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"Si fallisce per cassa e non per competenza": occhio al Business Plan

04/05/2013

di Paolo Lasagni, Amministratore delegato KF Ecnonomics

Fino allo scorso decennio si sviluppava un Business Plan solo in occasione di significativi investimenti (acquisizioni, apertura a nuove linee di Business o nuovi mercati) e si procedeva annualmente solo allo sviluppo di un budget basato sostanzialmente sull’andamento dell’anno precedente. L’attuale contesto “tumultuoso” suggerisce, invece, una continua revisione del Business Plan Aziendale, perlomeno annuale. Per queste ragioni storiche, nelle imprese non c’è - generalmente - una grande familiarità con lo sviluppo di un business plan e, soprattutto, a svilupparlo in ottica non solo di crescita del valore dell’azienda (o almeno del suo mantenimento), ma anche di presidio del rischio espresso tramite il giudizio di solvibilità finanziaria: il rating.

Che cosa significa (e a cosa realmente serve) la pianificazione strategica finanziaria? Pianificare significa costruire un modello economico finanziario del business, per farsi una sensibilità sull’impatto delle diverse variabili economico-finanziarie sui risultati dell’azienda: sui bilanci e da questi sul valore e rating. Pianificare significa utilizzare questa sensibilità per decidere dove portare la propria azienda nel prossimo anno e negli anni successivi.

La pianificazione strategica permette, in altre parole, di collegare le leve strategiche del business alle variabili finanziarie aziendali e i risultati aziendali al posizionamento strategico e competitivo dell’azienda.

Per esempio, se stiamo valutando l’azione strategica di indirizzare un mercato più ampio per aumentare i ricavi, dovremo stimare quali ricadute questo potrebbe avere sulle principali variabili economico-finanziarie (maggiori costi fissi dovuti all’allargamento dell’area presidiata, maggiore circolante necessario per sostenere l’eventuale crescita e quindi ampliamento degli affidamenti bancari,…). Molto spesso, invece, ci si limita a proiettare l’attuale marginalità sui volumi stimati, senza dare l’opportuno peso agli impatti sui costi fissi e, soprattutto, sul capitale circolante. Il capitale circolante può essere rappresentato come differenza tra attivo corrente (crediti verso clienti, magazzino, anticipi fornitori) e passivo corrente (debiti verso fornitori, dipendenti e debiti tributari ricorrenti). Questa differenza è direttamente proporzionale al volume del business e viene normalmente finanziata dal sistema bancario. In un momento di forte contrazione del credito erogato alle imprese, prima di pianificare un forte aumento dei volumi bisogna valutare se saremo in grado di finanziare l’aumento del capitale circolante che ne deriverà. Mai come oggi, infatti, vale il vecchio adagio “si fallisce per cassa e non per competenza”: con le banche che stentano a finanziare il circolante - che già aumenta per l’allungamento dei termini reali di pagamento dei clienti - si può aumentare il fatturato (anche mantenendo la marginalità) e non riuscire a onorare i debiti (dipendenti, fornitori o banche che siano) rischiando di portare in tribunale i libri contabili.

La soluzione, certamente, non è quella di evitare di sviluppare l’azienda per non cadere nella trappola della liquidità, ma quella di pianificare correttamente i due elementi fondamentali dell’azienda: valore e rischio.

Valore e rischio

Una volta definito un modello della nostra azienda che leghi in modo ragionevole (e fortemente basato sulle nostre performance storiche) i risultati di Business (espressi in termini di quote di mercato, marginalità, volumi,…) con le principali variabili economico-finanziarie (capitale circolante, indebitamento, EBITDA/V,…) si devono analizzare i possibili scenari (normalmente si fanno 3 scenari: best case, target e worst case) estraendone una proiezione di valore e rischio a 3/5 anni. Per quanto riguarda l’analisi del Valore d’azienda, noi di KF Economics utilizziamo una versione ampliata del metodo basato sui multipli di Ebitda, che consente di mettere in relazione tutte le principali variabili economico-finanziarie dell’azienda con il loro contributo alla creazione o distruzione di valore. 
Lo schema di analisi del valore è riassunto in figura 1.

Rating

Per il rischio finanziario, invece, si può utilizzare il Rating che è un giudizio di solvibilità finanziaria: dal giudizio di Rating dipende l’ammontare di fido che le banche concederanno alla Società e il relativo tasso d’interesse. E' importante, quindi, che l'azienda sappia leggere il proprio bilancio come chi la giudica dall'esterno. Attraverso il rating è possibile individuare in anticipo i potenziali punti di debolezza e di forza per migliorare i primi e valorizzare i secondi. Per questo motivo KF Economics ha sviluppato un proprio modello di Rating che le permette di aiutare i propri clienti a conoscere e anticipare la prospettiva con cui gli istituti finanziari guarderanno ai risultati attuali e futuri.Valore e Rating sono due metriche essenziali per la misurazione sintetica delle performance aziendali. Solo la loro lettura congiunta e la loro evoluzione nel tempo consentono di individuare il “percorso” compiuto dall’azienda negli ultimi anni e anche di interpretare le conseguenze nel futuro degli obiettivi impliciti nei piani industriali e finanziari proposti dall’azienda.

Nella figura 2 un Business Plan viene sintetizzato con una curva che esprime nel tempo la coppia rischio/valore. Sempre riferendosi a figura 2, se ci troviamo nella situazione rischio/valore “A” e il nostro obiettivo è aumentare il valore, occorre in certe fasi accettare un temporaneo incremento del rischio (peggioramento del rating) fino a C, per poi tornare a migliorare rating e valore fino a B. Quello che occorre è definire una soglia minima di rating accettabile, oltre la quale privilegiare la solidità del business («fare cassa») per evitare di trovarsi nelle situazioni di rischio di fallimento sopra descritte. Analogamente è bene anche porsi un limite massimo al rating, oltre il quale si può tornare a spingere la leva finanziaria per investire e ottenere maggiore valore.

Sebbene queste righe possano - a una prima lettura – risultare un po’ ostiche, la nostra esperienza è che questa chiave di lettura diventi velocemente naturale per gli imprenditori e fornisca un valido supporto a presidiare periodicamente l’andamento della propria azienda in modo più completo rispetto al focalizzarsi solo su fatturato e marginalità.

Per le tabelle, vedi a&s 19: http://asitaly.ethosmedia.it/ASItaly_n019-Feb-2013.pdf

 



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