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InnovAZIONE! L'officina del pensiero che fa girare il mondo

11/06/2013

di Ilaria Garaffoni

I Romani sì che ne sapevano di naming – la nobile arte di saper dare alle cose un nome appropriato. Pensiamo alla tanto abusata Innovazione: il verbo latino Innovare significa “rendere nuove le cose”, ossia alterare l’ordine stabilito per dare nuove risposte, per risolvere problemi emergenti, per migliorare la vita. Quello che in termini moderni si chiama fornire valore aggiunto. Quando un’idea creativa genera progresso si parla quindi di innovazione, anche se - più prosaicamente - la stragrande maggioranza delle innovazioni arriva da imprenditori in cerca di profitto. Il che non va però visto come un male, tutt’altro.

Nel nostro settore, che si avvia verso una decisa contrazione degli operatori ed una polarizzazione sempre più forte tra i boss della sicurezza, l'innovazione tecnologica giocherà un ruolo essenziale. Assieme ovviamente a corrette strategie di marketing, comunicazione e ad una buona dose di fortuna. La bella notizia, per noi italiani, è che la Legge di Stabilità 2013 prevede l’istituzione di un Fondo per il sostegno ai Programmi di Ricerca e Sviluppo con incentivi (credito d’imposta, esenzione IRAP per determinati soggetti e riduzione del cuneo fiscale) alle aziende – soprattutto PMI - e alle reti di impresa che investono direttamente in R&S o tramite strutture di ricerca.
Se per i dettagli degli incentivi bisognerà aspettare un decreto MiSE, è però bene volgere sin d'ora uno sguardo all'innovazione e analizzarne le diverse possibilità.

Ci concentreremo qui sull'innovazione tecnologica, ricordando però che il processo creativo può coinvolgere qualsiasi aspetto di un'organizzazione: dal customer service all'infrastruttura, dalle risorse umane all'amministrazione, dal legal al MarCom, passando per risparmio energetico e impatto ambientale.

Innovazioni ad alta intensità

Le innovazioni possono essere classificate sotto vari “livelli dimensionali”: di intensità, di modalità e di approccio. Sotto il profilo dell'intensità del loro impatto, i teorici della materia suddividono le innovazioni in incrementali (che aggiungono cioè dettagli furbi a prodotti consolidati – come le rotelle del trolley) e radicali, ossia innovazioni che alterano profondamente lo scenario di riferimento (la Polaroid bypassò rullino, sviluppo & co.). Last but not least, ci sono le innovazioni distruttive, che rivoluzionano totalmente un approccio ad un problema, facendo piazza pulita dei sistemi preesistenti. Pensiamo al telegrafo, da cui peraltro si dipartirono un'infinità di ulteriori idee e scoperte che traghettarono l'umanità dalla comunicazione con i segnali di fumo fino ad Internet.

Nel settore sicurezza nessuna innovazione ha “spazzato via il pregresso con un colpo di spugna”, anche se l'ingresso dell'IP nella videosorveglianza – guidato da Axis Communications – ha indubbiamente rivoluzionato il modo di fare e di pensare la sicurezza. Per la sua viralità e soprattutto per l'impatto a cascata sull'intero indotto di settore, possiamo senza dubbio dire che le IP cameras inventate da Martin Gren sono state l'innovazione distruttiva del nostro comparto.
Ma non tutto deve essere farina del sacco di chi innova: spesso basta saper cogliere la giusta tecnologia, sviluppata in altri campi operativi, utile da riadattare al proprio comparto. Gli esempi nella sicurezza sono infiniti: dagli algoritmi di compressione (l'H264 è stato mutuato dal broadcast), ai sensori megapixel e - più di recente - alle lenti fish-eye e pantottiche (di estrazione fotografica).

Il fatto che la sicurezza sia tecnologia di frontiera e crocevia tra diverse aree tecnologiche (dal cabling all'IT, dalle telecomunicazioni al networking, fino alla fotografia) amplifica questi scambi.

La modalità: leader e follower

Per Steve Jobs l’Innovazione è ciò che distingue un leader da un follower. Per la serie: se non si innova, tocca seguire - quindi subire - il mercato. Assioma discutibile - come quello, altrettanto famoso, che "i clienti non sanno ciò che desiderano finché non glielo mostri".
Secondo Jobs, il punto è quindi scoprire (o costruirsi) segmenti, bisogni e mercati vergini. Spazi in cui, simply, la concorrenza non c'è – almeno nel primo periodo. Questo però comporta immaginare possibilità che gli altri non vedono, guardare il mondo con occhio apparentemente distratto, chiedersi perché serve fare una certa cosa, ora e così, o se non esistono soluzioni alternative, sorprendenti ed inesplorate. Nel nostro comparto, a fine anni 90 Axis ha immesso sul mercato un prodotto che – ora possiamo dirlo – non voleva proprio nessuno, imprimendo senza dubbio un profondo stigma nell'innovazione della videosorveglianza.

E tuttavia, se è pur vero che nessun cliente ha mai chiesto la luce elettrica, è altrettanto vero che seguire con attenzione gli stimoli e le richieste elevate dai clienti – soprattutto in un settore ad alta vocazione tecnologica e professionale – è un approccio assolutamente corretto, oltre che utile.

L'Honeywell Integrated Security (HIS) End Users Committee è nato molti anni fa – spontaneamente - da alcuni utilizzatori indipendenti come strumento di feedback tecnico diretto. Nel tempo, Honeywell vi ha riposto un'attenta politica di ascolto, e molte osservazioni del comitato sono state tradotte in feature e incorporate nei nuovi prodotti. E' l'opposto della modalità “push” alla Jobs, ma funziona lo stesso. Certo, seguire pedissequamente le richieste (anche le più strampalate, inutili o assurdamente costose) degli utilizzatori finali fa solo disperdere energie, ma ascoltare con intelligenza può portare innovazione. E a questo punto, poco conta se si è seguìto o se si è guidato un processo: sempre di innovazione si tratta. E porta comunque profitto.

Approccio responsabile, open e social

E veniamo all'ultima classificazione delle innovazioni, quelle ricalcate sull'approccio.
Qui si parla spesso di innovazione responsabile, open e social.
I temi dell'innovazione responsabile, della creatività etica e della sostenibilità sono di particolare  attualità. Tutti ne parlano ma si opera ancora poco in questa direzione. E' però vero che le aziende che innovano rispettando i codici etici ed ambientali partono con una marcia in più e un accesso diretto a sgravi e incentivi “green” e a mondi solo apparentemente lontani, come la cooperazione e il no-profit. Altri temi in voga sono i concetti di innovazione aperta o open, che sposa un approccio alla ricerca fondato sul trasferimento (in e out) di informazioni fuori dal perimetro d’impresa.
Il principio è semplice: le idee inutilizzate sono uno spreco di risorse aziendali, abbattono il morale dei visionari aziendali e – orrore degli orrori - potrebbero finire nelle mani di un concorrente o di dipendenti che non ci amano se venissero scartate tout-court.

Meglio allora cederle all'esterno (magari ad aziende con modelli di business diversi) e far sì che possano generare nuove idee ed opportunità. In questo senso anche la comune collaborazione con Università e Centri di Ricerca cambia l'approccio, passando da luogo ove sviluppare innovazione a laboratorio per monetizzare i risultati di ricerche “scartate” dalle aziende. L'R&D può porsi quindi anche come centro di profitto.

Ulteriore evoluzione di questo approccio è l'innovazione collaborativa, detta anche social innovation, crowdsourcing, call for ideas, innovation contest ecc. Questo approccio coinvolge nella ricerca di idee tutti i soggetti che operano all’interno di un ecosistema organizzativo (dipendenti, fornitori, partner commerciali, clienti). L'utilizzo comune di piattaforme tecnologiche di Idea & Innovation Management valorizza tutte le forme di partecipazione (non solo la proposta ma anche il voto, il commento o la critica) e alcune piattaforme includono dinamiche “pseudoludiche” - giochi a livelli, punti o premi - per incrementare la partecipazione. Meccanismi che paiono funzionare.

Nomen omen

Un altro aspetto – sicuramente marginale ma che da giornalista tecnica mi tocca da vicino - è quello del naming: nella sicurezza, come in molti altri settori hi tech, i prodotti hanno nomi impronunciabili, immemorizzabili, a mezza via tra l'iban e il codice fiscale. Nomi che si riferiscono allo spazio di una creazione all'interno della catena produttiva.
Senza avventurarsi in iperboli lessicali (del resto parliamo di sicurezza, non di farfalle e new age) ci sono però stati esempi, anche sul mercato italiano, di centrali dal nome user-friendly che sono state molto vendute. Forse quel nome potrebbe avere anche in minima parte contribuito al successo del prodotto? Nomen omen, dicevano i latini. E loro, già l'abbiamo visto, di naming se ne intendevano.

 



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