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Nuove sfide per la videosorveglianza in un mondo fluido

31/10/2022

di Ilaria Garaffoni

Viviamo in una dimensione fluida, con cambiamenti epocali che impongono di reinventare il business da zero giorno dopo giorno: la stampa tecnica non può esimersi dal calare il comparto sicurezza nel mondo feroce, scivoloso e imprevedibile che lo circonda. Perché il nostro settore fa parte di questo mondo. Perché le imprese del settore sono prima di tutto imprese che vivono un mercato flagellato da questioni assai più “macro” di quelle finora sperimentate: dalla pandemia al caro energetico, dallo shortage dei componenti fino ad una guerra con riflessi sempre più importanti. Come se la sta cavando un segmento come la videosorveglianza, che in pandemia ha saputo reinventarsi grazie alla flessibilità delle proprie tecnologie e soluzioni?

Dopo due anni di Covid, la guerra. In che modo questi due eventi – catastrofici e imprevedibili - hanno cambiato e cambieranno la videosorveglianza? State riscontrando nuove oscillazioni nelle vendite? Come reagisce il mercato? Godiamo ancora della riapertura dei cantieri e dei grandi lavori sospesi dal Covid oppure l’utenza ha paura e sta alla finestra?

Stefano Riboli - La pandemia ha trasformato non solo il modo di lavorare delle aziende, ma talvolta anche il business: alcuni operatori si sono infatti spostati su prodotti per la misurazione della temperatura (termici), cercando di recuperare i fatturati persi nel periodo di lockdown. Noi abbiamo sempre mantenuto il focus sulla videosicurezza, che a sua volta si è comunque trasformata, esprimendo anche cambiamenti che resteranno nel lungo periodo. La pandemia ha del resto accelerato processi e trend già in essere: la remotizzazione (con un uso più massiccio del cloud per configurare e manutenere gli impianti da remoto) e tutti i nuovi utilizzi degli strumenti di videosorveglianza legati all’interpretazione delle telecamere come sensori disseminati sul campo, non come meri strumenti di ripresa. In uno scenario simile, il tema oggi prioritario per la catena del valore (utenza inclusa) è la sicurezza dei dati raccolti da questi sensori. Tema sensibile che si riflette, per chi tale sicurezza ha sempre portato avanti con scrupolo, in una positività delle vendite, nonostante l’incertezza del momento. La riapertura dei cantieri e la ripartenza dei progetti legati (non solo) al PNRR hanno dato un’ulteriore spinta al mercato.

Stando alle nostre indagini finanziarie, nel segmento della distribuzione sembra esserci più spazio (rispetto a produzione o integrazione dei sistemi) per l’ingresso di nuovi soggetti intenzionati a sfidare le posizioni di leadership più consolidate. Vi risulta? Il modello opex funziona? Quali strategie economico-finanziarie e commerciali sono state messe in campo per sostenere la filiera? Si è parlato di accorciare la filiera, cioè di ridurre il sistema di distribuzione a un numero inferiore di attori che remino però tutti dalla stessa parte: sarebbe utile?

Marta Elia - Pandemia e guerra stanno creando nuova instabilità sul mercato e generale incertezza, ma c’è un aspetto positivo: il Covid ha accelerato i processi di digitalizzazione e smaterializzazione e questo vale anche per la videosorveglianza, che è oggi sempre meno “fisica” e sempre più incentrata sul dato. Storicamente, poi, e al netto della questione etica, le guerre hanno sempre operato da booster tecnologico. Dal nostro osservatorio non registriamo invero particolari movimenti o riassetti sul territorio, quanto meno sui mercati di nostro interesse: rileviamo tuttavia una sempre maggior ibridizzazione dei distributori (dal cablaggio alla sicurezza ad esempio) e movimenti e acquisizioni in campo elettrico. Sicuramente il modello di business si sta già da anni spostando da capex a opex, ed è un trend che riguarda produzione, distribuzione e tipologia di servizi offerti. Vedremo chi si adatterà prima e meglio. L’accorciamento della catena distributiva può avere un riflesso positivo in una prospettiva green e di valorizzazione dei brand sul territorio in un’ottica di ottimizzazione ed efficientamento. In tal senso potrebbe essere utile una filiera più corta, che ragioni “da filiera” facendo forecasting, ottimizzando la produzione e non ragionando più sul brevissimo periodo: rafforzerebbe le partnership. 

Il system integrator è l’anello finale della catena: quello che deve spiegare all’utente perché i prezzi sono aumentati e quello che è anche l’ultimo a fatturare, quindi quello che più rischia di non essere nemmeno pagato. Come rispondete? Ritoccate i listini o “andate in tasca”?

Gabriele Ferretti - Il periodo può dirsi complessivamente positivo, nonostante il momento sfidante. Il perdurante lockdown cinese ha presentato un impatto pesante su noi system integrator, oltre ai rincari energetici e dei materiali. Sono aumenti che ovviamente non possiamo né vogliamo ribaltare sull’utente finale: abbiamo sperato in un decreto che permettesse di revisionare i prezzi nei contratti già esecutivi, ma non è andato in porto. Come reagire dunque? Creando un modello di business incentrato su condivisione e sinergia di tutti gliattori, utenza compresa. Sarebbe utile a tal fine istituire un tavolo permanente di confronto sui prezzi ma non solo. Lato utente, ad esempio, rileviamo una rinnovata sensibilità sul tema cyber, che potrebbe essere uno spunto di partenza per avviare questi tavoli. In materia di sicurezza del dato noi system integrator giochiamo peraltro un ruolo fondamentale sul piano divulgativo e informativo: conoscere il problema e illustrarlo correttamente all’utente ci permette di vendere una novità nel modo giusto.

In che direzione sta andando e andrà il settore in questo nuovo contesto? E’ possibile ipotizzare nuove forme di utilizzo latamente o indirettamente “belliche” delle tecnologie di sicurezza privata (es. termiche, droni, videoanalisi sempre più spinta, intelligenza artificiale)? In tal caso, il settore potrebbe essere chiamato ad affrontare un bivio etico...

Vincenzo Cetraro - Abbiamo in effetti ricevuto richieste di tecnologie che presentassero funzionalità di tipo bellico-militare, soprattutto all’inizio del conflitto, ma riteniamo che per fare sicurezza si debba restare ancorati al senso originario del lemma, dal latino sine cura: il nostro obiettivo è offrire soluzioni che tolgano preoccupazioni, non che creino danno. Certamente non è un momento facile: capita quotidianamente di venire a conoscenza della data di consegna di un componente solo ad ordine firmato e di veder lievitare prezzi e tempi di consegna di ora in ora. Lo shortage dei componenti ci sta mettendo in reale difficoltà: alcuni rincari sull’elettronica sono assolutamente insostenibili. Come reagire? Noi produttori dobbiamo saper essere flessibili anche al cambio tecnologico: dobbiamo cioè saperci adattare a nuovi componenti (cosa peraltro non facile da spiegare agli anelli successivi della filiera). Occorre, oggi più che mai, essere partner e fare sinergie a 360°. Lo stesso approccio è valido per il tema dell’informazione (vero plus del videomonitoraggio) rilevata dai sensori-camere: serve educare l’intera filiera alla sicurezza del dato.

Le applicazioni green possono dirsi la nuova killer application del settore? E l’attenzione al green può diventare un nuovo e più importante elemento di selezione del brand? Si può usare l’AI per ottimizzare i processi anche in termini di efficientamenteo energetico?

Gabriele Ferretti - La sostenibilità può essere definita come un modello innovativo di sviluppo che consente, nel nostro caso, di garantire sicurezza nel rispetto dell’ecosistema. In passato l’evoluzione tecnologica ha non di rado danneggiato la natura: la consapevolezza che abbiamo maturato col tempo ci impone invece oggi di operare in modo sostenibile. E l’utenza finale è molto sensibile al tema: le richieste della Pubblica Amministrazione, in particolare, sono numerose in tal senso: abbiamo da poco portato a termine un sistema di gestione del traffico intelligente degli impianti semaforici che monitorano anche il microclima, contribuendo alla riduzione dell’inquinamento urbano. Ritengo che ecoinnovazione debba essere la parola chiave e che ancora una volta il settore sicurezza possa essere protagonista della svolta, anche grazie ai fondi stanziati dal PNRR.

Marta Elia - Il tema è di estrema attualità e buona parte della filiera è già molto sensibile: la progettazione di impianti ed apparati sta andando da tempo nella direzione di offrire anche possibilità di risparmi energetici. Dal nostro osservatorio, rileviamo che la richiesta arriva dal basso, dobbiamo quindi tutti attivarci per rispondere a questa esigenza dell’utente finale in maniera adeguata e a tutti i livelli. Anche noi stiamo facendo la nostra parte, ottimizzando logistica e magazzino. La nostra visione di distribuzione “ibrida”, che parte cioè da un mercato più ampio del videomonitoraggio, ci mostra tuttavia il pericolo insito nella gestione di una grande mole di dati: anche i data center sono energivori. Bisognerà dunque ottimizzare anche quell’aspetto.

Stefano Riboli - Il tema green non riguarda solo la riduzione dei consumi, ma anche il ciclo di vita dei prodotti che immettiamo sul mercato: è importante che un prodotto resti a catalogo per un certo numero di anni e che riceva periodici aggiornamenti per garantire la sicurezza dei dati. Dobbiamo pensare a prodotti che durino, che non vivano un’obsolescenza programmata dovuta magari solo alla mancanza di aggiornamenti del firmware, perché lo smaltimento dopo pochi anni di vita presenta un costo ambientale pesante. Nel settore del building, ma anche in ambito industriale, oltre che nelle smart city, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per efficientare flussi e processi, con importanti riflessi in ambito di security e safety.

Vincenzo Cetraro - La sensoristica in campo, assieme ad un uso più pervasivo di remotizzazione e cloud, permettono di avere anche un impatto green: le informazioni raccolte possono peraltro essere finalizzate a ridurre l’impatto energetico ed ambientale con un uso più razionale delle risorse. Domotica e automazione dell’edificio ci permettono peraltro di agganciarci agli ecobonus e per certi aspetti anche al 110%. L’efficientamento può tuttavia essere spinto ai massimi con un processo di customizzazione del prodotto, ossia di personalizzazione in base alla richiesta e all’applicazione. Lavorando assieme al cliente è del resto più facile efficientare l’utilizzo dell’oggetto, con un evidente impatto sulle risorse. Aggiornamento dei firmware e customizzazione delle applicazioni sono la chiave green, soprattutto nel mondo industriale: abbiamo appena customizzato delle vending machine che si accendono solo se si presenta una persona davanti alla macchina (prima si usavano sensori di presenza che si accendevano anche se la gente passava vicino, senza interesse all’acquisto). Piccole idee che portano grandi risparmi. 

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