Nella videosorveglianza due regole illogiche

01/02/2011

di Valentina Frediani - Avvocato esperto in diritto informatico e privacy

Due osservazioni critiche al provvedimento del Garante su videosorveglianza e privacy dello scorso aprile. In primo luogo, la conservazione delle immagini ridotta a 24 ore è del tutto insufficiente rispetto agli obiettivi che nel 90% dei casi ci si prefigge con la videosorveglianza. Pensiamo solo alla ricerca dei responsabili di un furto, che parte spesso a denuncia fatta e dopo l'intervento delle forze dell'ordine...bye bye registrazioni. In secondo luogo, l'accesso alle immagini aziendali è ora reso possibile esclusivamente in presenza del rappresentante dei lavoratori. Bella idea, ma pensiamo solo ad un intervento di manutenzione ordinaria o ad un'assistenza urgente per risolvere un guasto al sistema di videosorveglianza: senza il rappresentante sindacale l'installatore non potrà nemmeno accedere al sistema. E se il sindacalista si dovesse ammalare? Fine registrazioni? L'Avv. Frediani spiega qual è il risultato della scelta di norme illogiche: la generale disapplicazione.

Si è recentemente svolto il Privacy Day, organizzato ad Arezzo da Federprivacy. In quella sede ho avuto modo di intervenire in materia di videosorveglianza e di sottolineare alcune incongruenze che, a livello normativo ed applicativo, stanno caratterizzando il settore. In particolare il riferimento è al provvedimento dello scorso aprile, emanato dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, che ha sostanzialmente riorganizzato la disciplina privacy della videosorveglianza.

Il limite delle 24 ore di registrazione

Nel provvedimento è stato definitivamente fissato in 24 ore il termine massimo di registrazione (per i comuni mortali, mentre per banche ed altri settori di nicchia si può derogare portando la conservazione delle registrazioni sino a 7 giorni). Ebbene, le 24 ore cui fa riferimento il provvedimento sono assolutamente insufficienti rispetto agli obiettivi che nel 90% dei casi si prefiggono di raggiungere i soggetti che adottano i sistemi di videosorveglianza. Anzitutto il termine è veramente limitato rispetto ad una logica di utilizzazione in casi di commissione di reati dei quali non si abbia percezione diretta: pensiamo solo ai furti. Se in caso di rapina, essendo coinvolte le persone, l'allarme può essere dato nell'immediatezza dell'evento delittuoso, nelle ipotesi di furto spesso l'evento dannoso emerge anche a distanza di giorni: una conservazione limitata alle 24 ore vanifica integralmente il ricorso alla videosorveglianza! Si pensi poi all'altro aspetto di tutela riconosciuto dal Codice privacy, in merito al diritto di accesso ex art. 7 come esercitabile dall'interessato oggetto di ripresa. Secondo la vigente normativa, l'interessato può in qualunque momento richiedere di accedere ai propri dati.

Nel caso della videosorveglianza, l'accesso spesso trae origine da necessità effettive: ad esempio in caso di danno alla vettura riscontrato in un parcheggio di un supermercato, oppure ad una aggressione, un borseggio o un atto vandalico. Spesso il richiedente non provvede nell'immediatezza ad esercitare tale diritto, anzi più facilmente effettua denuncia ed intervengono successivamente le Forze dell'Ordine. Nel caso di conservazione limitata alle 24 ore, anche questa possibilità si renderebbe vana. Di fatto sappiamo tutti e bene che, nell'80% dei casi, i titolari di un sistema di videosorveglianza non pensano neanche lontanamente a limitare la conservazione a 24 ore, proprio perché consapevoli dell'inutilità di tale scelta. Sono ben note vicende di sequestri o sparizioni di persone documentati mediante circuiti di videosorveglianza dove addirittura le immagini vengono estrapolate dopo diversi giorni. Questo perché ovviamente in pochi rispettano la normativa. Mancato rispetto che da una parte crea responsabilità giuridiche, ma dall'altra è "fisiologico" rispetto al dettato normativo: non si può pensare di imporre regole inapplicabili!

Accesso alle immagini con il rappresentante sindacale

Altro aspetto "valorizzato" recentemente risulta essere l'obbligo di adozione di credenziali di autenticazione che, nel rispetto del contemperamento degli interessi tra il datore di lavoro ed i dipendenti, devono essere "ripartite" tra titolare e rappresentante dei lavoratori, affinché l'accesso alle immagini avvenga esclusivamente in presenza del rappresentante dei lavoratori. Questa pratica, sempre più diffusa, viene ormai imposta dagli Ispettorati del lavoro a seguito di controllo diretto sulla struttura che non abbia raggiunto l'accordo sindacale ai sensi dell'art. 4 Legge 300/70 o non abbia una rappresentanza sindacale per concordare le specifiche dell'adozione del sistema di videosorveglianza. Anche in questo caso l'imposizione presenta dei punti di grande debolezza. Se da una parte è ben concepibile la volontà (sia del legislatore che degli Ispettorati del lavoro) di garantire i diritti del lavoratore affinché non vi sia invadenza da parte del datore di lavoro durante le attività svolte con il contratto a distanza, dall'altra la misura imposta presenta dei risvolti grotteschi.

Intanto pensiamo ad una semplice assistenza sul sistema di videosorveglianza: paradossalmente in caso di guasto o semplice accesso per manutenzione ordinaria, oltre a lavorare sul sistema il soggetto incaricato, dovrà presenziare anche un rappresentante dei lavoratori, altrimenti non si potrà accedere al sistema. Altro esempio: richiesta di estrapolazione delle Forze dell'Ordine. Se è pur vero che le medesime possono disporre di derogare agli obblighi normativi, di fatto se il titolare non è integralmente in possesso delle credenziali di autenticazione non potrà consentire alcun accesso ai fini dell'estrapolazione. Ed ancora, prendiamo la stessa ipotesi di prima in caso di esercizio del diritto di accesso di un interessato. Qui si può superare l'incredibile: l'interessato esercita un diritto di accesso alle ore 14, il rappresentante sindacale non è reperibile, trascorrono le ore indicate per la sovra registrazione e le immagini oggetto di accesso vengono cancellate. Quale tutela ci sta dando il legislatore sotto questo profilo? Perché spaventa tanto la videosorveglianza sino ad imporre regole nella forma che nella realtà sanno tutti che verranno disattese?

Il risultato è che l'azienda crea due profili rilasciando solo su un profilo "ufficiale" parte delle credenziali. Le regole inapplicabili hanno questa conseguenza... Le osservazioni fatte dalla sottoscritta al Privacy Day nascono dalla pratica quotidiana sui clienti, enti ma soprattutto aziende che vengono costantemente depauperate di tutti i poteri. Sulla prima questione è palese che sia suggeribile un ampliamento del termine di conservazione minimo a 72 ore, per logica ad almeno una settimana. Nella seconda ipotesi il vincolo logico potrebbe essere un obbligo di comunicazione nell'immediatezza dell'accesso al rappresentante dei lavoratori, senza però imporre la sua presenza per ogni minima sciocchezza. Ma evidentemente ad aprile si è perso un treno. Speriamo di recuperare in corsa...



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