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Associazione d’impresa: meno spese e più margini nella distribuzione di sicurezza

01/05/2015

di Stefano Sacchini, Dime Sicurezza 

Il settore della sicurezza professionale si è sempre basato su una filiera completa, produttore o importatore, distributore, installatore e infine cliente. Da sempre poi, il settore è considerato a valore aggiunto. Sebbene si parli di mercato indotto, ha sempre garantito degli ottimi margini di guadagno a tutti i membri della filiera. Eppure il mercato cambia, troppo velocemente a volte, e accade che il modo di lavorare di un distributore di sistemi di sicurezza assomigli sempre più a quello di un grossista di prodotti informatici, dove le marginalità sono ridotte a qualche punto percentuale. Ma questa storia la conosciamo e insieme alla diminuzione della domanda contribuisce alla crisi che oggi domina su tutto il settore. E il dilemma è sempre più insistente: come portare il nostro piccolo orticello nel mercato globale, e soprattutto, come sopravvivere alle leggi dei grandi numeri? 

Gli economisti sono tutti d’accordo sulla strategia di salvezza per le PMI italiane: associarsi e fare sinergia, rinunciando ad un modo individualista di concepire il mercato. Così facendo gli avventori vedranno affacciarsi alla porta della propria azienda delle gradite sorprese, come maggiore qualità del servizio offerto e ottimizzazione dei costi. Risultato: la piccola azienda non sarà più costretta a soggiacere alla legge del più forte. Non stiamo parlando di pura accademia ma di un teorema dimostrabile, purché ci caliamo in quella che gli scienziati definiscono un’esperienza ideale e diventiamo per un istante titolari di un’azienda distributrice di sistemi di sicurezza. La realtà che osserveremo ci aprirà gli occhi.

Come eravamo

Ogni giorno il distributore di sicurezza si reca al lavoro e aprendo il negozio torna col pensiero alla prima volta che aprì quella serranda. Erano altri tempi e vendere sistemi di sicurezza non era un mestiere per tutti: c’erano prodotti talmente professionali ed evoluti che quasi mettevano soggezione. Certo i volumi delle vendite erano più esigui, ma un sistema di sicurezza aveva un certo valore e chi lo comprava faceva un investimento importante. Per non parlare del videocontrollo: roba per pochi eletti. Gli installatori poi - clienti esclusivi del distributore - erano professionisti che non scendevano a compromessi: sceglievano sempre la qualità migliore per salvaguardare la loro posizione di specialista. Ma quelli erano altri tempi e la realtà di oggi è molto diversa. I clienti sono molto aumentati, il distributore ha acquisito nuove categorie di professionisti e il numero di impianti venduti è enormemente cresciuto. Tuttavia la situazione è complessivamente peggiorata perché l’imprenditore si trova a dover fronteggiare nuovi problemi.

Come siamo

Il problema più grave è la diminuzione dei margini di guadagno; infatti l’aumento esponenziale dei prodotti immessi sul mercato ha inflazionato il loro valore. Questo fatto, insieme ad una concorrenza sempre più aggressiva e sregolata, hanno contribuito ad un impoverimento dei guadagni dell’imprenditore. Un altro grande problema è l’aumento dei costi di gestione, sempre più opprimenti. In effetti i prodotti immessi sul mercato sono tanti e il nostro imprenditore, per rimanere concorrenziale, li deve avere tutti in pronta consegna - pena la mancata vendita. Come se non bastasse, il fatto di trattare tanti marchi comporta un grande impegno in termini di assistenza tecnica. Insomma, la regola per quantificare lo stato di salute dell’azienda di distribuzione potrebbe indicarsi con questa sottrazione: A – S = B (dove A sta per aumento dei margini di guadagno; S sta per spese di gestione e B sta per benessere aziendale). Una differenza che si rivela sempre più scarna ai tempi d’oggi. Ma esiste un modo per aumentare il totale alla formula: creare sinergia tra aziende, associarsi per condividere costi e benefici e magari ridare al settore della distribuzione anche un’impronta più deontologica.

Aumentare i margini

Nel 2012 il legislatore ha rivisto la legge sulla rete d’impresa, un nuovo modo di associarsi con l’unico scopo di aumentare la competitività sul mercato. La norma è molto elastica e prevede svariate forme di aggregazione, dal semplice accordo privato volto alla cooperazione e scambio di informazioni, fi no alla costituzione di un network con personalità giuridica e fi scale. Insomma, un nuovo modo di cooperare, concretamente più snello di una classica forma a consorzio o cooperativa. Analizziamo ora il primo fattore, ossia l’aumento dei margini, in un’ottica di rete. Se le aziende che fanno distribuzione su base regionale si associassero, potrebbero migliorare le condizioni di acquisto. Pensiamo ad esempio all’importazione, sostanzialmente impossibile al singolo per complessità e costi (gestione logistica, volumi troppo elevati, costi accessori): fare coimportazione permetterebbe di creare dei canali di vendita ad alto profitto. L’unione metterebbe inoltre a disposizione delle risorse per creare un “private label”, un brand di esclusiva proprietà delle aziende partecipanti e quindi immune alla concorrenza. Un nuovo marchio di cui gli utenti sono anche proprietari è un ottimo strumento per porsi al riparo dalle oscillazioni della moneta, dando sia la possibilità di fare importazione comune, sia la possibilità di aprire dei mercati esteri. Non possiamo poi dimenticare che il colloquio tra aziende, ognuna operante sul proprio territorio, porterebbe stabilità al mercato eliminando le azioni speculative e restituendo ai beni venduti il loro giusto valore.

Diminuire le spese

Un altro vantaggio della cooperazione tra le aziende di distribuzione è la diminuzione delle spese. Prendiamo ad esempio il magazzino, che di fatto rappresenta uno dei maggiori investimenti che l’azienda deve sostenere perché è un capitale immobilizzato che darà i suoi frutti solo se e quando sarà venduto. L’ideale sarebbe ovviamente avere un piccolo valore di magazzino con altissime rotazioni, ma il singolo non può attuarla, essendo obbligato ad espandere il magazzino a fronte di una domanda sempre più variegata. Anche su questo fronte la soluzione sta nella collaborazione: un gruppo di aziende che commercializzano gli stessi prodotti può infatti “virtualizzare” i magazzini. L’idea di mettere il proprio stock al servizio dei soci è forse la massima espressione dello spirito collaborativo: il risultato è quello di ottimizzare gli investimenti del singolo e di aumentare il servizio offerto verso i clienti. Il concetto è semplice: il singolo distributore non è obbligato a mantenere un pesantissimo magazzino perché può contare su quello dei suoi soci e questo rapporto è reciproco, così ognuno può permettersi di offrire un completissimo catalogo ai clienti facendo degli investimenti anche minimi.

Dalla teoria alla pratica

Finora abbiamo fatto delle ipotesi. Affi nché la teoria diventi pratica, le aziende devono per forza prendere coscienza che il modo di lavorare sta cambiando radicalmente. La PMI, nervatura di tutta l’economia italiana, si trova oggi in competizione con realtà mastodontiche, intenzionate ad accentrare e a cannibalizzare il mercato il più possibile. Le soluzioni quindi sono due: o farsi inglobare, divenendo parte del gigante e perdendo la propria individualità, oppure trovare la forza per rimanere “on the road”. Unirsi è un modo per restare sul mercato. D’altronde, uno spirito commerciale e collaborativo è la naturale evoluzione di un sistema che si evolve e si apre verso l’esterno. Simili iniziative sono già in progetto sul palcoscenico italiano e tutto lascia dedurre che nei prossimi anni cambieranno il volto del mercato. Ad oggi alcune realtà sono in fase esecutiva, come il progetto Avitron (www.avitron.it) che nasce con lo scopo di far solidarizzare aziende distribuite su scala nazionale per intraprendere operazioni di import/export. Ma il problema – si dirà – è proprio quello di solidarizzare. Ebbene, uomini d’altri tempi videro coi propri occhi quello che oggi siamo costretti a vedere. Questa frase, che consegniamo in chiusura perché particolarmente appropriata, si deve ad Henry Ford: “mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.”



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