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La Regola Tecnica, questa sconosciuta (parte I)

08/04/2022

di Giovanni Villarosa -Laureato in Scienze dell’Intelligence e della Sicurezza, esperto di Sicurezza Fisica per Infrastrutture, CSO e DPO,membro del comitato tecnico-scientifico del CESPIS, Centro Studi Prevenzione, Investigazione e Sicurezza

Da questo numero in avanti affronteremo un argomento spinoso: il rispetto della “regola dell’arte”. Espressione spesso citata, ma la cui conoscenza da parte dei professionisti della security risulta spesso avvolta da una fitta nebbia interpretativa, approcciata con differenti correnti di pensiero, quando non addirittura applicata in diverse maniere. Il settore sicurezza (security, safety, building automation) è in effetti dominato da una serie infinita di norme e disposizioni normative, spesso disomogenee tra loro, quando non curiosamente in antitesi, in fatto di responsabilità civili/penali.

Partiamo da una constatazione. Il nostro settore è affine, per specializzazione, al comparto industriale degli impianti elettrici, dunque è chiaro che gli adempimenti normativi di settore siano fortemente comuni ad entrambi, seppur con talune sfumature, ma sempre nel perimetro vincolato delle norme CEI/UNI, del DM 37/08 e della Legge n° 186/68, tanto per citarne alcune. Inoltre ogni professionista (progettista/installatore) che venga meno ai vincoli contrattuali convenuti con la committenza, risponde sempre in sede civile del “danno contrattuale” cagionato dalla violazione. Oltre a ciò, può rispondere, nella stessa sede, anche del “danno extracontrattuale”, contemplato quando il professionista non è rispettoso della buona “regola dell’arte”, che si concretizza quando egli non presta la dovuta “diligenza tecnica” propria delle sue capacità e cognizioni “tecnico-normative”. Ciononostante, abbiamo due casi nei quali il professionista non risponde del danno, ovvero: quando nel contratto di commessa sarà espressamente prevista una certa “discrezionalità tecnica” gestita dallo stesso, che dovrà però sempre muoversi nell’alveo dell’obbligatorietà tecnica, oppure quando la committenza imponga le sue esigenze, laddove poi il professionista abbia comunque resa edotta la stessa sulla reale possibilità di una “risultanza tecnica imperfetta” dei lavori commissionati. 

Cos’è la regola dell’arte?

Sebbene la nozione regola dell’arte abbia registrato una vasta divulgazione e il suo concetto sia stato inserito nei contratti, come pure nelle sentenze, e pur essendo espressamente citata nell’art. 2224 del Codice Civile (“il prestatore d’opera è tenuto a procedere all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte”), ebbene, nonostante tutto ciò, mai è stata fornita una esplicazione tangibile della “regola”. Invero è proprio nel settore impiantistico elettrico che rinveniamo una prima definizione della regola dell’arte, infatti, all’interno dei due e unici articoli che compongono la Legge n° 186/1968 sulle “Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici”, si legge: art. 1 - tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte; art. 2 - i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d’arte.

Conformità alla norma

Del resto è lo stesso significato contenuto nella Legge n° 46/1990 sulle “Norme per la sicurezza degli impianti”, sostituita poi dal DM n° 37/2008 “Regolamento sul riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”, attività regolatoria che interesserà ancor di più i professionisti del settore. Tale decreto recita all’art. 6: “le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte”. 

Norma giuridica e norma tecnica

Una disciplina di applicazione, questa, basilare perché a caratterizzazione speciale per gli impianti elettrici (residenziali/industriali) ed elettronici (security/safety), oltre che completa negli aspetti progettuali, procedurale e documentali ed oltremodo precisa nel dettato installativo degli impianti tecnologici. Concetti questi, ulteriormente rimarcati quando si realizzano installazioni, elettriche o elettroniche che siano, negli ambienti di lavoro regolati dal D.Lgsl n° 81/2008, meglio conosciuto come il “Testo Unico” sulla “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, che all’art. 81 riafferma: comma 1 - tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonché le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere progettati, realizzati e costruiti a regola d’arte; comma 2 - ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d’arte se sono realizzati secondo le pertinenti norme tecniche. Ma come si lavora a regola d’arte quando le norme tecniche (CEI/UNI, etc) non trovano applicazione?

E senza norma tecnica?

Sul punto rinveniamo una possibile soluzione nella locuzione legislativa “Bonus pater familias”, ovvero, l’attenzione del buon padre di famiglia, che si concretizza giuridicamente con l’agire con perizia, prudenza e diligenza, secondo quanto contenuto nell’art. 1176 C.C. Si fa qui riferimento alla diligenza che si deve presupporre nell’uomo comune, ossia quella diligenza che il codice sollecita affinché non sussista una colpa. Pertanto, in questa fattispecie, sarà particolarmente macchinoso poter dimostrare come si applichi concretamente la regola d’arte, non avendo più nessun riferimento positivo e vincolante, proposto, ad esempio, dalla normativa tecnico-giuridica. E’ quindi molto complesso certificare l’applicazione di una regola dell’arte astratta, ma anche metterla in pratica in maniera senza rischiare di prestarsi alle più diverse interpretazioni. E’ tuttavia indubbio che, per progettare prima e realizzare poi impianti tecnologici “a regola”, occorra rispettare le regolamentazioni (leggi e norme), che sono articolate in due tipologie: la norma tecnica e la norma giuridica. Peraltro, la conoscenza delle normative rappresenta il presupposto imprescindibile per un approccio professionale alle problematiche tipiche del settore impiantistico elettrico ed elettronico, dal momento che i sistemi devono conseguire quel “livello di sicurezza accettabile” che la norma impone, ma che nella realtà non è mai assoluto, perché al progredire tecnologico seguirà sempre una consequenziale rideterminazione regolatoria fatta sia dall’ente normativo (CEI/UNI, etc), che dal legislatore (Leggi, DPR, DM, D.Lgs, etc). Nella prossima puntata scopriremo la differenza che intercorre tra la norma tecnica e quella squisitamente giuridica.



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