C’era una volta, in un tempo non troppo lontano, un mondo dove le persone ambivano ad avere un posto di lavoro. L’obiettivo era, dapprima, quello di contribuire al bilancio familiare e successivamente il raggiungimento dell’indipendenza economica necessaria per soddisfare i bisogni propri e della propria famiglia. Chi aveva un lavoro percorreva chilometri per raggiungere l’ufficio o la fabbrica ed era orgoglioso, perché poter vantare di avere un lavoro era di per sé una soddisfazione. Il lavoro era sacro e il tempo libero era vissuto come una concessione.
di Giuseppe Ligotti - Consulente in gestione HR Profittevole
Nel corso del tempo le cose sono cambiate. Ci si è resi conto che l’esistenza non poteva basarsi sulla soddisfazione del solo bisogno di autonomia finanziaria, ma che altri bisogni erano altrettanto essenziali: il riconoscimento del lavoro svolto, l’autostima, la carriera ed il senso di appartenenza ad una certa fascia sociale. Con la nascita e la crescita di questi bisogni, si è iniziato a dare sempre meno importanza alla necessità finanziaria e ad sviluppare costantemente – forse inconsciamente - la ricerca di un lavoro che potesse garantire una buona qualità della vita.
Il ruolo delle Istituzioni
Contestualmente iniziava a prendere vita un percorso sociale che vedeva il mondo del Lavoro e delle Istituzioni prendersi cura delle persone. Iniziarono a delinearsi processi formativi volti a tutelare le persone nel posto di lavoro: dalla “Legge 626”, poi modificata dal Dlgls 9 aprile 2008, n. 81, alla sicurezza della persona relativamente rispetto al trattamento dei dati personali (Legge n. 675 del 31 dicembre 1996 oggi normata dalla nuova normativa sulla protezione dei dati personali del regolamento UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016). Il lavoratore iniziava insomma ad essere considerato non più solo come mezzo produttivo di fantozziana memoria, ma come persona.
La persona al centro
Dagli anni 2015 si susseguono provvedimenti per la disciplina dell’apprendistato e si incomincia a comprendere quanto la formazione sia rilevante per lo sviluppo di competenze e competitività.
Vengono a tal fine istituite forme nuove di apprendistato e il tirocinio formativo.
Ad oggi, il concetto di formazione è ben radicato nel mondo del lavoro, tuttavia presenta ancora notevoli vuoti non tanto dal punto di vista normativo, quanto dal punto di vista concettuale.
L’idea di assumere una persona in possesso di competenze più o meno consolidate, e poi eventualmente di formarla in base al lavoro da svolgere, è infatti figlia di un retaggio un po’ antiquato. Mi spiego meglio.
Un lavoro che soddisfi
Ricordate l’evoluzione dei bisogni cui si accennava sopra? La sempre minore attenzione al mero fabbisogno finanziario, a fronte della crescente necessità di soddisfare bisogni immateriali? Ebbene, la crisi del lavoro che stiamo vivendo oggi, in qualsiasi campo, è figlia di questa concezione. Oggi si cercano lavori che soddisfino in primis il bisogno di qualità della vita. Le aziende che un tempo selezionavano il personale, oggi sono selezionate dai candidati e la scelta ricade sulle realtà che mettono la persona al primo posto. Sono i candidati a valutare quale formazione le aziende siano disposte a fornire, quanto esse distino da casa, se siano presenti politiche di welfare aziendale, se si possa fare Smart-Working e, solo alla fine, a quanto ammonti la retribuzione.
Formare prima di assumere
In questo scenario, dovrebbe essere compreso che oggi la formazione deve iniziare prima dell’assunzione. Il lavoratore deve percepire il valore che la persona ha per l’azienda. Investire sulla persona prima che inizi il rapporto di lavoro porta questa stessa persona a comprendere quanto l’azienda abbia sviluppato, nei suoi valori fondamentali, l’attenzione agli individui. Iniziare percorsi formativi prima dell’assunzione presenta l’azienda come una realtà formata da persone, e non solo da capitali e mezzi. Le persone percepiscono di essere il punto centrale dello sviluppo aziendale, e conseguentemente del lavoro, all’interno di realtà che trasmettono attenzione ai bisogni immateriali.
Investire preventivamente sulla formazione è l’unico strumento che l’azienda può adottare per comprendere se il soggetto è veramente idoneo, per caratteristiche personali, a svolgere i compiti che essa vorrebbe affidargli. Continuare a percorrere la strada di formare le persone dopo averle assunte, magari dopo un colloquio di pochi minuti, non solo non assicura che il candidato abbia le caratteristiche necessarie, ma sicuramente non sviluppa quel senso di appartenenza all’azienda che porta le persone a rinunciare a parte del loro tempo (valore primario) per il bene aziendale.
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