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Equilibrio tecnologico: sai gestire l’uso del tuo dispositivo?

23/11/2023

In uno dei miei articoli ho parlato del work-life balance, ovvero dell’equilibrio tra lavoro e famiglia. Sono molti i fattori implicati nel concetto di “equilibrio”. Tra questi vi è l’utilizzo dei dispositivi portatili. Usati senza porre un limite, costituiscono un problema non solo quando si è tra le pareti domestiche, ma anche nelle aziende, dove molti dipendenti fanno fatica a rimanere “disconnessi”.

di Marco Biagi - Sales Manager e formatore 4humans.it Autore del libro “Appunti di un commesso viaggiatore”

Viviamo in un’epoca dove tutti vogliamo essere costantemente aggiornati. Il tempo, il traffico, le news. Sembra che in media ognuno di noi consulti il proprio cellulare ogni quattro minuti per sapere cosa accade o prevede il futuro, in materia di meteo, borsa, notizie last minute e news. Per non parlare dei social. Siamo a livelli riconducibili in alcuni casi ad una vera e propria compulsione. Al punto tale che, da recenti studi, risulta che se una pagina di un sito non si apre subito, si chiude e si passa ad un altro sito. Il saper aspettare si allontana sempre di più dal nostro stile di vita, al punto che se non veniamo subito ascoltati, ricevuti o non otteniamo una risposta ai nostri messaggi whatsapp, andiamo subito in collera, ipotizzando disinteresse se non addirittura congiure. 

Più informazioni, più ansia

Ma anche quando in un batter d’occhio riceviamo risposta alle nostre domande, pare che la straordinaria quantità di informazioni che riceviamo non ci tranquillizzi, al contrario alimenti uno stato di ansia costante. La cosa preoccupante è che qualcuno pensa che questo stato d’animo sia funzionale. Maria Rojas Estapè, psichiatra spagnola, sostiene nelle sue conferenze che con il tempo la mente non riconosca più la differenza tra emergenze reali e quelle immaginarie. Nella pratica succede quando il 99% delle preoccupazioni che abbiamo non si realizzeranno mai. Siamo talmente carichi di paure ed ansie acquisite nel web, da far fatica a decifrare quali siano potenzialmente reali per le nostre circostanze e verificabili nell’area geografica di nostra appartenenza. 

Ansia perenne = vediamo tutto nero

Vivere in uno stato di perenne preoccupazione, spiega il Dr. Mario Alonzo Puig medico e neurologo, attiva l’Amigdala (dal greco mandorla), il complesso nucleare situato nella parte dorso mediale del lobo temporale del cervello che gestisce le emozioni. L’Amigdala valuta questo stimolo come un pericolo reale, stimolando il rilascio di ormoni che innescano reazioni di attacco o fuga. Quindi il sangue lascia il cervello, lo stomaco e va ai muscoli, in difesa da un pericolo che si ritiene vero. Peccato che non lo sia affatto. Ma vivere perennemente preoccupati toglie lucidità ed anche salute, visti i frequenti mal di stomaco che accompagnano l’ansia. Il nostro corpo non è progettato per vivere nella preoccupazione: siamo progettati per affrontare i problemi veri. E quando una persona si sente minacciata, vede tutto ostile intorno a sè. 

Emozioni fake

La rete ed i social usano sempre più i video per comunicare: video che stanno ormai sostituendo la parola scritta. Dal bisogno di informazione, siamo arrivati al loro utilizzo alla ricerca di un momento di svago o relax. Il risultato però è esattamente l’opposto. Ci mandano miliardi di informazioni, ma le cose buone accadono solo nella realtà, non nella fantasia del digitale. Sono emozioni fake anche se ci danno gratificazioni istantanee. Per questo ne siamo dipendenti. Infatti, appena abbiamo bisogno di una gratificazione, ovvero una sensazione di appagamento, prendiamo in mano il cellulare passandoci ore ed ore, senza nemmeno rendercene conto. Purtroppo, la sensazione di benessere dall’uso dei dispositivi digitali ha la memoria corta e quindi diventa necessario ricorrervi quanto prima. 

Analfabetismo funzionale 

Voglio menzionare un altro effetto collaterale. Lo descrive Aldo Grasso nel suo articolo: “la nuova Babele: Ognuno è il selfie di sé”, definendo “l’analfabetismo funzionale”. Una vera tragedia per il nostro tempo. Di fronte ad un testo, afferma Grasso, ormai si cercano solo parole per rafforzare i propri pregiudizi. Grazie al web è aumentata la disponibilità dei contenuti, ma nello stesso tempo è diminuita la curiosità intellettuale. Nessuno più ricerca il contraddittorio, ma solo tesi il più possibile vicine alle proprie. Concorrono in questo i motori di ricerca, che sanno riconoscere subito i nostri gusti, preferenze ed orientamenti. Con il nostro consenso informato, chiediamo quindi alla rete che - in modo macro - decida che tipo di materiale ci debba essere presentato.

Arrivati alla conclusione, nella gestione del nostro tempo e dei dispositivi non ci si può fidare solo del nostro buon senso. Dovremmo mettere un limite e cercare di rispettarlo, specie quando ci si rende conto, o ci viene fatto notare da più persone, che stiamo esagerando. 



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