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Continuano le Security Conference di ASIS International in Europa

21/06/2013

di Alessandro Lega, CPP, Assistant Regional Vice President Region 9C – ASIS International

Di ritorno dalla dodicesima edizione dell’European Security Conference di ASIS International, tenutasi quest’anno a Göteborg, in Svezia, dal 14 al 16 aprile, mi è venuto prorompente il desiderio di scrivere questo articolo. I quattro giorni trascorsi insieme ai circa quattrocento colleghi provenienti da tutta Europa e da altre parti del mondo, mi hanno da una parte confermato la valenza internazionale degli incontri che vengono organizzati da ASIS International e dall’altra la constatazione di come il mondo della Security si stia sviluppando a macchia di leopardo. Avendo partecipato a tutte le edizioni delle Conferenze ASIS , che dal 2002 al 2013 si sono tenute in Europa (Amsterdam, Barcellona, Berlino, Copenaghen, Gothenburg, Londra, Lisbona, Madrid, Montreux, Nizza, Praga, Vienna), posso essere testimone dell’evoluzione avvenuta in questa dozzina di anni. Evoluzione che non è solo quantitativa, misurabile anche attraverso l’aumento del numero dei partecipanti e dal numero di sessioni parallele che riempiono il programma dei tre giorni dei lavori. E’ l’evoluzione qualitativa che colpisce particolarmente. Una crescita qualitativa si era già osservata nell’edizione 2011 tenuta a Vienna e quella del 2012 organizzata a Londra, sempre in aprile come ormai avviene tradizionalmente.

Crescita qualitativa

Come si può valutare la crescita qualitativa di un evento annuale che si ripete ormai da dodici anni?
Ci sono diverse metriche per poterlo fare: validità degli argomenti proposti, qualità dei relatori, qualità del materiale distribuito, novità dei prodotti esposti, ecc. Ce ne potrebbero essere degli altri, tutti validi punti di valutazione, anche se abbastanza tradizionali. Mi piacerebbe farlo da un altro punto di vista, meno tradizionale e forse meno evidente ad un osservatore distratto. Vorrei farlo parlando della crescita della qualità dei partecipanti. Nelle prime edizioni, nel 2002 e 2003, ricordo una presenza fatta per l’ 80% da colleghi provenienti dal Regno Unito e dalla penisola Scandinava. Un altro 10% provenienti dal Nord America. L’altro 10% dal resto dell’Europa. Fino a pochi anni fa, con qualche lieve variazione dovuta alla sede scelta per la conferenza, queste erano le percentuali in gioco. Oltre a questa osservazione vorrei aggiungere che il 95% dei partecipanti erano di sesso maschile. Le signore presenti, per la maggior parte in rappresentanza dell’offerta, si potevano contare con le dita delle due mani. Anche perché per i primi sette od otto anni il numero dei partecipanti si aggirava intorno a 200 – 250. Solo negli ultimi anni si sono superati i 300. A Vienna nel 2011 fu raggiunta la cifra di 400 partecipanti. A Londra, nel 2012, per la prima volta fu superato il numero di 500 partecipanti!
Quest’anno i partecipanti sono stati leggermente meno, ma le signore presenti hanno superato il 10% del totale.

Crescita in rosa

Credo che il segnale di una presenza femminile in crescita, in un settore tipicamente maschile, sia di per sé già un indicatore significativo. Vuol dire per prima cosa che si sono rotti degli schemi che duravano da troppo tempo e che sono diminuiti i contenuti muscolari che per molto tempo ha contraddistinto l’attività.
E’ cresciuto anche il numero dei partecipanti non di ceppo linguistico Anglosassone. Sono in crescita i partecipanti provenienti da realtà diverse, dall’Est Europeo, dai paesi del Centro Europa e dal Nord Africa.

Crescono i Chief Security Officers

Altro elemento che può essere utile come indicatore qualitativo: il livello dei partecipanti. Sempre meno presenze di bodyguard e sempre più Chief Security Officers. Si potrebbe commentare che il ruolo dei partecipanti, di per sé, non dovrebbe essere un indicatore qualitativo di una Conferenza. Per quanto discutibile osservazione, sono dell’opinione che il crescere del livello intellettuale dei partecipanti costringa ad elevare anche quello dei contenuti. Non è un mistero che l’evoluzione più significativa avvenuta negli ultimi anni nell’ambito della security sia direttamente dipendente dal livello di chi se ne occupa nelle aziende e nelle organizzazioni. Non si può dire che questo stia accadendo nello stesso modo in tutti i paesi Europei. Sta comunque avvenendo; in alcuni casi con alta intensità (in particolare in Nord Europa), in altri con minore intensità (in particolare nel Sud Europa). Un’osservazione per tutte: nel Regno Unito, Olanda, Danimarca, Svezia e Germania le figure di vertice delle strutture security sono inquadrati, e vengono chiamati, come Chief Security Officer (CSO) e sono inseriti in posizione molto vicina al vertice aziendale. In altre realtà, fra cui l’Italia, si fa ancora troppo spesso uso di un termine destinato ad essere presto desueto: Security Manager.
Se da una parte si può discutere sul nome, non c’è dubbio che il posizionamento in organigramma abbia la sua importanza. Non solo in termini di visibilità, e magari anche di retribuzione, ma principalmente in termini di capacità di essere a supporto di tutti i processi che si intersecano in un’organizzazione. Cosa ancor più importante è che i CSO sono sempre più spesso uomini di business - con un ruolo particolare, ma anche loro dedicati al raggiungimento dei risultati dell’intera organizzazione. Non più impegnati in un ruolo di “tutori dell’ordine” ma di creatori di “ valore aggiunto”, nel rispetto delle regole. Delle trentaquattro sessioni parallele che si sono tenute nei tre giorni a Göteborg, ce n’è stata una che mi piace particolarmente sottolineare. Il titolo, già da solo era tutto un programma: Security Managers No More – We’re Business Managers. In aggiunta, i due relatori sono da considerarsi totalmente attendibili e imparziali. Il primo, Marc Siegel è un esperto di standard internazionali in ambito security che vive in California; la seconda, Allison Wylde, è un'assistente universitaria alla London Metropolitan University Business School che vive nel Regno Unito.

Mi piacerebbe poter dire che anche l’Italia sta andando in questa direzione ma la situazione è leggermente diversa rispetto al modello descritto. Non è facile individuare le cause di questa differenza. In parte la causa potrebbe essere imputata alle aziende, che ancora non hanno individuato la necessità di avere nelle loro organizzazioni uomini, e donne, capaci di gestire il processo security fornendo anche un supporto al business. Non meno importante è il fatto che il modello dell’attuale uomo, o donna , della security è forgiato su uno stampo ancora troppo ancorato a schemi tradizionali. La security vista come un elemento abilitante per essere a supporto del business è un traguardo ancora da raggiungere in diversi casi, nel nostro Paese.
Purtroppo un’immediata conferma viene anche dal limitato numero di presenze di connazionali alle varie edizioni delle conferenze ASIS in Europa.
Anche quella di quest’anno non è stato molto diversa da quella degli anni passati. Appena tre i registrati, di cui nessuna presenza femminile, di provenienza dal Bel Paese. Le cause di questa cronica disattenzione per occasioni di crescita professionali e culturali in ambito internazionale possono essere molteplici. In alcuni casi potrebbe essere la barriera linguistica (le sessioni delle Conferenze ASIS in Europa si tengono tutte in Inglese, senza nessuna traduzione simultanea). Potrebbero essere i costi da affrontare per partecipare (quota di partecipazione, viaggio e soggiorno per i tre giorni). Si potrebbe obiettare che se le aziende avessero una piena visione dei contenuti dei programmi proposti, non dovrebbe essere difficile ottenere il supporto del senior management per facilitare la partecipazione a queste occasioni di crescita.
Certamente i nostri uomini, e donne, che si occupano di security in Italia dovrebbero essere più propositivi nella ricerca di valide occasioni di aggiornamento e di networking con i colleghi europei. Uno dei rischi possibili è quello di lasciare il settore security in un ambiente leggermente provinciale. E’ un aspetto di cui l’attuale Consiglio Direttivo del chapter Italy di ASIS International è decisamente consapevole. E’ questo uno dei motivi per cui da alcuni mesi il chapter Italiano si sta impegnando nel proporre una serie di incontri che hanno lo scopo principale di diffondere la cultura del business nella security.
Non è molto, ma almeno si tratta di un segnale di discontinuità rispetto alla tradizione nazionale. Questo in attesa, chissà quando, di avere un’edizione della conferenza Eeuropea di ASIS International organizzata in Italia. Intanto, possiamo solo cominciare a pensare alla Conferenza dell’anno prossimo che si terrà a L’Aia, in Olanda, dal 1 al 3 aprile 2014. 

 



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